Thu, 5 Jan
2006 12:30:53 +0100 |
[News-anarcotico]
Sul processo agli anarchici leccesi e sulla lotta contro i
Cpt |
Per chi non è stato al caldo durante la tempesta
Sul processo agli anarchici leccesi e sulla lotta
contro i Cpt Il 19 gennaio comincerà a Lecce il processo contro tredici
anarchici accusati - oltre che di una serie di azioni contro alcune
multinazionali che si arricchiscono sulla guerra e sul genocidio delle
popolazioni del Sud del mondo - del crimine di aver portato avanti per anni una
lotta costante e determinata contro il lager per immigrati di San Foca. Due di
loro sono in carcere dal 12 maggio scorso, altri due sono agli arresti
omiciliari, un quinto in libertà vigilata. La base del processo è ancora una
volta l'articolo 270 bis sulla "associazione sovversiva con finalità di
terrorismo", con il quale negli ultimi anni sono stati arrestati decine di
rivoluzionari, ribelli o semplici militanti di sinistra senza lo straccio di
una prova. Per essere accusati di "associazione sovversiva" basta
ormai una semplice scritta sul muro. Ma non è tanto questo che ci preme dire.
Sappiamo che le leggi dello Stato sono ragnatele per il ricco e catene
d'acciaio per il povero, così come non abbiamo mai cercato il senso del giusto tra
gli articoli del codice penale. Quello che ci preme sottolineare è cosa rende
questi anarchici pericolosi e cosa c'è di universale nella loro lotta.
Si è fatto un gran parlare negli ultimi mesi di
"Centri di Permanenza Temporanea" (CPT). Dopo che alcuni servizi
giornalistici hanno documentato le condizioni disumane in cui sopravvivono le
donne e gli uomini internati in queste strutture, le varie forze politiche si
sono azzuffate sulle responsabilità di una simile "gestione". Ma il
punto non è come vengono gestiti, bensì la natura stessa dei CPT. Introdotti in
Italia nel 1998 dal governo di centrosinistra con la legge Turco-Napolitano
(approvata anche con i voti dei Verdi e di Rifondazione Comunista), i CPT sono
a tutti gli effetti dei lager. Proprio come i campi di concentramento fascisti
e nazisti (e ancor prima coloniali, a Cuba e in Sudafrica), si tratta di luoghi
in cui si viene rinchiusi senza aver commesso alcun reato e trattenuti a
completa disposizione della polizia. Che all'interno le condizioni siano disperate,
il cibo pessimo e i maltrattamenti costanti è una terribile conseguenza, ma non
il centro del problema. Basta poco per rendersene conto.Quello che per un
italiano è un semplice "illecito amministrativo" (non avere i
documenti), per uno straniero è divenuto un reato passibile di internamento.
Come la storia insegna - basta pensare alle leggi razziste di tutti gli Stati
fra la prima e la seconda guerra mondiale -, per creare simili campi di
concentramento bisogna aver preliminarmente imposto l'equazione
straniero=delinquente. È in tal senso che va letta la legislazione - di destra
come di sinistra - sull'immigrazione in Italia (ma potremmo dire in Europa e
nel mondo). Se venissero applicati ai cosiddetti cittadini gli stessi criteri
che presiedono alla concessione del permesso di soggiorno agli immigrati,
saremmo in milioni ad essere rinchiusi o a vivere da clandestini. Quanti
italiani possono dimostrare, infatti, di avere un lavoro in regola? Quanti
vivono in più di tre in un appartamento di 60 metri quadrati? Sapendo che i
contratti interinali non valgono per ottenere il permesso di soggiorno, quanti
di noi risulterebbero "regolari"? Definire razzismo di Stato tutto
ciò non è un'enfasi retorica, bensì una constatazione rigorosa.Ora, i CPT (ma
più in generale tutte le forme di detenzione amministrativa: dai centri di
identificazione alle "zone di attesa" in cui vengono trattenuti i
profughi o i richiedenti asilo) sono la materializzazione di questo razzismo.
Proprio perché il filo spinato è da sessant'anni il simbolo del lager e
dell'oppressione totalitaria, l'involontaria coerenza del potere ha circondato
questi nuovi campi di filo spinato. Così come non è una caso se la detenzione
amministrativa, da sempre dispositivo tipico del dominio coloniale, oggi si sta
diffondendo ovunque nel mondo (dai ghetti palestinesi a Guantanamo, dalle
segrete britanniche dove vengono rinchiusi gli immigrati "sospettati di
terrorismo" ai CPT italiani). Nel momento in cui si bombarda e si massacra
in nome dei "diritti umani", milioni di indesiderati sono brutalmente
privati di ogni "diritto", detenuti in campi circondati dalla polizia
e affidati alle "cure" di qualche "organizzazione
umanitaria".Se i CPT sono dei lager - come ormai in molti sostengono -, è
del tutto logico cercare di distruggerli e di aiutare ad evadere le donne e gli
uomini che vi sono internati. Ed è del tutto logico colpire i collaborazionisti
che li costruiscono e li gestiscono. Questo pensavano gli anarchici leccesi.
