1° Maggio 2006
Lotta per la riduzione dell’orario, per il
salario, contro il lavoro precario!
Operai, lavoratrici, lavoratori,
invece che noi lavoratori, la festa la vogliono
fare i padroni sulle nostre condizioni di lavoro e di vita. Mentre i profitti delle
grandi aziende salgono, in primis delle fabbriche siderurgiche con l’Ilva in
testa, ma anche le fabbriche chimiche, con l’Enichem, la stessa Fiat, dopo un
periodo “nero” oggi ritorna a scalare le classifiche e a fare utili, ecc., le
nostre condizioni di lavoro sono sempre più attaccate.
I padroni quest’anno si portano a casa un
contratto dei metalmeccanici che non gli è costato quasi niente in termini
salariali, ma da cui, invece, hanno avuto più mano libera sulla gestione
dell’orario di lavoro, e un nuovo uso/abuso dell’apprendistato per avere forza
lavoro giovane a basso costo, ricattabile e licenziabile.
Nelle fabbriche lo sfruttamento diventa sempre più
scientifico, i padroni e i loro lacchè impegnano tutta la loro “scienza”,
insieme ad un’intensificazione del loro potere di controllo che diventa sempre
più coercitivo e punitivo (dopo l’”eccezione” della Fiat di Melfi, i
provvedimenti disciplinari stanno dilagando, dall’Ilva alla Fincantieri, ecc.),
per aumentare il tempo di lavoro e la produttività degli operai e per diminuire
relativamente i salari.
Questo aumento dello sfruttamento mette ormai nel
conto del costo normale e inevitabile gli infortuni, gli omicidi bianchi, la
rovina della salute e della vita, ora soprattutto dei giovani operai.
La garanzia del posto di lavoro viene messa sempre
più in pericolo dai processi di ristrutturazione, delocalizzazione, appalto di
lavorazioni, per cui la mobilità, la cassintegrazione sono sempre “dietro
l’angolo” e bene che vada dal rapporto di lavoro a tempo indeterminato si passa
a quelli a termine (anche per 13 volte, come alla Dalmine di Bergamo),
ricominciando sempre da zero.
E mentre nelle fabbriche l’aumento e la
flessibilità dell’orario di lavoro, l’aumento e l’organizzazione dei turni di
lavoro, sempre e solo secondo le esigenze aziendali, rende un optional il
diritto al riposo certo degli operai sia giornaliero che settimanale, in tanti
posti di lavoro la legge assoluta della precarietà, dei lavoratori usa e getta,
impone contratti di lavoro ed orari talmente al ribasso – in Puglia siamo
arrivati a contratti di 45 minuti, di 1 ora e mezza di lavoro al giorno, e di
150 euro al mese! – che tra un po’ saranno i lavoratori a dover pagare i
padroni per lavorare. Anche le stesse residue tutele legali, gli stessi diritti
contrattuali – già molto ridotti in questi anni dalla politica governativa e di
svendita dei sindacati confederali – vengono messi sotto i piedi o sotto gli
stivali chiodati dei padroni, col beneplacito del governo e delle Istituzioni
statali.
Dal precedente governo del padrone dei padroni,
Berlusconi, hanno già avuto tanto.
Hanno avuto soprattutto la legge Biagi, dai cui
articoli trasuda tutta la rapacità del capitalismo di spremere il massimo del
profitto col minimo dei costi, di poter scegliere il contratto peggiore per i
lavoratori e più funzionale a usare i lavoratori solo per il tempo e le
modalità che servono ai padroni, facendo diventare la normalità i contratti a
termine. La legge Biagi ha permesso ai padroni per legge di azzerare le garanzie
che si erano conquistati nel passato con le lotte, istituzionalizzando la
precarietà, la frammentazione dei lavoratori, come anticamera dell’abolizione
del contratto nazionale e dell’introduzione del contratto individuale
padrone-lavoratore. La legge Biagi considera i giovani, e soprattutto le donne
soggetti svantaggiati, per cui il lavoro è una concessione del padrone non un
diritto e quindi è normale che debbano essere pagati meno e possano essere
licenziati in ogni momento.
