testo di Paolo Dorigo 2004 - implementazione in col.rosso di un compagno operaio già prigioniero politico
SU:
LA SCISSIONE DELLA COLONNA WALTER ALASIA “LUCA” (La colonna milanese delle BR,
importantissima componente dell’organizzazione, presente con moltissime
avanguardie delle principali fabbriche e concentrazioni di lavoratori della
metropoli milanese, prese il nome del combattente caduto dopo la sua
morte avvenuta il 16 dicembre 1976 mentre si dava alla fuga dopo aver liquidato
due agenti controrivoluzionari presentatisi alla porta di casa sua nell’ambito
delle indagini sulla incursione BR all’interno del centro studi di un importante
esponente democristiano di destra appartenente alla “maggioranza silenziosa”, De
Carolis; la colonna poi si scisse dall’organizzazione ed espulsa dal Comitato Esecutivo delle BR
nella primavera 1980)
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Il
28 marzo dell’ottanta, le delazioni di Patrizio Peci a Caselli e Dalla Chiesa,
dopo che ufficialmente si era rivolto al comandante dei servizi segreti
Incandela di Cuneo mentre era ancora alle celle di isolamento dopo un arresto
coperto ed uno successivo di due mesi, portarono all’eccidio di Via Fracchia a
Genova. Il clima era pesantissimo
in tutto il Nord, e tutti noi compagni rivoluzionari dell’epoca sentimmo
immediatamente che era uno spartiacque questa storia del pentitismo arrivato
anche dentro le Brigate Rosse.
Dopo
pochi giorni la colonna dedicata a Luca, compì una azione non mortale ma con
molteplici punizioni contro un covo democristiano milanese, e di lì a poco
iniziò la scissione di questa colonna dal comitato
esecutivo.
La
colonna accusava il centro dell’organizzazione di una interferenza eccessiva
sino al sabotaggio del lavoro nel polo, rivendicando una propria autonomia che
all’epoca fu colta molto male dall’organizzazione centrale, e che fu alla base
nel successivo anno, data la necessità di riaprire un intervento del comitato
esecutivo nel polo, della caduta del più importante dirigente della Direzione
Strategica, l’unico rimasto in libertà tra i primi compagni. Infatti la necessità di riaprire
l’intervento da parte dell’organizzazione portò ad una sottovalutazione di
determinati criteri per cui una imbeccata sbagliata su un gruppo di possibili
nuovi compagni portò ad una trappola della polizia.
Storicamente
la polizia non era all’altezza delle operazioni di controguerriglia in Italia,
che erano centralmente demandate ai carabinieri, in particolare dal ’77,
allorquando le carceri speciali, centro della controrivoluzione in Italia,
furono a lui affidate con pieni poteri.
Quindi che il capo dell’organizzazione cadesse a Milano in centro città
nella primavera dell’ottantuno arrestato dalla polizia non fu una cosa
normale.
Ma
nel frattempo era successo dell’altro. Giustamente l’organizzazione prima di
tracciare una definitiva ed indelebile cortina di ferro sulla colonna
scissionista colpevole tra l’altro di aver confuso la linea di massa con una
sorta di sindacalismo armato (di cui fu prodotto l’ultima azione significativa
della colonna, il sequestro di un dirigente dell’Alfa), aveva compiuto ogni
sforzo per recuperare la situazione.
Ma la colonna dedicata a Luca, non ci volle sentire, e procedette per
proprio conto e con proprie azioni, portando la polemica a livello dei
media, una cosa inaudita per una organizzazione rivoluzionaria
dell’epoca.
La
Risoluzione della Direzione Strategica n°4 dell’ottobre 1980, in particolare,
riassumeva i termini complessivi di linea politica dell’organizzazione delle
prime BR dedicando anche ampio spazio, come riscontrabile leggendola nel 3°
volume dell’utile collana del “Progetto memoria” e forse anche nella raccolta di
“Controinformazione”, alla
problematica della differenziazione e della capacità miratissima della
controrivoluzione di gestire in maniera particolarmente tesa alla creazione di
conflitti interni, la composizione dei Kampi dei
prigionieri.
Occorre
ricordare che le BR erano comunque figlie della classe operaia e proletaria del
nostro paese, la quale, dal ’62 in poi, quando ricomparvero le formazioni
operaiste e poi marxiste-leniniste al di fuori del revisionismo picista (che
aveva quasi completamente liquidato, a parte la sinistra comunista ed i
bordighisti di diversa ispirazione, ogni organizzazione della sinistra
rivoluzionaria, appena dopo la guerra, usando anche durante la resistenza dei
metodi poco ortodossi, ad es. verso i contestatori della linea di Salerno e
verso Bandiera Rossa nel Lazio e Stella Rossa in Piemonte), iniziò ad essere
subissata di proposte politiche da parte delle più diverse
organizzazioni. Si creò una sorta
di settarismo con ondeggiamenti, ossia alcuni gruppi ondeggiavano con altri
escludendone alcuni diversi, mentre altri ondeggiavano per conto proprio. Il tutto comprendeva comunque decine se
non centinaia, tra militanti e simpatizzanti, di migliaia di aderenti. Le BR si posero immediatamente fuori e
contro questa logica. Con i loro
poveri e assai semplici primi volantini, con le loro prime azioni, iniziarono
una via politica di indicazione della guerra di classe come unica alternativa al
degrado politico ed ideologico della classe operaia. Riferendosi esplicitamente sin
dall’autointervista del 1971, al marxismo-leninismo, alla rivoluzione culturale
cinese, alla guerra in Vietnam, ed all’esperienza guerrigliera dei Black
Panther, le BR irrompevano nella politica.