Hanno allora denunciato pubblicamente, nell'indifferenza generale, le
responsabilità dei gestori del CPT di San Foca - cioè la curia leccese,
attraverso la Fondazione "Regina Pacis" - e le condizioni infami a
cui erano sottoposti i detenuti; hanno raccolto testimonianze, dati, e si sono
organizzati. Sono stati una spina nel fianco della curia e del potere locale.
Già nell'estate del 2004 uno di loro veniva arrestato per aver cercato di
favorire la fuga di alcuni immigrati durante una rivolta avvenuta all'interno
del "Regina Pacis". Andavano nelle fiere di paese, a fare nomi e
cognomi degli agenti responsabili dei pestaggi all'interno del CPT, dei medici
che li coprivano, del direttore che bastonava, sequestrava e costringeva con la
forza alcuni musulmani a mangiare carne di maiale. Senza mai perdere di vista
l'obiettivo: chiudere per sempre quei lager, e non renderli "più
umani". Mentre avveniva tutto questo, alcune azioni anonime colpivano le
banche che finanziavano il CPT, nonché le proprietà della curia e del direttore
del "Regina Pacis", don Cesare Lodeserto. E questi anarchici erano
pronti a difenderle pubblicamente. Le autorità non potevano più nascondere il
problema. E cos'hanno fatto allora? Prima hanno arrestato Lodeserto con
l'accusa di sequestro di persona, peculato, violenza privata e diffusione di
notizie false e tendenziose (il prelato soleva mandarsi da solo dei messaggi di
minaccia che poi attribuiva alla "malavita albanese"), poi hanno
fatto chiudere il CPT di San Foca. Messo subito Lodeserto ai domiciliari, e poi
rilasciato, hanno quindi arrestato gli anarchici allo scopo di toglierli di
torno per anni. Quelli che contano hanno difeso a gran voce il prete. A
difendere gli anarchici sono stati per lo più solo degli onesti pregiudicati.
Giustizia è fatta.Ma qualcosa non torna. Il castello accusatorio contro i
ribelli è maldestro e traballante, ma, soprattutto, nel frattempo prendono
vigore le lotte contro i CPT in tutta Italia. Ad aprile gli internati del lager
di via Corelli a Milano salgono sui tetti, si tagliano e urlano la più universale
delle rivendicazioni: libertà. Seguiti dagli immigrati rinchiusi nel CPT di
corso Brunelleschi a Torino, la protesta si allarga a Bologna, a Roma, a
Crotone. A decine riescono ad evadere, mentre fuori comincia ad organizzarsi il
sostegno pratico alla lotta. Assieme a manifesti e iniziative che denunciano le
responsabilità di chi si arricchisce sulle deportazioni di immigrati
(dall'Alitalia alla Croce Rossa, dalle aziende dei trasporti alle ditte private
implicate nella gestione dei lager), non mancano le piccole azioni di
sabotaggio. Con quella convergenza spontanea che è il segreto di tutte le
lotte, i crimini imputati agli narchici leccesi si diffondono.È questo
movimento - ancora debole, ma in crescita - che ha posto pubblicamente il
problema dei CPT, facendo correre ai ripari i politici di sinistra, nel
tentativo patetico di attribuire al solo governo di destra la responsabilità
dei lager.
Che tutto ciò dia fastidio lo dimostrano le
dichiarazioni del ministro degli Interni Pisanu sugli anarchici e antagonisti
che "sobillano" gli immigrati (come se le condizioni disumane in cui
vivono non fossero di per sé una costante sobillazione) e sulla necessità dei
CPT per contrastare il "terrorismo" (è noto, infatti, che chi vuole
passare i controlli della polizia per compiere un attentato se ne va in giro
senza documenti). Perché?I CPT mettono a nudo non solo l'esclusione e la
violenza come fondamenti della democrazia, ma anche il profondo legame fra
stato di guerra permanente, razzismo e ilitarizzazione della società. Non è un
caso se la Croce Rossa è presente nei conflitti bellici a fianco degli eserciti
e allo stesso tempo implicata nella gestione di numerosi lager in Italia. Così
come non è un caso se essa partecipa alle "esercitazioni antiterrorismo"
con le quali i governi vorrebbero farci assuefare alla guerra e alla
catastrofe.
La criminalizzazione dello straniero - capro
espiatorio del malessere collettivo - è da sempre un tratto distintivo delle
società moribonde e allo stesso tempo un progetto di sfruttamento ben preciso.
