III. DEI RIFERIMENTI

Le categorie interpretative della borghesia imperialista e dei loro servitori sono utili solo a riconoscersi nel gioco truffaldino delle apparenze che è parte del sistema controrivoluzionario e di controllo sociale. È il caso sia delle residue forze revisioniste ed opportuniste presenti che ancora si gloriano dell’appellativo ‘comunista’, sia delle forze piccolo-borghesi ed idealiste abbarbicate su montagne di parole vuote su violenza e non violenza degne solo di chi giustifica come un giullare la propria simulazione di conflittualità (presi come sono nel gioco delle apparenze e dei palinsesti), ma anche di quelle componenti del movimento rivoluzionario che non sono in grado di apprezzare la qualità nuova dell’ondata rivoluzionaria prefigurata dalla resistenza proletaria in tutto il mondo e dalle guerre popolari in corso.

In tutti i casi si assiste alla base, all’incapacità di abbandonare il simulacro storico dell’eurocentrismo e dell’eurosciovinismo, perché non hanno saputo cogliere lo spostamento avvenuto della Rivoluzione dal nord al Sud del mondo (in particolare all’Asia), così come la linea di demarcazione ovest/est si è rapidamente trasformata in nord/Sud.

È in effetti alla classe “imprenditoriale” capitalista ed alle teorie ad essa riferite, che interessa prima di tutto coinvolgere il sistema post-sovietico nel giogo capitalistico del centro Europa, con le “dovute cautele” e “differenze” salariali e di spazi democratici (che vanno mantenuti bassi per non favorire l’organizzazione proletaria dal basso).

Questo è chiaro in due aspetti, uno politico ed uno economico, dell’ “integrazione europea”.

Il primo è dato dalla progressiva ed addirittura statuaria estraniazione del popolo di ogni singolo paese, Italia in primis, dal carattere costituente della nuova edizione dell’aborto razzista della Unione Europea, carattere che trascende del tutto (confermando anziché cancellando la pagina vergognosa di Schengen) sia dalla Resistenza Antinnazifascista Europea sia dal carattere Universale del suffragio democratico (non smentito ma modernizzato ed adeguato al rispetto del primato delle masse organizzate nella società socialista, di cui il Partito è guida ed espressione delle masse stesse, e non organismo di potere ad esse estranee, dalla concezione di potere sovietico, ossia dei Soviet, dei Consigli, delle ASSEMBLEE DEL POPOLO in ogni dove; infatti nel socialismo il ruolo del Partito cambia rispetto al ruolo che assume nella conduzione dello scontro per la conquista rivoluzionaria del potere, in cui nessun conto o poco conto si dà al suffragio elettorale data la degenerazione della società borghese che ha svuotato ancor più le istituzioni parlamentari rispetto alla stessa Duma del 1908) dando deleghe politiche ai governi in materia costituzionale di fatto. Per non scendere in particolari noti circa i contenuti reazionari della “nuova” Unione Europea che intende così precisarsi come polo imperialista del tutto disinteressato alla situazione internazionale di divario assoluto tra Nord e Sud del mondo (e qui devo fare a completamento del percorso di revisione teorica m-l-m che ho compiuto in questi 18 ultimi anni, ammenda a favore dei compagni e compagne che già alla fine degli anni ’80 lavoravano ad una definizione classista e rivoluzionaria, del “problema” del neocolonialismo e del Sud del mondo, pur se loro lo incentravano, erroneamente secondo me, sul socialismo cubano –BIBL. 51-) e pure alle condizioni di barbarie in cui sono precipitati, dopo il crollo del revisionismo e il successivo processo di impossessamento della loro struttura economica da parte del mix borghesia nera – capitali occidentali, i paesi dell’Est Europeo già socialisti sino al 1956.

