10-09-2006
DA un mese non riceviamo più, dopo circa 11 anni di
invii gratuiti a volte interrotti e sempre ripresi, il “quotidiano comunista”
il manifesto.
Tra varie difficoltà, questo i! “quotidiano comunista”
esprime un livello normalmente troppo generoso: nella detenzione offrono il
quotidiano ai detenuti che lo richiedono, a chiunque.
Ma lo tolgono ogni qualvolta qualche coincidenza
provocatoria si rivolge contro un compagno. Oppure quando un compagno od una
associazione (come l’AVae-m) danno assai fastidio e dimostrano di non aver
riguardo alcuno verso il potere (oggi leggasi Napolitano, Prodi, D’alema,
ecc.). Non a caso una mia telefonata è partita il 7 agosto verso Torino, ed io
non ho più ricevuto il manifesto dopo l’8 agosto.
Ora se è vero che non si è più detenuti, è vero anche
che si lavora senza reddito, e che persino le fabbriche ed i lavori NON
SCHIAVISTICI (leggasi cooperative ed agenzie interinali) rifiutano l’assunzione
ad un proletario comunista uscito di galera senza chinare il capo.
Tuttavia la cosa non ci dispiace molto: ci sono lettori
e compagni che ci segnalano se c’è qualcosa che valga la pena di leggere, e del
resto anche prima di essere catturato nell’ottobre 1993, e anche prima, mica lo
leggevo: era un impiccio alla lotta rivoluzionaria, qualcosa che ti faceva
perder tempo, e questo sin da quando il manifesto era la grancassa dei Negri,
Segio, Borrelli, Bignami jr., Ronconi, e verdestagno vario, e noi compagni si
andava a farsi la buia senza neppure il trafiletto del manifesto: ERAVAMO
“TERRORISTI” anti-dissociati, come considerarci, da parte loro, “compagni” ?
Adesso che abbiamo vinto una grande battaglia (la
contraddizione palesata del “giusto processo”, che ironicamente e satrapamente
Mastella afferma essere solo un problema nel “caso Dorigo”), il manifesto tace
non solo sulle prove TAC, ma anche sulla nostra Associazione, che tanti
elementi sta dando come conoscenza delle più orrende malefatte che
scientificamente istigano al “suicidio” le persone scomode o che le portano
subdolamente alla morte, e dà spazio alle minacce di giovagnoli contro i carc.
Ebbene, quanta pena per delle cose che ancora hanno, e speriamo non abbiano, a
che “manifestarsi” ! Se in passato “il
manifesto” dopo il 1982 avesse scritto un servizio per ogni annuncio di
pericolo verso gruppi di sinistra da parte della magistratura, sarebbero forse
stati evitati decine di arresti di spesso innocenti proletari, come quelli che
a decine e centinaia andavano in galera nell’hinterland di Roma, come in certe
zone del Veneto (proporzionalmente alla popolazione considerate) accusati di
essere “fiancheggiatori” delle BR.
Veniamo alle ragioni storiche più generali del nostro
consiglio. Avete fatto, nel bene e nel male.
? Ora lasciate il campo al proletariato e vi trasformate
in quotidiano del partito democratico, o ricentrate la vostra presenza
(impossibile, comanda Benetton !!!) eliminando pagine di scrovate
simil-scientifiche sostituendole con la parola alle masse ?
manifesto OPPURE annuncio funebre ?
Fondato nel 1971, si pose sin dall’inizio come strumento
di interpretazione della lotta di classe da parte di un manipolo di
revisionisti di sinistra, che facevano capo ai Magri, Pintor, Parlato,
Menapace, Rossanda, ecc.
Nelle situazioni di lotta questo gruppo aveva un certo
seguito in un certo ceto di intellettuali di sinistra che in genere non avevano
molto peso nelle situazioni operaie e giovanili, mentre ne avevano di più tra
gli studenti universitari e i settori di lotta cosiddetti “sulla
sovrastruttura”;
questo gruppo aveva origine nel pci ed in una rottura al
suo interno che ingenuamente poneva la funzione del partito comunista in
termini di continuità progressista autentica, ma non certo di rottura
rivoluzionaria e di proposta alle masse di guerra rivoluzionaria.
Questo divenne chiarissimo durante il ’77, ed anche
durante la campagna di primavera delle BR e delle organizzazioni sinceramente
poste al loro fianco e non in concorrenza con esse (1978).
Ma fu chiarissimo nella società del “pentitismo”: spazio
alla magistratura, più che ai compagni combattenti. E poi, ai dissociati, cioè
a quelli che facevano mercanzia politica delle idee e dei propositi
politico-ideologici, in cambio di riduzioni pena significative (metà, due
terzi, in meno).
Questo comportò una posizione “aplomb” nei confronti del
regime e dei suoi oppositori proletari.
Posizione che fa comodo, se uno vuole cercarsi una
cronaca giudiziaria stile Mantovani, sostanzialmente formalmente corretta, ma
che è del tutto insufficiente al formarsi delle idee e delle soggettività
proletarie, se uno VUOLE SAPERE COME SI TORTURANO COMUNISTI, ANTAGONISTI,
PERSONE MARGINALI AL POTERE, DETENUTI E NON, in questa società.
Ed è il silenzio sull’AVae-m, e la mancata recensione
del libro LA TORTURA NEL BEL PAESE, ridottosi l’editore a dover pagar loro i
profitti della vendita con le manchette editoriali, per arrivare ad un pubblico
cui i direttori ed i redattori non intendendo rischiare nulla, non intendono
dar notizia di una associazione come la nostra.
Il che dimostra che pur essendo “interclassista”,
l’AVae-m non è interclassista, è proletaria al 100 per cento !!!
Per questo diciamo, il manifesto è un annuncio funebre della lotta
di classe, che noi rifiutiamo, perché la lotta di classe è l’unica cosa eterna
della Storia.
Mentre un “quotidiano comunista” che comunista non è, di sicuro
non è eterno.
Paolo Dorigo
(AVae-m)
10-09-2006