Se non vivessero nel terrore di essere rinchiusi e rispediti a casa - dove ad
attenderli ci sono spesso la guerra, la fame, la disperazione - gli immigrati
senza documenti non lavorerebbero certo per due euro all'ora nei cantieri di qualche
Grande Opera, né morirebbero coperti da una gettata di cemento quando cadono
dalle impalcature. Il Progresso ha bisogno di loro: per questo li si rende
clandestini ma non li si espelle tutti, li si "accoglie" nei lager,
li si smista, li si seleziona in base agli accordi con i rispettivi paesi di
provenienza e secondo la docilità che dimostrano nei confronti del padrone.
La sorte che spetta loro è lo specchio di una
società in guerra (contro i concorrenti economici e politici, contro le
popolazioni, contro i propri limiti naturali).
Una delle prime vittime di questa mobilitazione
totale è il senso delle parole. Che siano potuti entrare nell'uso corrente
espressioni come "guerra umanitaria" - o che si possa chiamare
"centro di accoglienza" un lager - la dice lunga sullo scarto fra
l'orrore che ci circonda e le parole che lo nominano. E questo scarto è
contemporaneamente un'anestesia della coscienza.
Chiamiamo "lager" i CPT e poi andiamo a
votare chi li ha costruiti, diciamo "massacro" ma ci accontentiamo di
sfilare tranquillamente contro la guerra, purché non succeda niente. Mentre a
Milano si svolgeva la manifestazione oceanica del 25 aprile, i rivoltosi di via
Corelli erano sui tetti a gridare che la resistenza non è finita, ma la
retorica sulla "liberazione" non si è nemmeno scossa, continuando a
festeggiare.
Forse qualcosa sta cambiando. Mentre la propaganda
di Stato equipara il nemico interno - il ribelle, il "terrorista" - e
lo Straniero - il fanatico, il kamikaze -, le resistenze si armano ed esplodono
le "periferie" a due passi da noi, dove i poveri bruciano le ultime
illusioni di integrazione in questa società. Giovani generosi intendono lager
quando dicono lager, e si organizzano di conseguenza, come stranieri in un
mondo straniero. Sono disposti a conquistare la libertà assieme agli altri,
anche a rischio di giocarsi la propria. Odiano le sbarre, al punto che non le
augurano nemmeno alle peggiori carogne (i tanti, troppi Lodeserto). Queste
forme di insoddisfazione attiva per il momento dialogano a distanza, ma sono
già l'abbozzo di qualcosa di comune. La falsa parola si sta ammutinando, e
nuovi comportamenti sprigionano nuove parole nella realtà della vita
quotidiana.
Non abbandoniamo alla vendetta dei giudici chi non
è stato al caldo quando altri uomini venivano travolti dalla tempesta. In tempi
tristi e servili, c'è una scelta che contiene tutte le altre: decidere da che
parte stare.
Indirizzi degli anarchici leccesi in carcere o
agli arresti domiciliari:
SAVERIO PELLEGRINO, C/o Casa Circondariale, via
Prati Nuovi 7, 27058 Voghera (PV)
SALVATORE SIGNORE, C/o Casa Circondariale, via
Lamaccio 1, 67039 Sulmona (AQ)
MARINA FERRARI, Via XXI Aprile 29, 73042 Casarano
(LE)
CRISTIAN PALADINI, Via Don Carlo Gnocchi 4, 73100
Lecce
Per chi volesse contribuire alle spese legali:
ccp n. 56391345, intestato a Marina Ferrari
Per informazioni, contatti o richiesta di copie di
questo pieghevole:Nemici di ogni frontiera, C.P. 36, 73047 Monteroni di Lecce
oppure utopia73@libero.it
Sulla lotta contro le espulsioni: http://digilander.libero.it/tempidiguerra/
INIZIATIVE A GENNAIO 2006
Sabato 14 e domenica 15, Due giorni di
mobilitazione contro i lager e il mondo che li produce, contro il
"pacchetto Pisanu" e la repressione, in solidarietà con gli anarchici
leccesi.Mercoledì 18, ore 14.30, Assemblea pubblica in vista del processo del
giorno dopo, presso l'Ateneo universitario di
Lecce (viale dell'Università).Giovedì 19, ore 9.00, Presidio durante l'udienza
contro gli anarchici, davanti all'aula bunker del carcere di Borgo San Nicola,
Lecce.Sabato 21, ore 11.00, Assemblea mensile contro la guerra e le espulsioni,
presso vico dei Fieschi.
Per scaricare il documento completo (con la
cronologia della lotta contro il CPT Regina Pacis e alcuni episodi di lotta
contro i CPT degli ultimi mesi) in formato .pdf:http://www1.autistici.org/anarcotico/downloads/documenti/processo_lecce.pdf