Il secondo è dato dalla differenza di regole e trattamenti interni alla UE e conseguenti al diverso grado di sviluppo che si intende sedimentare definitivamente per i paesi dell’ex-cortina di ferro, oltretutto costantemente oggetto di flussi emigratori che in alcuni casi ne hanno ridotto notevolmente la stessa forza-lavoro. Cosa che si può notare anche dall’attestarsi verso una crescita al ribasso dello stesso interscambio dei primi paesi integratisi nella UE (Cipro, Estonia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Repubblica Ceca, Repubblica Slovacca, Slovania e Ungheria), ossia in gran parte del fianco debole del campo socialista. Tant’è che questi paesi, anziché arricchirsi, si stanno impoverendo, come dimostrano i saldi costantemente negativi della bilancia commerciale, i tassi di inflazione più alti che da noi, ed inoltre come dimostra il fatto che non è assolutamente univoco il dato degli investimenti diretti esteri –parliamo di quelli pubblici e non di quelli della borghesia nera che si fa portatrice di fattori di neo-schiavizzazione della forza-lavoro, specie ma non solo, quella femminile- [-BIBL. 50-]

Così come è alla classe finanziaria capitalista ed alle teorie ad essa riferite, che interessa sopra ogni cosa affermare il primato del controllo attraverso le analisi dei loro specialisti, tese a trasformare i paesi terzi in paesi vincolati alle economie occidentali ed alla loro dipendenza di paesi esportatori di materie prime, in particolare energetiche (allo scopo di mantenere una forma di colonialismo post-moderno nel quale la vita delle masse del Tricontinente non ha certo più peso delle quote di greggio garantite alle multinazionali occidentali). Quindi sono influenze borghesi le teorie che portano parte del movimento rivoluzionario in occidente a sottovalutare, al di là delle proclamazioni di principio, la valenza internazionalista e costruttiva che riveste l’operare degli autentici movimenti rivoluzionari nel quadro attuale, portatori dei valori dell’eguaglianza, dell’autodeterminazione dei popoli e della rivoluzione di nuova democrazia. E questo senza voler riciclare le teorie oramai dimostratesi errate sulla “aristocrazia operaia” dei paesi occidentali. Questa a ben vedere, infatti, se esisteva, è in pensione o porta il fric dei dirigenti e bonzi sindacali, mentre la condizione operaia anche in occidente si trova attaccata come il resto della classe con la perdita di garanzie sociali e lavorative, potere d’acquisto del salario, condizioni di vita, nocività del lavoro, età pensionabile, ecc. Le cifre delle stesse statistiche borghesi lo dimostrano: in Italia oggigiorno abbiamo circa 2 milioni e mezzo di famiglie che vivono in stato di povertà, spendendo meno di 824 €uro al mese. E questo spiega ancora in gran parte il ruolo anche di contenimento sociale delle forze di polizia, nelle quali un nuovo assunto in erba porta a casa subito quasi 4 milioni di lire, un salario che un operaio non raggiunge nemmeno a fine carriera, nonostante il tasso di mortalità e di nocività del lavoro attuale sia superiore tra gli operai che tra i poliziotti.



DELLA REPRESSIONE SOCIALE E DEL FASCISMO

La politica filo-padronale e schiavistica inaugurata dal governo fascista-leghista con l’attacco all’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, con i tagli agli “ammortizzatori sociali” e l’assenza di vincoli contributivi alle aziende per i nuvi assunti, costituisce un complesso di misure che pure la sinistra riformista riconosce nei suoi termini spietati e classisti di un continuo logoramento delle conquiste delle masse popolari e della classe operaia lungo gli anni del dopoguerra e fino agli anni settanta. L’irrigimentazione sociale e la falsa opposizione del “centro-sinistra” hanno rivelato la loro tendenza a riconoscersi nei rigidissimi limiti imposti da Confindustria (eretta miracolosamente a forza di “progresso”) in occasione del referendum del 2003 sull’articolo 18 indetto dai neo-revisionisti.

