La borghesia rovescia la Costituzione, chi rovescerà la borghesia?

LOTTA DI MASSA CONTRO LA SVOLTA REAZIONARIA

CI VUOLE UNA NUOVA RESISTENZA!  CI VUOLE IL SOCIALISMO!

 


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o scorso marzo il Senato ha approvato il disegno di legge che calpesta e stravolge la Costituzione democratico-borghese approvata  nel 1947. Una volta approvato in seconda deliberazione da entrambe le Camere il progetto – che modifica ben 53 articoli della II parte della Costituzione ed incide direttamente e profondamente anche sulla I parte - sarà pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

Da quel momento scatteranno i tre mesi per la richiesta di referendum popolare abrogativo della legge di manomissione costituzionale.

Come abbiamo scritto sul n. 12 della rivista questo  proposito del governo Berlusconi rappresenta il più grave attacco ai diritti ed alle conquiste democratiche, sociali e civili dei lavoratori dal dopoguerra ad oggi. Un attacco che cammina di pari passo con l’ondata anticomunista e di riabilitazione del fascismo, con l’oscurantismo clericale, con la miseria culturale offerta alle giovani generazioni, con la sottomissione alla superpotenza USA e le euro-illusioni.

Dopo venti e passa anni di proposte di restaurazione istituzionale (dai piani della P2 ai tentativi golpisti, dalla bozza Amato alla riforma del Titolo V voluta dal centrosinistra), l’oligarchia finanziaria - per mezzo di una maggioranza governativa dilaniata, attaccata alle poltrone con la colla dei privilegi e tenuta sotto ricatto dalla Lega - ha rilanciato in grande stile la costruzione di un regime reazionario. Per farlo deve mettere in atto un golpe strisciante al fine di sbarazzarsi di una Costituzione che ha da sempre sabotato e tradito, svuotato e affossato, contro la quale ha sempre lavorato in modo legale e illegale. Questo perché la legge fondamentale della repubblica borghese risentiva della grande spinta operaia e popolare prodottasi con la Resistenza ed il rafforzamento del campo socialista. 

Si tratta dunque di un proposito di rivincita lungamente covato dalle classi reazionarie che vogliono stracciare ogni conquista ottenuta dal proletariato e dai suoi alleati. Un progetto involutivo  ed autoritario che continua la vecchia politica ultra-conservatrice delle classi dirigenti italiane, da Crispi a Di Rudini, da Pelloux a Giolitti, da Mussolini a Tambroni, da Andreotti al nano Berlusconi. Nulla di nuovo, se non la riproposizione di una retriva e sanguinosa tradizione dei gruppi capitalisti e latifondisti, dei grandi finanzieri, delle famiglie oligarchiche che hanno continuamente voluto colpire il movimento operaio e comunista ed imporre la loro dittatura di classe con i mezzi più odiosi, ma che sono sempre stati respinti e battuti dai lavoratori.

Con queste premesse andiamo a cogliere l’essenziale della controriforma costituzionale.

I due cardini delle modifiche reazionarie volute dagli eversori della democrazia liberal-borghese si chiamano presidenzialismo” e “federalismo”.

Con il primo, si vogliono attribuire potere assoluti e abnormi al capo del governo, che non hanno pari in nessun altro stato dell’occidente capitalistico. Parallelamente si svuotano le prerogative del parlamento, trasformandolo in organo agli ordini del dittatore-premier, si priva l’opposizione parlamentare di qualsiasi possibilità di influenza sulla formazione delle leggi, eliminando di fatto la mozione di sfiducia, prevedendo il voto bloccato e lo scioglimento delle Camere  per mettere in riga i recalcitranti.

Anche altri apparati dello stato borghese come la magistratura, la Corte costituzionale, la Presidenza della Repubblica vengono messi sotto controllo politico dal Primo Ministro (la definizione è identica a quella del capo del governo fascista).

Il tentativo è chiaro: concentrare e stabilizzare forzatamente il potere politico borghese per mettere la borghesia imperialista in condizioni di imporre e portare fino in fondo rapidamente, senza impedimenti provenienti anche dai suoi alleati, i programmi antioperai e guerrafondai con cui intende rilanciarsi.

Con il secondo perno, si rompe l’unità materiale e politica della classe operaia, si attaccano i diritti dei lavoratori (come quello al contratto nazionale di lavoro), della salute, dell’istruzione, si smantellano le garanzie sociali e di conseguenza si moltiplicano le ingiustizie, si  va alla rottura di ogni vincolo solidaristico, si sanciscono e si acuiscono le disuguaglianze tra cittadini di regioni diverse. Per il meridione l’unica soluzione che offerta sarà quella di continuare ad arrangiarsi con l’emigrazione.

