Ucraina:
il retroscena geopolitico della crisi
Francisco Brown Infante
La crisi politica
che ha attraversato questo paese nei giorni conclusivi dell’anno passato – la
più grave in Europa dal collasso del socialismo nei paesi dell’est e la seguente
disintegrazione dell’URSS, date le sue implicazioni – è stata
presentata come il frutto dello scontro tra le forze “riformiste”,
filo-occidentali, e quelle opposte alla democratizzazione del paese, definite
come pro-russe.
In tal modo, si è
diffuso negli strumenti di stampa occidentali il luogo comune della cosiddetta
“rivoluzione arancione”, che sarebbe stata animata dalle masse
popolari ucraine e guidata da figure come Viktor Juschenko, che in seguito è
risultato eletto presidente, e Julija Timoschenko, designata ora primo ministro. Questi
personaggi, a cui viene affiancato l’attuale presidente
georgiano Mikhail Saakashvili, sono definiti con un eufemismo come
l’espressione dei “nuovi rivoluzionari dell’Est”.
Nel caso
dell’Ucraina, sebbene debba essere riconosciuta la presenza dell’elemento
nazionalista nei processi politici che si sono dispiegati nel paese a partire dalla dichiarazione d’indipendenza del 1991, - a
causa in particolare dell’esistenza di una numerosa minoranza nazionale di
origine russa, gli stretti legami tra questo paese e
Inoltre, e forse di
molto maggior peso secondo chi scrive, il fattore geopolitico ha svolto un ruolo determinante nell’evoluzione degli avvenimenti, intendendo
per tale la situazione geostrategica dell’Ucraina e il
suo significato sia per
L’Ucraina è
considerata, in virtù della sua posizione privilegiata nel Mar Nero, che la
unisce al sud-est del continente, ai Balcani e al Caucaso, come anche alla Turchia, “un ponte tra Mosca e
l’Occidente”, una specie di “perno tra l’UE e
È stato questo
fattore, in linea di massima, a determinare le linee di
fondo della crisi menzionata, come pure i suoi sbocchi concreti, che per
gli analisti “impatteranno direttamente, e per molti anni, su quello che viene
definito l’equilibrio di potere globale tra gli USA, l’Unione Europea e
Gli elementi
seguenti portano argomentazioni alla tesi del decisivo ruolo che è stato
esercitato da ciò che può definirsi come un nuovo episodio della cospirazione
geopolitica contro
Nel processo che si
è scatenato dopo il primo giro della campagna presidenziale, sono apparse
istituzioni nordamericane che avevano anche agito in precedenza in America
Latina: il National Endowment for Democracy (che, tra le altre attività, opera da tempo e
permanentemente contro Cuba e che ha partecipato in modo significativo allo sventato colpo di Stato contro il
presidente Chavez in Venezuela), l’International Republican Institute (organismo ufficiale del Partito Repubblicano
degli Stati Uniti), l’International Democratic Institute (organismo
simile dei democratici) e l’Open Society Institute
diretta dal multimilionario nordamericano di origine ungherese George Soros.
All’attività di
queste organizzazioni si aggiungono fondazioni ugualmente note come,
rispettivamente,
La presenza di
queste organizzazioni è stata anche accompagnata da abbondanti apporti
finanziari che hanno facilitato l’attività di mobilitazione dei “sostenitori
della democrazia”, e che hanno reso possibile il pagamento di salari ai capi dei
gruppi giovanili, il pagamento per giorni dei manifestanti stessi, cucine da
campo con pasti caldi, il dispiegamento di circa 1.200 tende di 200 dollari
ognuna nei luoghi di concentramento nella capitale del paese, immensi schermi di
proiezione LCD, abbigliamento in abbondanza e scarpe invernali; il tutto
distribuito gratuitamente ai manifestanti, cosa che, secondo il periodico
britannico The Guardian, è costata circa 15 milioni di
dollari al giorno.
Quanto sopra spiega
come la cosiddetta opposizione in Ucraina, riversatasi nelle strade con una
componente prevalentemente giovanile, sia stata in
realtà un progetto ben preparato e finanziato dall’estero, consistente nel
trarre profitto dal malcontento di una parte dell’elettorato ucraino di fronte
alle conseguenze della transizione al capitalismo, mediante la promozione della
violenza, dell’anarchia e degli attacchi alle istituzioni del
potere.
Proprio in funzione
di principale forza d’urto dell’azione “di opposizione”
hanno operato gli studenti, nello stesso modo con cui in precedenza si era
manifestato in Jugoslavia, Georgia e Belarus. Si distinguono solamente i nomi delle organizzazioni giovanili: in
Jugoslavia si trattava del movimento “Otpor”
(Resistenza); in Georgia, “Kmara”; in Bielorussia “Zubr”, e in Ucraina,
“Pora” (“E’ il momento”). Per gli specialisti,
“Tutti li unisce il denaro occidentale speso per
crearli. Gli stessi istruttori hanno insegnato a questi giovani come manipolare
la folla, assaltare edifici e alzare barricate”.
