“La Stampa” di domenica 22 luglio riporta un articolo di fondo,
firmato dalla Jena Riccardo Barenghi, dove l’ex direttore del “manifesto”
analizza, in maniera lucidissima, questo poco più di un anno di governo dell’Unione
dal punto di vista della cosiddetta “sinistra radicale” e decreta - come recita
il titolo - “La disfatta della sinistra”.
All’interno dell’articolo il giornalista elenca tutte le materie in cui
la cosiddetta “sinistra radicale” ha perduto lo scontro con la ‘destra’ della
coalizione: la battaglia delle pensioni, il Dpef e la legge Fianziaria dello
scorso anno, legge Biagi, Di.Co, Iraq, Libano, Afghanistan, Vicenza.
Ce ne sarebbe più che abbastanza per dire basta, è ora che i ‘destri’
la smettano di decidere a loro piacimento su ogni cosa, mentre la cosiddetta “sinistra
radicale” si ritrova, a cose fatte, «al massimo a ridurre il danno, ossia a
frenare gli eccessi di riformismo, nulla più» - come scrive Barenghi.
Invece accade che il segretario del maggior partito della cosiddetta
“sinistra radicale”, forse preso dall’ansia di diversificare la propria
politica da quella del PdCI che annuncia una campagna estiva sul tema delle
pensioni, risponde su “L’Unità” - all’interno di un’intervista rilasciata a
Natalia Lombardo, edita sull’edizione del 23 luglio, a pagina 4 - «i media si
devono decidere: non possono dire che esiste un monocolore comunista e il
giorno dopo che la sinistra non conta nulla».
Questa risposta elude completamente il problema politico posto dalla
Jena: in un anno e passa di governo dell’Unione la cosiddetta “sinistra
radicale” ha ceduto su tutti i temi che si sono succeduti all’ordine del giorno
del dibattito politico, ed il segretario di Rc-Se sembra non accorgersi di
nulla.
Un antico proverbio recita: non v’è peggior sordo di chi non vuol
sentire; in questo caso si potrebbe adattarlo a: non v’è peggior cieco di chi
non vuol vedere.
Stefano Ghio
Torino, 23 luglio 2007