Il quotidiano torinese “La Stampa”, nell’edizione di venerdì 11
maggio a pagina 69, si occupa dei costi della politica relativamente alla
regione Piemonte: lo fa con un’inchiesta di Luciano Borghesan dal titolo “Caro Piemonte,
quanto ci costi!”, che porta come catenaccio “Le indennità di presidente e
consiglieri lievitate del 20% dal 2001 sono le più alte d’Italia”.
Il giornalista, all’inizio dell’articolo, fa una piccola cronistoria
di quanto accaduto e si scopre che il 31 luglio 2003 tutti i consiglieri -
nessuno escluso - sia dell’allora maggioranza di centrodestra (a guida del forzitaliota
Enzo Ghigo), sia dell’allora opposizione, votarono una legge regionale che fece
lievitare l’indennità del consiglieri dal 65% all’85% di quella dei
parlamentari; per completezza d’informazione ci prema segnalare che già alcuni
mesi prima, in concomitanza con le ferie natalizie, gli stessi signori avevano
già provato a far passare la medesima delibera, ma la stessa era stata bloccata
dall’intervento del <consigliere atipico> - è la definizione che ne dà il
Borghesan - Mario Contu, esponente dell’area interna al PdRC de “L’Ernesto”, il
quale in occasione della successiva votazione non sarebbe stato più un
impedimento, essendo deceduto di infarto in febbraio. Attualmente l’identità mensile lorda di chi siede tra i banchi di
Palazzo Lascaris (la sede della regione) ammonta, esclusi i rimborsi per viaggi
e missioni, a delle belle cifre, come riportiamo di seguito.
La presidente - la democratica ex-diessina Mercedes Bresso - incassa
Euro 14.044; i due vicepresidenti Euro 12.288 - ovviamente ognuno; il
vicepresidente della giunta Euro 13.459; i nove presidenti di commissione Euro
11.118; i nove vicepresidenti di commissione Euro 10.553; i tredici assessori
Euro 12.288; i diciassette capogruppo Euro 11.703; i ventiquattro consglieri
semplici ‘solo’ Euro 9.948.
A queste cifre vanno aggiunti, lo ricordiamo, i rimborsi relativi alle
missioni - cioé quando il consigliere è assente per un qualsiasi motivo legato
alla sua carica di rappresentante della regione - ed il rimborso di Euro 0,50 per
ogni kilometro di distanza del palazzo della regione dal luogo di residenza dei
consiglieri che risiedono fuori Torino.
Siccome, però, questa barca di soldi non basta mai a lorsignori,
ecco comparire un’altra indennità, quella di fine mandato (l’equivalente del
TFR): fino al 2001 essa ammontava ad una mensilità per ogni anno di carica, in seguito
è stata portata a due, ma la ritenuta d’acconto è rimasta del 5% su una sola
mensilità per anno; l’ovvia conseguenza è che questi evadono legalmente il 50%
delle tasse che dovrebbero sborsare sulla base dei loro introiti. L’entità dei costi mensili delle sole
indennità lorde degli inquilini di Palazzo Lascaris ammontano a Euro 844.565, a
cui vanno aggiunti i rimborsi per i viaggi e per le missioni, senza contare i
finanziamenti di cui godono i diversi gruppi politici presenti nel consiglio
regionale, ognuno dei quali ha diritto a propri funzionari - non necessariamente
già dipendenti della regione, ma pagati con i soldi dei contribuenti - ed al
materiale di varia natura necessario al funzionamento dell’ufficio di rappresentanza
(dai mobili, ai computer con relativa assistenza in caso di malfunzionamento,
al materiale di cancelleria); si può ragionevolmente supporre, quindi, che i
costi della democrazia in Piemonte, per quello che concerne soltanto la sede
della regione, si aggirino intorno al milione di euro mensili.
A fronte di tutto questo, esistono molte realtà lavorative piemontesi
in sofferenza (uno studio recente ne ha contate più di 100), con relativo
ricorso alla cassa integrazione guadagni: tra queste vi sono dei casi limite,
come quello della “Genco” di Chivasso - industria dell’indotto Fiat - dove gli
operai in cassa percepiscono un assegno di Euro 400 mensili, e spesso si tratta
di famiglie monoreddito! Altri casi al
limite della sussistenza si riscontrano alla “Liri” - fabbrica chimica di
Nichelino e Pont Canavese - dove le maestranze non ricevono un regolare stipendio
dal mese di gennaio 2007, mentre è ben noto il caso della carrozzeria Bertone -
indotto Fiat - che si trova senza più commesse sulle quali lavorare e quindi minaccia
di espellere dalla produzione la quasi totalità degli operai oggi in cassa
(circa 1.500). Se realmente i deputati
regionali avessero a cuore le condizioni di vita della popolazione che
pretendono di rappresentare, il loro comportamento andrebbe nella direzione
esattamente contraria a quella attuale, ma sappiamo benissimo che una tale
speranza non può che rivelarsi una pia illusione.
L’unica soluzione a questo indecente stato di cose è il potere in
mano alla classe operaia ed ai suoi alleati: l’unica via per conquistarlo è la
guerra popolare di lunga durata guidata dal Partito Comunista maoista.
Stefano Ghio
Torino, 14 maggio 2007