In alcuni stati dell’Europa orientale si è da tempo scatenata una
nuova caccia alle streghe, a coloro che hanno collaborato con i regimi
revisionisti crollati con la fine del gigante socialimperialista avvenuta nel
1991. E’ di questi giorni - la fine di
aprile - la notizia che in Polonia il governo fascista e servo del clero
cattolico dei genelli Kaczynski - Lech, il presidente della Repubblica, e Jaroslaw,
il primo ministro - ha varato una legge volta a punire ed umiliare, attraverso
la loro esposizione sui media, coloro che in qualche modo sono sospettati di
aver collaborato con gli uomini del generale Jaruzelwski. A parte il fatto che la ‘novaja lustracja’ -
così si chiama la legge in questione, che riprende ed amplifica un precedente
provvedimento del 1997 - lede la dignità delle persone (e solo per questo
dovrebbe suscitare le ire dell’UE - così sensibile, in altri casi, ai diritti
umani - che invece si guarda bene dall’intervenire per non irritare le autorità
ecclesiastiche) questo è il segno che, in tutta evidenza, la repressione
attuata dagli uomini del Partito Operaio Unificato Polacco non era certo delle
più pesanti, altrimenti questi signori sarebbero spariti dalla scena molti anni
fa.
Non c’è solo la Polonia che in questi giornista dando prova dei
suoi sentimenti anticomunisti: il governo dell’Estonia, infatti, ha fatto
smontare il monumento al ‘soldato-liberatore’ (dell’Armata Rossa staliniana)
che stava sulla piazza principale della capitale Tallinn sin dal 1947; come ricorda
giustamente Astrit Dakli a pagina 5 del “manifesto” del 28 aprile, i sovietici
sono visti dalla popolazione locale come gli occupanti, mentre i nazisti come i
liberatori dal giogo sovietico.
A questo proposito va ricordato che l’Estonia è l’unico paese al
mondo in cui le SS naziste sono eroi nazionali, ed anche in questo caso si
registra la pusillanimità dell’UE che non condanna questo atteggiamento del
governo estone, esattamente come non trova nulla a che ridire a quello della
Repubblica ceca che mette fuorilegge la Gioventù Comunista (KSM) perché nel suo
programma proclama di lottare per il ritorno ad un sistema socialista.