Nel 1985 era stato il “centro-sinistra” craxiano a tradire gli interessi dei lavoratori, d’altronde la “dialettica democratica” non si era interrotta, e la partecipazione elettorale aveva costituito uno scontro sociale, ove la piccola e media borghesia aveva in gran parte sostenuto gli interessi dei capitalisti, ma il proletariato aveva avuto una sconfitta di dimensioni contenute, e, tenendo presente il bacino elettorale del P“c”i, aveva conquistato oltre il 12% dei consensi alla difesa della scala mobile. Nel 2003 invece è tutto l’arco istituzionale, “democratici” di sinistra compresi, a tradire gli interessi dei lavoratori, tanto che la partecipazione al referendum è di un elettore su quattro, e l’affermazione ovvia alla sinistra non cambia nulla portando l’astensionismo all’annullamento del risultato.

Questo dimostra che anche l’ultimo residuo strumento di parziale partecipazione democratica dei lavoratori alla vita politica del paese nelle forme istituzionalmente date, è saltato. E questo per l’atteggiamento di una “classe politica” più simile ai vassalli medievali che ai principi della “democrazia” sabauda dell’unità d’Italia.

Non si capisce quindi quale sia lo “scandalo” dei “democratici” di sinistra per la conseguente politica ringalluzzita degli assaltatori della Costituzione repubblicana, con il progetto di rideterminare parlamento, ruolo delle regioni (con l’avviamento della “devolution” e il progetto di “senato federale”), corte costituzionale (con la riduzione dei seggi scelti dalla Camera dei deputati da minoritario terzo del totale ad un risibile sesto del totale), ruolo del presidente del consiglio e del Presidente della Repubblica, ritorno mitologico alla Roma capitale di imperiale memoria,ecc.

Si comprende quindi come l’esecutivo ai suoi massimi livelli abbia operato certosino e con singolare quanto preordinato tempismoaffinché l’autunno sociale fosse meno conflittuale di quanto la tremenda situazione vissuta dalle masse e della classe operaia, ulteriormente peggiorata dal cambio monetario dell’€uro, avrebbe richiesto.



Il contenimento politico del conflitto sociale, che la questione dell’articolo 18 e del diritto al lavoro hanno riacceso e spostato su un piano più alto anche per effetto dell’intervento rivoluzionario, è oggi il problema che le forze della borghesia ed i sindacati di regime si pongono con forza.

Questo il dato principale delle operazioni controrivoluzionarie dell’autunno e della loro allucinata mediatizzazione, senza ovviamente dilungarci nelle litanie miserabili degli arresi in servizio permanente effettivo nel sistema controrivoluzionario mediatico, che laconicamente si ripetono ad ogni sconfitta tattica della rivoluzione attorno alle “vite sprecate” dei combattenti così come ad ogni azione guerrigliera, attorno alla “follia” della lotta cui essi un tempo sacrificarono energie e vite altrui. Aspetto di cui s’è accorto lo zelante “garantista” Mieli, che con garbata decisione ha licenziato uno di questi “soggetti” dallo spazio del suo organo, così come non ha avuto problemi a difendere la censura di una mostra storica di una fondazione artistica a Berlino che aveva per oggetto il valore delle idee e degli ideali dei militanti della RAF-Frazione Armata Rossa. La borghesia si vendica, mentre il proletariato troppo spesso perdona. La qualità della vendetta la si è potuta apprezzare anche nella mediatizzazione volta a colpire i militanti rivoluzionari fatti prigionieri di recente.

La controrivoluzione ha re-imparato, dopo la fine del regime democristiano, ad essere nuovamente regime, ancora una volta anticostituzionale nei fini reconditi e nelle proclamazioni declarate, così come ad operare “politicamente” (vedi la gestione mediatica e post-piazza della manifestazione del 7 ottobre, con la successiva repressione di settori del movimento antagonista ed istituzionale, non a caso fatta coincidere esattamente sul piano temporale con l’inizio dell’autunno e con le operazioni controrivoluzionarie rivolte contro le BR -come nel 1993 con il bailamme di dichiarazioni dei dissociati e manutengoli di regime contro la lotta armata, sulla sua “emarginazione” ecc., e coincidenti anche alla provocazione contro il mio avvocato) per depotenziare i contenuti dell’autonomia di classe.