Si va insomma alla secessione mascherata tesa a salvaguardare gli interessi, i privilegi e l’egoismo delle grandi famiglie (preoccupati solo dei “costi” di tale operazione) e supportata dall’egoismo e dal misero tornaconto dei padroncini del nord.

La classe proprietaria disgregandosi a livello economico, istituzionale e politico tenta di trascinare nella sua fossa il proletariato, lo vuole frammentato e diviso, lo spinge alla soluzione fratricida della Yugoslavia. Ma questo progetto, che esprime al tempo stesso l’arroganza e la debolezza della borghesia, non è privo di contraddizioni, stante il compromesso fra diversi gruppi di ladroni. 

Certo è che la devolution minando l'unità politica della repubblica, generando conflitti a non finire fra stato e regioni, contribuirà all’accelerazione del declino ed alla disarticolazione della fragile struttura economica italiana. Ciò andrà a tutto vantaggio dei gruppi imperialisti più forti che la sbraneranno (Germania e Francia al Nord, USA al Sud). Senza contare il ruolo del Vaticano che vuole fare dell’Italia la sua Vandea europea per riguadagnare le posizioni perse.

Allo stesso tempo il processo reazionario in atto sancisce la fine delle illusioni pseudo-democratiche e pone le masse lavoratrici davanti a compiti nuovi.

Perché oggi i capitalisti ed i neocon italiani vogliono questa controriforma? Perché la borghesia sente la necessità di riorganizzare la propria dittatura di classe?

Sappiamo bene che le situazioni politiche, le scelte politiche sono determinate dalla situazione economica. E’ chiaro che le classi proprietarie italiane non hanno la capacità e la possibilità di uscire dal dissesto economico che hanno generato. La borghesia non riesce più a difendere le sue deboli posizioni nell’arena della competizione capitalistica mondiale, non ricava più come una volta sovrapprofitti, perde posizioni su posizioni, vede che le potenza imperialiste più forti allungano il passo  e nuovi rivali incalzano da vicino.

Per questo è costretta a ripiegare sulla reazione, a trovare un compromesso su miserabili espedienti istituzionali e politici a scapito della classe operaia pur di salvaguardare i profitti, le rendite, i privilegi, .il lusso sfrenato, gli sprechi, pur di tenere soggiogate le masse ad ogni costo. Si illude cioè di poter uscire dal declino dell’imperialismo italiano schiacciando ancor più i lavoratori e rilanciando le aggressioni all’estero contro i popoli oppressi.

Perciò deve ripristinare l’assolutismo padronale nelle fabbriche e in tutta la società. Perciò ha bisogno costruire di uno stato aggressivo e guerrafondaio, guidato da un despota. Perciò deve intensificare lo sfruttamento e minare l’unità materiale dell’unica classe che può estromettere i capitalisti al potere.  Perciò deve buttare a mare la Costituzione e sbarazzarsi di qualsiasi influenza delle classi subalterne  nelle istituzioni.

Davanti agli occhi delle masse appare sempre più chiaro che nella fase imperialistica la caratteristica  è quella della “reazione politica su tutta la linea” (Lenin), come conseguenza del giogo imposto dall’oligarchia finanziaria.

Parallelamente all’intensificarsi del predominio dei monopoli nella vita economica, politica e sociale si sviluppa tutto un processo autoritario e repressivo contro le masse lavoratrici e le loro avanguardie politiche. I grandi monopoli perseguono il disegno di assicurarsi il controllo aperto e  diretto di tutti gli apparati statali, vorrebbero controllare tutta la vita del paese. Con ciò si dimostrano incompatibili con lo stesso ordinamento liberal-borghese, non tollerano più nemmeno un ordinamento appena democratico.

La borghesia diventa quindi sovversiva, anticostituzionale, antidemocratica. Lo stato si fascistizza e si perseguono sostanzialmente gli stessi scopi del regime mussoliniano (disgregare il proletariato e distruggere i diritti democratici), anche se c’è una grande differenza nelle forme del dominio ed in molti altri aspetti. Ciò nondimeno la borghesia sta portando ancora una volta il paese alla catastrofe; dimostrando di aver esaurito del tutto la sua funzione dirigente.

Come dobbiamo rispondere a questo attacco inaudito?

L’opposizione riformistica piccolo-borghese  punta tutto sul referendum abrogativo, che negli ultimi anni si è dimostrato un’arma spuntata e per giunta il governo vuole far svolgere dopo le elezioni politiche, con tutti i rischi che ciò comporta in caso di rielezione di Berlusconi. Noi comunisti – consapevoli della posta in gioco - riteniamo invece che la lotta contro questo progetto reazionario, autoritario ed antidemocratico richiede l’intervento diretto della classe operaia e della masse lavoratrici. Dobbiamo cioè sviluppare azioni unitarie e di lotta decisa, a cominciare dallo sciopero generale il giorno in cui dovesse essere approvato dalle Camere il pacchetto reazionario.