Ora al nuovo governo Prodi, appoggiato da Cgil,
Cisl, Uil, Montezemolo e tutti i padroni - pure quelli che fanno i
“democratici” per i loro interessi e i dittatori nelle loro fabbriche, come
Della Valle - hanno già presentato il conto, e per questo tanti sono andati
anche a votarlo con in tasca già l’accordo alle loro richieste: riduzione
ulteriore del costo del lavoro, uso ampio dell’apprendistato, liberalizzazione
degli straordinari, riforma degli ammortizzatori sociali per poter più
facilmente ridurre l’occupazione, più sgravi contributivi e fiscali, ecc. Sanno
che ora potranno contare, più di prima, sull’accordo dei vertici di Cgil, Cisl,
Uil e sull’azione da “cuscinetto” verso i lavoratori di partiti come
Rifondazione.
Ma
in questo 1° maggio se abbiamo poco da festeggiare, abbiamo un impegno di lotta
da assumere!
A partire da alcuni fatti: in tante fabbriche, in tanti posti di lavoro i
lavoratori stanno resistendo, e anche se non si riesce a vincere veramente, i
padroni nello stesso tempo non riescono, in alcune realtà significative dello
scontro di classe, come per es. alla Fiat Sata di Melfi, a piegare i lavoratori
e i giovani che da realtà più ricattabile stanno diventando la nuova speranza
del proletariato. A livello internazionale se i padroni stanno usando la
globalizzazione per uniformare al più basso livello esistente nei vari paesi il
costo del lavoro (il contratto di primo impiego francese contro cui i giovani
hanno fatto una grande lotta è molto simile alla nostra Legge Biagi), per
introdurre nei paesi imperialisti, come il nostro, condizioni di lavoro e di
mancanza di diritti imposti in paesi del Sud Asia, o dell’Est, ecc., per farsi
tra di loro la concorrenza dove vince chi per primo introduce le nuove forme di
sfruttamento; gli operai, i lavoratori possono e devono usare questa situazione
per unire le loro forze anche oltre i confini del nostro paese, per praticare
nei fatti la parola d’ordine ora più che mai attuale “operai di tutto il mondo
unitevi”.
La
lotta che dobbiamo portare avanti è per:
la riduzione dell’orario di lavoro – vuol dire riduzione dell’orario di lavoro
giornaliero, del tempo che ogni giorno il padrone ci fa stare in fabbrica
utilizzando mille forme per rubarci “tempo-vita”, riduzione dei turni di lavoro
settimanali per la certezza del riposo; ma anche riduzione dell’orario come
modo per difendere la nostra salute e spesso la nostra vita in fabbriche ad
alto rischio infortuni.
Il salario – a
fronte degli aumenti dei profitti e della produttività, a fronte del fatto che
il costo del lavoro è già stato ridotto in questi anni, è legittimo avviare una
vertenza sia generale che posto di lavoro per posto di lavoro per aumenti
salariali, a partire dai posti di lavoro che hanno vantato quest’anno grandi
utili, dove la produttività e la produzione stanno arrivando a livelli record,
per estendere la lotta e i risultati ottenuti in queste fabbriche negli altri
posti di lavoro.
Il lavoro stabile e sicuro – contro i contratti precari, contro la “precarietà a vita”; questa
lotta ha un nome e un cognome la Legge Biagi, e quindi il primo obiettivo è la cancellazione
della legge Biagi, per la trasformazione dei contratti a tempo
indeterminato e a orario pieno.
In queste lotte, che sono pienamente interne alla
storia del movimento dei lavoratori, sia nazionale che internazionale, si
concretizza ora lo scontro di classe tra proletariato e classe padronale, ma
anche tra lavoratori e il nuovo governo dei padroni e tra lavoratori e
politiche padronali o di concertazione dei sindacati confederali.
E’ necessario portarle avanti fino a che non si
ottengono risultati, perchè i sacrifici della lotta non siano inutili.
E’ necessaria l’organizzazione degli operai, delle
lavoratrici, dei lavoratori nei cobas per portare avanti il lavoro di
costruzione del sindacato di classe.
In questa lotta non siamo soli! E’ la stessa lotta
degli operai della Francia, della Germania, dei giovani precari delle
banlieues, siamo un unica classe e possiamo essere un’unica forza.
Slai
Cobas per il sindacato di classe
cobasta@libero.it