Questo tipo di gestione delle “coincidenze” politiche da parte della magistratura inquirente (ossia del B.E.-Blocco Emergenzialista composto dai gruppi speciali delle maggiori polizie compresa quella penitenziaria) è servito al potere anche per demarcare ulteriormente “da destra” nella classe, nei confronti del sindacalismo di base, onde impedire al proletariato di esprimersi autonomamente (NOTA 2).

Oggi in Italia e nei paesi del centro imperialista, le varie avventure criminali dell’imperialismo hanno accelerato la perdita e l’abbandono delle residue forme e spazi democratici, producendo una attività repressiva al totale servizio degli esecutivi, capace di negare diritti di partecipazione politica alle masse, (come con la messa fuori legge di Herri Batasuna e la chiusura di giornali in lingua vasca in Euskadi da parte dello Stato spagnolo), capace di negare agibilità ai sindacalisti invisi ai leccaceli degli apparati “sindacali” di regime, capace di incarcerare e perquisire giornalisti, capace di negare diritti all’equità processuale, capace di permettere la tortura dei manifestanti, di tornare agli assassinii di piazza ed all’uso di gas vietati anche in guerra, ed alla tortura attuata con sistemi tecnologici di controllo mentale nelle carceri, centinaia di assassinii in guanti bianchi, internamenti preventivi e discriminazione razziale degli immigrati, ghettizzazione degli esuli, come avviene in Italia oggi.

Un clima repressivo e di regime cui la “sinistra” della borghesia sa cogliere solo gli aspetti del teatrino di palazzo, presa com’è dalla logica dell’alternanza di regime e della specularità alle scempiaggini del ““premier””.



Il fascismo si dà come caratterizzazione strisciante della tendenza della fazione borghese al potere attualmente del nostro paese, non solo a proposito del governo Berlusconi ma rispetto al quadro politico determinatosi a partire dal golpe interno voluto dalla borghesia imperialista dopo la fase prerivoluzionaria che si era determinata con Tangentopoli [quadro politico che è svoltato in senso reazionario e di fascistizzazione dello Stato a partire dall’emergenza “antimafia” del 1992 fatta pagare anche ai prigionieri rivoluzionari come nel caso della nuova legislazione sulla revisione dei casi cassati dalla CEDU].

Proprio del fascismo è il connotarsi come regime interno, nazionale e specifico, ancor prima del determinarsi di un insieme di alleanze internazionali (che nel 1933 e 1939 videro l'aggiungersi di Germania e Spagna, oltre alla Romania, e poi al Giappone).

Questo regime interno, nel fascismo del novecento, prevedeva il partito unico e i sindacati corporativi quali assi portanti del regime e della formazione del "consenso". Il dato dell'autarchia era necessario al formarsi del fascismo come specificità italiana, e viene meno, se non altro nella prospettiva internazionale del nazifascismo quale espressione di una forma di irrigimentazione fondata pur sempre sul capitalismo imperialista, oltreché nel darsi una propria dimensione internazionale nel colonialismo.

