E’ difficile, se non impossibile, stare dietro a tutte le ipocrisie
che ammantano la compagine governativa del centrosinistra: ogni giorno se ne
scopre una nuova. Il 15 maggio il
ministro della Difesa, uno dei peggiori servi degli yanqui - Arthur Parisi, ha
annunciato l’invio di nuovi mezzi e uomini in Afghanistan - per la precisione: cinque
elicotteri da combattimento Mangusta, otto mezzi corazzati Dardo, dieci
blindati Lince e 158 militari (inclusi tredici carabinieri) - <Per difendere
i nostri soldati> e con l’auspicio di <un maggior coordinamento tra la
missione Isaf (a guida Nato) ed Enduring Freedom (a guida yanqui)>; quest’ultima
dichiarazione prelude alla trasformazione della missione italiana da ufficialmente
‘esclusivamente difensiva’ in attiva sul campo, in appoggio all’offensiva della
Nato, togliendo finalmente quel velo di ipocrisia che ha permesso finora alla
cosiddetta “sinistra radicale” di votare a favore del rifinanziamento della
missione e nel contempo continuare a definirsi ‘pacifisti’.
Il ministro sa benissimo di avere ragione quando dichiara che
<La natura della missione non cambia>: missione di guerra era e tale
resta, anche se vi è la ‘piccola’ aggiunta di costi di Euro 25,9 milioni per il
periodo fino al 31 dicembre 2007 (fonte “L’Unità” del 16 maggio, pagina 11).
Dal canto suo la cosiddetta “sinistra radicale” promette che
vigilerà sugli scopi della missione - <per impedirne lo snaturamento>, come
dichiara la capogruppo di Rc-Se in commissione Difesa Elettra Deiana al “manifesto”,
pagina 5 del 16 maggio nell’articolo “Parisi va alla guerra <Più armi>” a
firma di Sa.M. - ma intanto si prepara a dire sì all’ennesimo aumento delle
spese militari - oltre ai 21 miliardi di Euro concessi dalla legge finanziaria
- che avrà anche l’effetto di modificare quell’accordo che prevedeva la
presenza di al massimo nove mezzi aerei in Afghanistan: infatti, con l’invio
dei Mangusta, si giungerà a quota undici - cinque Mangusta, tre elicotteri della
marina, due Predator ed un C130. Crediamo
sia giunto il momento, per la cosiddetta “sinistra radicale”, di battere un
colpo, far vedere di non essere totalmente subalterna al centro della coalizione,
e di avere il coraggio, una volta tanto, di dare un chiaro e forte segnale di ‘non
possumus’, anche - se necessario - facendo cadere questo governo sempre più
guerrafondaio, antipopolare e omofobo.
Siamo certi che, purtroppo, questo non accadrà: per questi signori
è troppo importante conservare la loro poltrona di governo, gli interessi del
popolo italiano passano in secondo piano.
Stefano Ghio
Torino, 16 maggio 2007