Campagna pubblica sul Caso Dorigo
Il caso di Paolo Dorigo è esemplare dell'accanimento, le persecuzioni,
le illegalità che dentro le carceri sono riservate ai prigionieri
politici che non rinunciano alla loro identità rivoluzionaria
né si piegano senza lottare alle pratiche di annientamento e
distruzione della personalità e identità che subiscono:
pestaggi, isolamento, deprivazione sensoriale, dispersione carceraria,
desolidarizzazione familiare, divieto/ostacolo a svolgere attività
intellettuale, negazione dell'assistenza sanitaria.
Paolo Dorigo, anzi, durante tutti questi anni ha denunciato con abbondanza
di prove e argomentazioni, le angherie subite e ha lottato tenacemente,
nonostante le durissime condizioni di detenzione impostegli, per rivendicare
il diritto a condizioni carcerarie rispettose anche dei più elementari
diritti umani, ottenendo anche risultati concreti, sia in termini di
miglioramenti parziali e temporanei per lui e gli altri detenuti, sia
costringendo le stesse autorità a riconoscere alcune illegalità
ai suoi danni, come nel caso del processo del 98-99 contro i sorveglianti
del carcere di Novara da lui accusati di violazione della corrispondenza,
conclusosi con il patteggiamento della pena degli imputati.
Né ha mai fatto mancare il suo sostegno militante, con documenti,
dichiarazioni, lavoro di traduzione, alle lotte di altri prigionieri
rivoluzionari nel mondo e alle lotte di liberazione, in particolare
la guerra popolare in Perù.
Non si tratta né di un caso limite, né di un caso isolato,
abbondano anche le denunce documentate di associazioni come Amnesty
International, che nei loro rapporti indicano le carceri italiane come
luoghi in cui tortura, negazioni al diritto alla difesa, soprusi quotidiani,
sono ampiamente diffusi contro buona parte della popolazione carceraria,
non solo "politica".
Già alla sentenza, divenuta definitiva nel 1996, che lo ha condannato
a 13 e 6 mesi per l'attentato del 2.9.1993 contro la base USA di Aviano
rivendicata dalle BR, emerge l'illegalità di questa pena. Primo
per la sproporzione in relazione agli effetti pratici del reato, che
non provocò né morti né feriti. Secondo, e soprattutto,
perché di fronte alle dichiarazioni di estraneità dell'imputato,
il giudice si limitò a convalidare le accuse del pentito Della
Longa, (che lo stesso Dorigo denuncia essere stato rappresentato al
processo da un legale socio della moglie dello stesso PM) senza che
questo, alla fine condannato per il solo possesso di armi, fosse presente
in aula e sostenesse un contraddittorio.
Per questa ragione, ben due successive pronunce, la prima del 9 settembre
'98 della Commissione Europea per i Diritti dell'Uomo, la seconda del
15 aprile 1999 del Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa hanno
dichiarato il processo Dorigo una palese violazione dell'articolo 6
della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo. Una successiva risoluzione
dello stesso comitato del Consiglio d'Europa, la n.30 del 2002, dava
al governo italiano una scadenza entro la quale avrebbe dovuto approvare
una normativa che sanasse l'illegalità, ottobre 2002, rimanendo
chiaro che in assenza di questa Paolo Dorigo dovrebbe essere scarcerato.
Queste pronunce sono state completamente ignorate dal governo italiano
dal suo parlamento e dai suoi tribunali, ma non da chi gestisce e controlla
le sue carceri. A partire dal 2002, la persecuzione contro il detenuto
Dorigo conosce un brusco giro di vite: viene trasferito due volte (da
Biella a Livorno, a Spoleto) in un mese, durante il quale Dorigo denuncia
ripetutamente pestaggi, violenze e abusi, e inizia ad accusare strani
disturbi uditivi, che lo portano a denunciare che gli abbiano installato
un microchip nell'orecchio.
Per minare la credibilità delle sue denunce le autorità,
carcerarie e non, hanno tentato di farlo passare come un alienato mentale
allucinato, ma nei fatti non hanno mai dato risposte chiare nel merito
dei fatti denunciati, e anzi hanno opposto ogni ostacolo possibile agli
accertamenti di parte richiesti, fino a negare per mesi l'effettuazione
della risonanza magnetica o a pretendere la presenza del personale di
sorveglianza durante perizia psichiatrica.