Uno degli assi fondanti del regime politico che in maniera frivola si è voluto denominare dell'alternanza è quello che i sindacati sono sempre più organizzati in un ambito di concertazione a cui le periodiche false sfuriate dei bonzi non tolgono nulla. Questo ambito di compatibilizzazione della lotta di classe, (di legittimità al concorso di farsi carico dei danni, degli scempi, degli sperperi, delle ingiustizie ed infamie sorte dalle necessità di lorsignori, finito il trand positivo del boom, e conclusosi solo apparentemente e con infamia, con “Tangentopoli”, dovuto dalla classe operaia secondo i bonzi della concertazione sorta con l’accordo del luglio 1993, che oggi, dopo la “legge biagi” –col dubbio se sarebbe o meno passata se anziché morirne l’autore fosse andato altrove nell’eternità qualche plenipotenziario e reggente del potere finanziario- non ha bisogno d’altro che dell’abbattimento definitivo dei contratti nazionali collettivi per giungere alla riedizione in chiave postmoderna della riduzione in schiavitù individuale), di demonizzazione non solo delle lotte autonome ma anche della stessa valorizzazione del mondo del lavoro nell'accezione classica costituzionale e revisionista, trova cioè delle contraddizioni con le direzioni sindacali solo sulla carta, mentre in realtà si traduce in una progressiva schiavizzazione del lavoro salariato, in una rincorsa alle origini delle regole dello sfruttamento di parte capitalista.

Non è diverso quanto accade sul piano politico, dove l'uso sempre più disinibito degli interessi addirittura personali della banda al governo del paese non è un vezzo specifico di questa stessa consorteria di poteri, ma invece una regola di progressiva espropriazione del parlamento dalle scelte politiche del paese. La vicenda del TG4, dello scioglimento della commissione per la gestione dei beni espropriati ai condannati per reati di mafia con il suo passaggio alla commissione per il demanio guidata da una familiare di un esponente di area governativa, del decreto "salva-Parmalat", sono solo tre esempi di una normale settimana di regime. Quanto accade sul piano repressivo: con la progressiva gigantesca provocazione e schedatura degli oppositori sociali e politici dietro la scusa della lotta "al terrorismo"; con la espulsione dai sindacati dei compagni solidali con i prigionieri rivoluzionari e con i compagni caduti; con l'uso della stampa in funzione di bollettini informativi delle Questure e dei servizi segreti in chiave di provocazione ed allarmismo crescente; con la politica di ricerca permanente degli immigrati clandestini da cacciare e rimandare in "patrie" dove spesso li attende il carcere o la pena di morte perché dissidenti o con la loro incarcerazione nei Cpt; con l'esponenziale rincorsa alle dichiarazioni allarmistiche (ed addirittura polemiche gratuite) governative riguardanti azioni offensive contro esponenti dell'opposizione. La stessa repressione delle lotte di solidarietà (ed attacco di massa) ai Cpt, ha il connotato di una repressione militare: ai poliziotti e carabinieri in formazione si insegna la sicurezza con un criterio emergenziale e militare che non si comprende quale coerenza abbia ai riaggiustamenti civilistici della sindacalizzazione, carri armati e comportamenti da deportazione sono una prassi che si è consolidata PRIMA ancora dell’avvento al potere di Berlusconi nel 2001. In questo ancora una volta la “sinistra democratica” dimostra la sua mancanza di una linea politica per le forze di polizia, sostanzialmente ancorata al deleghiamo sorto dalla mancata epurazione post-fascista (-BIBL 36-) e dalla gestione stabilizzatasi democristiana per vari decenni del Viminale e della Difesa. Questo vuoto politico rispetto alla contraddizione Classe/Stato si traduce poi in delega al manganello, del tutto succedanea alla canea infame dei magistrati emergenziali (da Caselli a Violante in poi) che dagli anni ’70 si è incaricata di colpire più selettivamente e precisamente i rivoluzionari. Una politica poi del tutto inconsistente rispetto al reticolo di integrazione militar-poliziesca che sta dietro al complesso militare repressivo carcerario, per cui poi ogni tanto gridano allo scandalo (da Gelli a Cosa nostra a Berlusconi) ma ne sottovalutano criminalmente la natura strutturale ai rapporti di potere nel paese, delineandone solo un tratto (al ribasso, verso la manovalanza con natura sociale e non verso l’alto, la struttura burocratica semi-feudale corporativa e non solo –ma soprattutto- statuale, confindustriale, baronale, padronale-finanziaria, militare, scientifica e vaticana del potere).

