“il manifesto” del 10 ottobre, a pagina 8, riporta - all’interno
dell’articolo di Cinzia Gubbini intitolato “Sull’uranio impoverito Parisi dà i
numeri”, che porta come sommario “255 malati di tumore e 37 morti in dieci anni
fra i militari impiegati nelle missioni all’estero. Lo dice il ministero della
Difesa, che promette collaborazione. Ma le associazioni lo attaccano «sono numeri
al ribasso»” - le dichiarazioni del ministro democristiano circa i militari
malati di tumore dopo il ritorno dalle missioni all’estero degli ultimi dieci
anni: sarebbero 225.
Il problema è che, volendo strafare, inciampa in un dato ben più
allarmante: i militari che hanno contratto tumori in questo ultimo decennio sono
ben più del quadruplo, ed esattamente 1.427; questa cifra è ancora più
importante se si considera che il titolare del dicastero della Difesa afferma
che «la Direzione generale di sanità militare non è al momento in grado di
verificare quanti di questi militari abbiano operato in poligoni di tiro
nazionali», il che è una implicita ammissione del fatto che, nei poligoni di tiro
nazionali, si usano armi all’uranio impoverito (DU) e contrasta con quanto
Parisi afferma più avanti: «L’Italia non ha mai fatto uso di uranio impoverito,
neanche nei poligoni militari; nelle missioni all’estero vengono adottate tutte
le precauzioni».
La cosa più incredibile delle dichiarazioni del ministro ultratlantista
è da un lato la negazione dell’uso di proiettili al DU nei poligoni di tiro, e
dall’altro l’accenno all’impossibilità di verificare «quanti abbiano operato in
poligoni di tiro nazionali»: a cosa dovrebbe servire un simile controllo se
fosse vero che l’Italia non fa uso del DU nei suoi poligoni di tiro? E ancora: come avrebbero potuto i militari contrarre, altrimenti, i tumori di
cui soffrono? Una possibilità la
vediamo chiara: che siano stati a contatto con altre sostanze pericolose come l’amianto,
magari presente nelle infrastrutture delle caserme. L’ex segretario della Comissione sul DU, Gigi Malabarba (Rc-Se
componente Sinista Critica), lo sconfessa osservando che «trentasette morti
sono addirittura inferiori a quelli con cui siamo venuti direttamente a
conoscenza, che se non ricordo male sono 44»; Falco Accame, segretario
nazionale dell’ANAVAFAF - l’associazione dei parenti dei caduti delle forze
armate - fa notare come sia assurdo lasciare fuori dal conto la Bosnia del ‘94
e la Somalia; Mimmo Loggiero, dell’Osservatorio militare, afferma come i dati
in suo possesso, provenienti dallo Stato maggiore della Difesa, parlino di
2.536 malati di tumore di cui 164 deceduti.
Alla luce di questi dati, possiamo dichiarare il ministro un bugiardo
incallito: per quanto tempo dovremo ancora sopportarlo?
Stefano Ghio
Torino, 10 ottobre 2007