In questi anni diversi compagni e associazioni hanno come noi fatto
solidarietà e puntualmente informato sulla condizione e le lotte
di Paolo Dorigo, hanno raccolto e diffuso una vastissima documentazione
dei suoi scritti e denunce, ma una campagna pubblica che ne riporti
il caso all'attenzione delle masse e ne richieda esplicitamente la liberazione
resta ancora da fare.
Come Soccorso Rosso Proletario, per lottare e fermare il regime di nuovo
fascismo in formazione e lo stato di polizia, come affermazione del
nostro interesse di classe generale e particolare, lavoriamo per unire
la difesa e solidarietà di tutti i compagni e i proletari che
decine di recenti inchieste hanno criminalizzato per il semplice esercizio
del loro diritto di organizzazione e lotta, con la difesa e solidarietà
con le lotte liberazione e guerre popolari che le "liste nere"
degli imperialisti bollano come "terrorismo", con la difesa
dei prigionieri rivoluzionari ostaggi della borghesia e dell'imperialismo
in tutto il mondo dai crimini di cui sono oggetto.
Perciò, in questo percorso di costruzione un vasto movimento
unito in grado di fermare e battere la repressione e lo stato di polizia,
campagne come quella per Paolo Dorigo hanno una parte significativa.
Oggi, 7 ottobre, il comitato dei ministri del consiglio d'Europa tornerà
ad occuparsi del caso Dorigo, tornerà a chiederne la scarcerazione
in attesa di leggi che gli garantiscano un processo che non violi i
suoi diritti. E il governo italiano ignorerà ancora la richiesta.
Il "giusto processo" che la loro giustizia di classe ha disegnato
è fatto su misura solo per è proteggere personaggi del
governo sotto processo.
Per noi quella di oggi è l'occasione giusta per lanciare e iniziare
una campagna che, partendo dall'iniziativa di quei compagni che negli
anni non hanno mai smesso di dare voce e sostenere le denunce di Paolo,
sappia innanzitutto fermare le continue vessazioni che subisce e soprattutto
riesca a porre con forza, in termini larghi e di massa, l'obiettivo
della sua liberazione, coinvolgendo tutti quelli che possono essere
uniti in questa battaglia: per primi i proletari in lotta che conoscono
sulla propria pelle la repressione del governo, ma anche studenti e
giovani intellettuali e avvocati democratici.
Dopo questo primo lancio di oggi, abbiamo in preparazione un dossier
sul caso Dorigo, che presenteremo pubblicamente nei prossimi giorni,
possibilmente con la presenza del legale che ne ha curato il primo ricorso
alla corte europea. È inoltre disponibile ampia documentazione
su tutta la vicenda.
Invitiamo tutti gli interessati a contribuire a costruire con noi questa
battaglia a prendere contatto quanto prima
Soccorso Rosso Proletario
soropro@libero.it - tel. 3387211377
7/10/2003
Cari compagni,
in occasione dell'ennesima pronuncia del consiglio europeo sul caso
Dorigo, il Soccorso Rosso Proletario avvia la campagna per richiederne
la liberazione.
Per lo stesso martedì 7, abbiamo in programma una prima iniziativa
di sensibilizzazione, con la distribuzione del testo allegato presso
la fermata metropolitana Pasteur, a partire dalle 16,30.
Quanto prima puntiamo a realizzare una più larga iniziativa
pubblica, con presentazione di un dossier e sviluppo di un piano di
ulteriori azioni che riportino l'attenzione sul caso e diano forza a
questa battaglia, come parte della complessiva proposta di sviluppo
di una risposta unitaria e di massa alla repressione che stiamo portando
avanti, secondo quanto affermato all' assemblea nazionale di Napoli
del 6 settembre.
Come si scrive nel testo allegato, puntiamo ad unirci con tutti quelli
che vogliono condividere questa battaglia e vi invitiamo a partecipare
a questa e alle prossime iniziative, e diamo il benvenuto a ogni contributo
a questa proposta.
Un saluto rosso,
soropro
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