A leggere le dichiarazioni dell’(in)Fausto, che la grande
stampa nazionale riporta a cavallo tra la prima e la seconda
settimana di maggio, ci assale una domanda: perché questo signore continua
ostinatamente a definirsi comunista, quando chiunque abbia un minimo di
preparazione politica non può che constatare come da tempo non sia nemmeno più
di ‘sinistra’, seppure nella sua accezione più socialdemocratica?
Qualche mese fa, e questa potrebbe essere la data in cui far
coincidere l’uscita dell’(in)Fausto dalla famiglia della ‘sinistra’ borghese,
si recò alla festa dei giovani nazialleati per partecipare ad un dibattito con
la responsabile nazionale di Azione Giovani - l’On. Giovanna Meloni -
suscitando le ire di buona parte del suo partito; è vero che si è recato là in
veste di presidente della Camera, ma è stata una legittimazione di una forza
politica erede del Movimento Sociale Italiano-Destra Nazionale, a sua volta
erede del Partito Nazionale Fascista; ovviamente, per converso, questa sua
uscita ha voluto significare il ripudio della Resistenza al nazifascismo in
nome della riconciliazione nazionale.
In questi giorni l’ex segretario rifondarolo si trova in visita
ufficiale in Medio Oriente, e non perde l’occasione per straparlare e
dimostrare ancora una volta la sua vera natura.
“La Stampa” di lunedì 7 maggio, a pagina 7, in un réportage della
Jena - Riccardo Barenghi - al seguito dell’(in) Fausto, riporta una
dichiarazione della terza carica dello stato il quale, parlando ai caschi blu
italiani a Beirut, dice: <I soldati qui sono la miglior vetrina del
paese>, dimenticando - non a caso - che si tratta dei famigerati paracadutisti
del battaglione Folgore, il corpo più fascista dell’esercito italiano, quello
che in Somalia - durante l’operazione Onu/Nato ‘Restore Hope’ - aveva le tende
con dentro ogni sorta di simboli fascisti, oltre a dedicarsi a quello che
sembra essere il loro sport preferito: lo stupro delle ragazze locali. Sarà Marco Ferrando, il leader trockijsta
del Pcdl, a ricordare all’(in)Fausto i trascorsi di questo corpo speciale; in
cambio il professore genovese riceverà un silenzio carico di significati:
evidentemente l’ex burocrate cigiellino non sapeva come giustificarsi. Basterebbe già solo questo ‘incidente’ per
classificare il personaggio - persino la sua collega di partito, e sua fedelissima,
Lidia Menapace si dice (a pagina 26 di “Repubblica”) <stupita delle parole
di Bertinotti> - ma l’imperturbabile ex sindacalista milanese non si ferma,
ed a Gerusalemme - altra tappa del suo viaggio - afferma che <In questa fase
bisogna insistere perché si creino le condizioni favorevoli per l’inizio delle
trattative tra Israele e l’Anp (Autorità Nazionale Palestinese, n.d.a.)> (“il
manifesto”, 8 maggio, pagina 8, articolo a firma Michele Giorgio) dimenticando
- cominciamo a credere che soffra del morbo di Alzheimer - che l’entità
sionista occupa, dal 1967, territori palestinesi ed è evidente che questi non
possono intavolare trattative con chi si rifiuta di rendere terre non proprie
ai legittimi proprietari; in più abusa sistematicamente, con torture e sevizie,
dei prigionieri palestinesi (secondo quanto denunciato da due ong che operano
nei territori dell’entità sionista, che vengono riprese da un articolo di
Fausto Della Porta sul ‘quotidiano comunista’ nella stessa pagina del medesimo giorno).
Letteralmente assurda, poi, è la pretesa dell’(in)Fausto - rilanciata
da “L’Unità” a pagina 8, in un articolo firmato l.n. dal titolo “Bertinotti ai
palestinesi <Accettate il piano Usa>”, e da “Liberazione” a pagina 7 in
un articolo a firma Stefania Podda dal titolo “Il reciproco riconoscimento tra
Hamas ed Israele è l’unica soluzione” - di far accettare ai palestinesi le
condizioni dettate dagli yanqui e dai loro servi sionisti pur di avere
finalmente la pace: quale pace può nascere da un cedimento su tutta la linea
alle pretese degli stati imperialisti? Chi
gatantisce Hamas e le altre forze della Resistenza palestinese (ad esempio il
Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina o il Fronte Democratico per
la Liberazione della Palestina, solo per citarne alcuni) che, una volta
riconosciuta l’entità sionista come stato, essa farà altrettanto?
La storia insegna che l’entità sionista non ha mai ceduto neanche
un centimetro quadrato delle terre detenute illegalmente se non è costretta,
perché ora dovrebbe comportarsi diversamente?
Se l’Onu fosse in grado di fare il suo lavoro, libera dal condizionamento
della superpotenza militare yanqui e quella economica dell’entità sionista,
obbligherebbe quest’ultima a rendere le terre illegalmente occupate, ed a
riconoscere lo stato palestinese nei confini del 1948. Ci si aspetterebbe che questa fosse la
posizione di qualunque uomo di sinistra, ma l’(in)Fausto la pensa diversamente:
come San Paolo è stato folgorato sulla via di Damasco!
Stefano Ghio
Torino, 08 maggio 2007