Una nuova "frigideira' per il fine di sempre: l'umiliazione, l'annichilimento e la morte dei detenuti politici irriducibili. Non intenzionati, cioè, a prostrarsi davanti allo stato.

Dai bracci della morte: una denuncia di Paolo Dorigo


Abbiamo ricevuto da parte del compagno Paolo Dorigo una appassionata denuncia delle condizioni di vera e propria tortura a cui sono sottoposti alcuni detenuti nelle democratiche carceri italiane. Condizioni specificamente riservate a chi, come Paolo, rifiuta con forza ogni tipo di collaborazione con gli organi del potere statale.


"All'insorgere (maggio 1002) della precisa cognizione di essere spiato fin nel pensiero e torturato contemporaneamente con sistemi di trasmissione bidirezionali, avevo qualificato come possibile base di questa tortura solo ed esclusivamente la presenza di un chip trasmittente sottocutaneo nel mio capo.
Dietro questa tesi ho passato inenarrabili peripezie, rischiando anche fisicamente nel primo mese la vita (shock anafilattico, crisi cardiache, allucinazioni, catalessi, ipertermie, botte, deprivazione sensoriale) rischiando il manicomio, producendo progressivamente,per difesa , una riduzione dei miei rapporti umani con l'esterno. Nel frattempo ho potuto studiare i vari argomenti che mancavano a completare le possibili forme in cui questi/e torturatori/trici agiscono tuttora.
Queste sono fondamentalmente:

  • la trasmissione bidirezionale di segnali cerebrali, con microchip;
  • la stessa trasmissione mediante l'intercettazione delle vibrazioni che il nervo timpanico produce;
  • la stessa trasmissione mediante l'intercettazione e decodifica di raggi infrarossi che ogni corpo produce;
  • la stessa trasmissione mediante l'utilizzo di isotopi radioattivi.

Oltre alla decodifica del pensiero, la decodifica della memoria, hanno lo scopo di generare in me storpiature mentali, contropensieri e sentimenti d'odio verso per amiche amate o semplicemente conosciute.. Così facendo una squadra di torturatori sta prefigurando la mia morte sociale, la deformazione totale della mia identità e storia comunista.
Ci facciamo volentieri portavoce di questa denuncia ed esprimiamo la nostra piena solidarietà a Paolo ed a tutti gli altri militanti anticapitalisti che subiscono, a causa delle proprie idee, un trattamento carcerario così squisitamente "umanitario".


Che fare n°61, giugno-luglio 2003

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