Le attività
sviluppate dall’opposizione ucraina sono state sviluppate con cura dei
particolari da gruppi di esperti in tecnologie
politiche, consiglieri e diplomatici statunitensi spalleggiati da partiti e
organizzazioni sociali locali, che contavano sull’assistenza di personaggi come
Richard Miles, già
ambasciatore USA a Belgrado e poi a Tbilisi, e
l’ambasciatore USA in Bielorussia, Michael Kozak, reduce da analoghe
operazioni perfezionate in America Latina, lo stesso che aveva organizzato –
senza successo – la campagna tesa ad impedire o far fallire il referendum che in
Bielorussia si è svolto per dare la possibilità a
Lukashenko di prorogare il mandato
presidenziale.
Sebbene il partito
di Viktor Juschenko “Nostra
Ucraina” (con una profonda vocazione antisemita e coinvolto in scandali
giornalistici su questo tema) appaia come il principale
sostenitore della “opposizione democratica”, in realtà il supporto fondamentale
di questo movimento lo ha assicurato un’ampia rete di “organizzazioni non
governative”, che rispondevano genericamente alla citata “Pora”, formata per la maggior parte da studenti addestrati
dall’organizzazione similare serba “Otpor”
(organizzatrice nell’anno 2000 delle manifestazioni anti-Milosevic a Belgrado), che ha anche addestrato “Khmara” per il colpo di Stato in Georgia del novembre
2003.
Le origini di “Pora” vanno ricercate nell’organizzazione non governativa
“Freedom of Choice Coalition” (FCC), vero cervello degli sforzi di
“democratizzazione” in Ucraina, che all’inizio aveva
tentato di organizzarsi in reti di “volontari” (reclutati tra gli
studenti) con l’obiettivo di informare i cittadini ucraini sul loro diritto al
voto.
La finalità di tali
sforzi, che si inseriscono nei piani nordamericani di
crescente presenza politica e militare in Asia Centrale e nel Caucaso, è quella
di impedire un eventuale ristabilimento di un asse Mosca-Kiev – tendenza che era affiorata negli ultimi mesi –
che avrebbe costituito la premessa essenziale alla ricostruzione politica,
economica e militare di un nucleo di potere nella parte orientale d’Europa, in
condizione di frenare, o almeno limitare, le aspirazioni degli USA e dell’UE al
controllo delle importanti riserve di petrolio e di gas esistenti in entrambe le
regioni.
A dire il vero,
c’era da aspettarsi l’azione di tali forze e la loro responsabilità nella crisi
scatenata. Già fin dal Vertice della NATO a Istanbul
del giugno dello scorso anno, il Segretario Generale della stessa organizzazione
aveva avvertito le autorità dell’Ucraina, rilevando che “l’Ucraina è vista come
esportatrice di stabilità e sicurezza nel mondo”, ragion per cui queste elezioni
presidenziali dovrebbero essere “una possibilità perché il paese mostri la
propria fedeltà ai valori dell’Organizzazione”.
L’Ucraina è
percepita come un tassello decisivo nell’azione di contenimento della Russia
nel contesto di quella che è stata definita come la
“nuova geopolitica”, in cui, dopo l’aggressione perpetrata da Washington contro
l’Iraq, il nuovo asse centrale della competizione mondiale è costituito
dall’area sud e centrale dell’Eurasia.
A ciò ha fatto
riferimento Zbigniew Brzezinski – guarda caso ha come amico personale e discepolo
Adrian Korotnicki,
principale organizzatore del movimento giovanile ucraino “Pora” – che ha usato cinicamente un tono enfatico nel
sostenere insistentemente la convenienza, per gli interessi di Washington, di
separare l’Ucraina dalla Russia: “L’Ucraina (una nuova e importante pedina nella
scacchiera dello spazio euro-asiatico) è uno Stato col ruolo di perno geopolitico dovuto al fatto che, per la sua stessa
esistenza, ci aiuta a trasformare le fondamenta della Russia. Senza l’Ucraina,
E puntualizzando le
fasi da lui considerate obiettivo prioritario della politica nordamericana verso
l’Ucraina, rilevava: “Ma la più importante (delle repubbliche ex sovietiche,
FBI) è l’Ucraina. Nella misura in cui l’Unione Europea e
La crisi in questo
paese centroeuropeo ha avuto una soluzione in armonia con gli obiettivi di
Washington e della UE e a chiaro detrimento degli
interessi di Mosca, che aveva scommesso su Janukovich.
In tal senso, bisogna convenire che gli Stati Uniti hanno realizzato un
importante passo in avanti nella loro strategia per ottenere un’influenza significativa nei paesi dello spazio
post-sovietico.
Centro di Studi
Europei di Cuba
Tratto da: http://www.cubasocialista.cu/
Traduzione di Mauro Gemma