Colsero
subito dei risultati, grazie al determinarsi dell’area dell’autonomia operaia
che, fuori e contro gruppi e partiti, avviò processi organizzativi
effettivamente solidali alla lotta armata.
Quando
si rideterminò per la prima volta nelle BR questa dinamica di settarismo, la
classe operaia italiana stava subendo gli attacchi più infami dell’ultimo
decennio. La distruzione della
colonna torinese e genovese, la scissione di quella milanese, i licenziamenti
politici dell’anno prima alla FIAT, l’annuncio della più corposa
ristrutturazione antioperaia degli ultimi vent’anni da parte della famiglia
Agnelli, il tanto declamato quanto inutile e vacuo comizio di Berlinguer a
Mirafiori, il successivo esageratissimo peso al corteo dei “quarantamila” quadri
che rivendicavano i valori dell’impresa su quelli della solidarietà tra impegati
ed operai, crearono quella situazione di particolare attacco e sfascio nelle
condizioni di vita della classe operaia che è alla base dei vent’anni e passa di
infamia e sangue che dobbiamo subire e subiamo tuttora.
L’azione
contro la Direzione generale degli istituti di prevenzione e pena, l’allora
corrispondente all’attuale DAP, consistente nel sequestro di D’Urso,
responsabile delle traduzioni ed assegnazioni nel circuito di massima sicurezza,
con la contemporanea rivolta di Trani e il giustiziamento del generale Galvaligi
dell’arma dei carabinieri, costituirono una importantissima operazione e
vittoria politica delle BR, ancora integre almeno nella Direzione Strategica,
che portò tra l’altro alla chiusura dell’Asinara, oltre che l’opinione pubblica
a toccare con mano, grazie anche all’intervento dei radicali, la particolare
illegalità dello Stato nelle carceri, specie con il massacro seguito alla
rivolta di Trani. Nello stesso
periodo la colonna dedicata a Luca tentò senza successo di liberare una propria
dirigente da San Vittore. Il
carcere era al centro dello scontro. Le centinaia e centinaia, ben più di mille,
compagni prigionieri della guerriglia, subivano condizioni detentive allucinanti
che andavano dalla massima segregazione negli speciali alla dispersione
nell’inferno carcerario cd.ordinario, subendo o trattamenti durissimi
collettivi, o trattamenti durissimi quanto rischiosi e lesivi dell’identità
politica, nelle carceri normali, dove varie volte era accaduto che dei compagni
subissero aggressioni da parte di criminali comuni, o per motivi di potere
interno, o per delega delle guardie.
Altri gruppi si erano cimentati con la questione carceraria, intervenendo
a colpire o aguzzini particolarmente noti ai carcerati, o medici del tutto
incuranti delle condizioni di vita dei ristretti, o ingegnieri e funzionari che
“in guanti bianchi” determinavano passaggi significativi della repressione
carceraria. Ma di ciò, dopo il
pentimento di Sandalo per Prima Linea, era rimasto poco o nulla. Alle BR l’onere di condurre lo scontro
generale con lo Stato, con poche altre realtà che avevano tenuto, ma con un
problema: la scissione interna della colonna milanese dall’organizzazione, i
colpi subiti, impedivano di portare avanti con le altre realtà la costruzione
del Partito.
Ancora una volta, lo Stato si profittava delle divisioni interne. Le BR erano rimaste immuni da queste dinamiche per 10 anni. Il caso dei due militanti ex-Fcc usciti dopo Piazza Nicosia e trovati in casa di un agente segreto con armi e denaro, accusati quindi dai prigionieri comunisti delle BR dell’Asinara di tradimento di classe ed organizzativo, erano stati un caso non altrettanto significativo di una scissione.
I troppi discorsi, le troppe divisioni, ed il POCO presentarsi alla classe operaia come proletari e non come intellettuali di sinistra, ha portato a molte divisioni ed alla distruzione di ogni forma di attacco allo Stato capitalista imperialista socio dell'imperialismo americano !!
Le
campagne dell’anno successivo, svoltesi nel polo napoletano contro la DC e la
corruzione al potere, nel polo di Marghera contro la gestione criminale del polo
chimico, fabbriche di morte, nel polo di Milano da parte della colonna dedicata
a Luca e scissionista contro la cassa integrazione e la ristrutturazione
all’Alfa, e da parte del fronte delle carceri contro il fratello di Peci,
giustamente indicato come tassello della operazione che portò alla sua
collaborazione, si esplicarono potentemente verso il potere, ma senza una
unitaria gestione delle singole campagne dentro una proposta politica capace di
dare un segno positivo alla costruzione del Partito nella classe. Causarono ulteriori scissioni, e, anche
laddove coinvolsero il movimento di classe nella lotta e nell’esprimersi a
proposito delle singole campagne, produssero effetti negativi poiché
incentrarono o sulla trattativa (Cirillo, Sandrucci) o sulla pena di morte
(Taliercio, Peci), ciò che invece andava centrato come pratica costruzione di un
nuovo potere dentro la società.
Paolo
Dorigo,
militante
comunista m-l-m prigioniero, agosto
2004