La Commissione Affari Istituzionali della Camera, il giorno 17
ottobre, ha finalmente dato il primo sì ad una commissione di inchiesta su
quanto avvenuto a Genova, in occasione del G8 del luglio 2001.
I fatti sono noti, e sono oggetto di procedimenti penali nei
confronti dei responsabili degli scontri di quei giorni fra militanti della
sinistra antagonista, da una parte, e rappresentanti delle “forze dell’ordine”
dall’altra; alla sbarra compaiono, con molte possibilità di farla franca - visti
i tempi esageratamente lunghi del processo che porteranno lo stesso alla
prescrizione dei reati - i responsabili delle (in ordine sparso): violenze in
piazza contro cittadini inermi e contro chi faceva il proprio dovere di
operatore dell’informazione - tantissimi gli apparecchi fotografici e le
telecamere sequestrate in quei giorni per non permettere la ricostruzione reale
dei fatti; l’omicidio di Carlo Giuliani in piazza Alimonda; le violenze ed i
soprusi alla tristemente famosa caserma di Bolzaneto, che in quei giorni
divenne un carcere dove si usava abitualmente la tortura sul modello della Casa
dello Studente durante l’occupazione nazista nel corso della seconda guerra
mondiale; la ferocia inaudita dell’assalto notturno al dormitorio allestito
alla scuola media Armando Diaz, di piazza Merani (quartiere della Foce),
preparato e giustificato con la massima cura attraverso il “casuale” ritrovamento
di due bottiglie molotov, piazzate dagli stessi che le trovarono, nel giardino
della scuola. In un quadro del genere,
si fatica assai a capire le motivazioni con le quali il ministro delle
Infrastrutture - l’ex pm fascista Antonio Di Pietro - ed il suo omologo alla
Giustizia - Don Clemente Mastella - abbiano votato contro: l’accertamento della
verità dovrebbe essere il primo dovere per chi si occupa di giustizia. Il guaio è che questa commissione metterebbe
a nudo una verità che noi maoisti andiamo sostenendo da tempo: il Italia si sta
costruendo un regime di moderno fascismo, di cui i fatti di Genova furono solo
le prove generali.
Stefano Ghio
Torino, 18 ottobre 2007