VII. DELLA SITUAZIONE CONCRETA
Tutto questo è l’aspetto visibile di una spietata guerra di classe che la borghesia ha inteso approfondire in termini esponenziali con la concertazione del ’93 e quanto ne è seguito conseguentemente per la irresponsabilità storica e politica dei bonzi sindacali di regime, venduti e traditori dell'Umanità (che sorge dalle condizioni del lavoro e dei raporti sociali), una realtà di classe che può chiaramente produrre avanzamenti del campo rivoluzionario delle masse popolari. Situazione rivoluzionaria in sviluppo nel quadro internazionale ma anche interno, ove però è in atto una fascistizzazione dispiegata.
Lettura della situazione che da Lenin abbiamo imparato ad applicare senza codismo alcuno verso le false politiche e le grandi parole della borghesia.
Se cioè logicamente in Occidente all’apparenza il capitalismo pare essersi affermato con il suo sistema di rapporti sociali imposti, di repressione, di mercificazione umana e barbarie, in realtà la lotta di classe, le lotte sociali e di parità e rispetto per la dignità umana, portate avanti dal movimento di classe e dai movimenti di massa nei vari settori della società, le lotte di indipendenza nazionale, producono sempre più, anche nella componente acquisita dai “mercati esteri” di forza-lavoro, una situazione di profonda mobilitazione delle masse sfruttate a tutti i livelli, dando tendenzialmente anche al conflitto di classe nei paesi del centro imperialista quel carattere di rottura che collide con le lotte dei popoli oppressi dall’imperialismo nell’area, con la lotta di classe in tutto il mondo, e con le guerre popolari in corso in diversi paesi.
Carattere di rottura che è dato dal grado raggiunto dalla crisi generale capitalista, nella quale sin dall’inizio degli anni ’70 ha avuto inizio la fase di formazione degli assetti della nuova grande ondata della rivoluzione proletaria mondiale, che sta assumendo ovunque una unitarietà sociale e di massa nella coincidenza di interessi particolari e generali.
Infatti l’imperialismo non può garantire più il benessere neppure nelle società “opulente” in cui persino la popolazione decresce, con un tasso di mortalità superiore a quello di natalità, come nel caso italiano della discesa in campo delle molteplici frazioni di borghesia e ceti medio-alti della società a difesa dei propri privilegi, in una corporativizzazione della politica crescente, all’insegna dell’egoismo e della privatizzazione dei rapporti sociali anziché della loro crescente e progressista socializzazione.
Sfuggire dunque alla impostazione campanilistica e legata essenzialmente ai balzelli locali d’una classe politica nazionale sempre più arrogante ma tutt’altro che forte, assumendo il dato internazionale del conflitto di classe come centrale, perché tutto è connesso, come gli imperialisti ben dimostrano.
Questo perché viviamo, checché ne dica un’analisi meccanicistica e “quantitativa” della congiuntura attuale, in una situazione rivoluzionaria in sviluppo che si evolve e continua a riprodursi su tempi medio-lunghi nella direzione dello scontro tra l’imperialismo e la tendenza (e necessità storica) dei popoli del mondo e del proletariato che va crescendo nel mondo come classe più numerosa via via che anche nel Tricontinente si assiste alla trasformazione economica, all’affermarsi del socialismo.
Situazione di cui la fascistizzazione nei paesi del centro imperialista (di cui abbiamo avuto un precedente storico in Italia, Spagna, Germania, Ungheria, Romania, ecc., negli anni ’20 e ’30 del XX secolo) e nei paesi capofila regionali, è una controtendenza sospinta dalle componenti più grette e retrograde tra le frazioni della borghesia imperialista, ma a volte più diffuse e numerose (come nel sistema economico del “piccolo è bello” nel nostro paese), controtendenza che non nega ma conferma l’analisi della situazione come rivoluzionaria.
La borghesia si libera delle sue “belle maniere” non con piacere, ma per necessità.
La velocità e l’integrazione dei cicli produttivi, della circolazione finanziaria e del ciclo economico complessivo sono tali che la stessa virata verso un’economia mista della Repubblica “popolare” cinese in mano da quasi trent’anni ai revisionisti traditori della rivoluzione e della classe operaia, anziché generare un clima di tranquillità ai capitalisti occidentali (esclusi i soggetti direttamente impegnati in loco), sta creando ulteriori tensioni nelle classi imprenditoriali di casa nostra.