Anche se parteciperemo ai Comitati per il NO in vista del referendum, non dobbiamo  esimerci dal denunciare il fatto che questa ed altre controriforme sono passate grazie al fatto che l’opposizione liberaldemocratica ha spianato la strada alle destre con progetti di riforma simili. I Fassino ed i Rutelli hanno fatto di tutto per evitare la caduta del governo Berlusconi per mano dei lavoratori, nelle piazze, e per sorreggerlo, ha agevolato il revisionismo storico con le sua politica di “pacificazione nazionale”.  Una posizione che ricorda da vicino quella degli intellettuali che si compromisero col fascismo, invece di combatterlo a viso aperto.

La minaccia dell’oligarchia finanziaria va respinta con ben altri mezzi di lotta che le schede elettorali. E’ora che la classe operaia prenda in mano la situazione, scenda in campo apertamente come unica classe che può salvare l’avvenire e la dignità del paese, che non può più stare nelle grinfie di bande di delinquenti politici di infima levatura, di padroni interessati solo al portafoglio, di mafiosi senza scrupoli, di preti oscurantisti, di servi degli amerikani.    

La libertà politica, la democrazia, la pace non sono parole astratte per gli operai. Sono parole che interessano gli sfruttati perché da questi contenuti dipendono le condizioni della lotta contro i nemici di classe. Perché la difesa dei diritti democratici e delle leggi sociali è strettamente legata a quella del lavoro, del pane, alla lotta per il miglioramento delle condizioni di vita, per una cultura nuova e popolare.  

Di fronte alla minaccia che si profila, davanti al tradimento della borghesia eversiva ed antidemocratica, gli operai e gli altri lavoratori sfruttati, i giovani e le donne del popolo, i sinceri progressisti, hanno tutto il diritto ed il dovere a resistere, ad opporsi con ogni mezzo alla soppressione dei fondamentali diritti e libertà conquistati con il sangue dei Partigiani e con decenni di dure lotte.

Nostro dovere è di mobilitarci contro la svolta autoritaria in atto nel nostro paese, individuando gli strumenti per una nuova Resistenza, forme di organizzazione e metodi di lotta idonei alla situazione attuale.

L’Italia si sta avvicinando ad un bivio fondamentale della sua storia. Forse non tutti hanno ancora chiaro la portata di queste riforme reazionarie e la consapevolezza delle scelte che stanno davanti a noi, dalle quali dipenderà il futuro delle generazioni a venire. Ci troviamo di fronte all’ennesimo tentativo delle classi dominanti di porre il paese al loro esclusivo  servizio, di farlo tornare indietro, di tenerlo oppresso, incatenato, di mantenerlo nell’arretratezza, di relegarlo ai margini della storia, di metterlo alla mercé dei capitalisti stranieri, perché solo così possono mantenere il loro predominio economico e politico.

Ma il proletariato ed i suoi alleati possono capovolgere la situazione. Dobbiamo dunque fare del provvedimento che massacra la Costituzione un boomerang contro l’intera classe borghese, che si dimostra una classe che si pone contro gli interessi vitali degli operai e del popolo, che getta nel fango la bandiera dell’unità, della .integrità, dell’indipendenza, della sovranità nazionale.

Si, è la classe operaia l’unica forza che può salvare l’Italia dalla decadenza economica, sociale, culturale, morale, ambientale, che  può attuare una profonda e radicale trasformazione, che è in grado di dar vita ad un’azione storica indipendente per “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale” (art. 3 della Costituzione)  che limitano pesantemente la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, che impediscono la partecipazione delle masse alla vita ed all’organizzazione della società e negano il pieno sviluppo della persona umana.

Questi ostacoli si chiamano imperialismo e capitalismo, si chiamano borghesia imperialista e suoi accoliti, si chiamano asservimento alla superpotenza USA e all’U.E. dei monopoli, si chiamano secessionismo leghista al Nord e mafia al Sud, si chiamano liberalismo e fascismo. Sono proprio tali ostacoli a dover essere spazzati via per assicurare alle energie presenti nel  nostro paese una libertà ed uno sviluppo che, stante il livello raggiunto dalle forze produttive, non può che essere socialista.

Creiamo i Consigli operai ed i Comitati popolari, come istanze realmente rappresentative delle masse, per esercitare il controllo e la sovranità che spetta alle masse popolari!

Uniamo in un solo fronte tutte le forze antifasciste e coerentemente democratiche!

Diamo vita ad una nuova Resistenza, che porti a termine il compito lasciato irrisolto da quella del 1943-45!

Lottiamo per far diventare l’Italia una Repubblica Socialista!