Tutto questo ed altro ancora caratterizza l'attuale situazione di totalizzante regime isterico e scomposto. Del resto Mussolini non è che sul piano del governo avesse sempre avuto il pieno controllo dei suoi colleghi di gabinetto. L'isterismo e l'esagerazione sono caratteristiche proprie dei governi quando sono in crisi e hanno bisogno di situazioni allarmistiche continue per giustificare i loro crescenti delitti di disonestà nei confronti delle stesse regole interne al regime. E' stato così anche nel 1969-1974, e del resto allora l'avanguardia rivoluzionaria definì "neogollismo" la politica governativa democristiana reazionaria. Il 1969 delle stragi fu la risposta fascista di stabilizzazione politica di regime ad una situazione rivoluzionaria che montava.

Quindi quando parlo di fascismo, da due anni, non condividendo affatto l'assunto abbastanza centrale in chiave tattica secondo cui al movimento di classe sia più utile il governo di centro-destra, non intendo una stantia riedizione del ventennio negli stessi termini, ma prima di tutto in quanto negazione progressiva di quegli spazi di democrazia che furono assunti ancor prima della politica del welfare post-bellico, nella carta costituzionale e in altri provvedimenti legislativi frutto della lotta di classe (semmai il problema del centro-sinistra al governo era quello di poter dare ulteriori scossoni politici all'opportunismo ed alla debolezza del movimento di classe verso un ulteriore suo spostamento politico e di maturazione dato che comunque sul piano della concertazione e del contenimento le due politiche governative sono differenti solo quanto all'arguzia od alla stupidità di certe misure, ma non al contenuto anti-operaio delle stesse).

Del resto alcuni accordi internazionali sanciti per esempio sul piano della collaborazione tra le forze di polizia continentali così come nel campo della giustizia sulla reciproca assistenza nell'estradizione, con la Spagna e con l'Iran, dimostrano che la politica adottata dal governo Berlusconi è sempre più diretta ad una esecutivizzazione di ogni aspetto politico e di diritto, e ad una negazione di ogni garanzia e protezione sociale, finanche alla salute (persino all’assistenza ai disabili che si vuole far ricadere ora parzialmente sulle famiglie), fatto salvo il ricorso alle forze repressive per ogni questione e contraddizione dalla più piccola del litigio condominiale allo sfratto di un singolo inquilino alla più importante e generale della partecipazione alle manifestazioni di massa.

Nella stessa direzione va l'impedimento all'esecuzione giudiziaria nei confronti del capo del governo, la sequela infinita di contraddizioni tra l'esecutivo ed il corpo giudiziario, il progetto di ridefinizione della Corte Costituzionale, il laissez-faire alla monopolizzazione dei media (oramai al 99% nelle mani di pochi gruppi economici, sia sul piano interno-internazionale che sul piano locale: ad esempio gli industriali che possiedono quotidiani in una determinata regione espandono il proprio controllo al possesso di televisioni nella stessa zona). Ma non solo, la omogeneizzazione e sclerosi ripetitiva dei quotidiani nazionali, oramai suonatori all’unisono della stessa musichetta quotidiana, hanno allontanato i cittadini dalla loro lettura, per cui vi è una classe di lettori con 3,4,5 e più quotidiani, una massa di lettori con quotidiani locali, spesso nei locali pubblici, ed una volta allo sport, ma complessivamente con una diffusione che è tra le più basse dei paesi occidentali. Il che spinge di più alla dipendenza dalla televisione, anche qui inflazionata di interminabili cronache locali e di telegiornali fatti con lo stampino, fatti salvi pochi aspetti della giornata politica, su cui ancora si danno differenze. In ogni caso, regola vuole che in Italia i giornalisti non sappiano distinguere pubblicità da notizia, e informazione da commento. La dipendenza storica dei giornali dai grandi gruppi industriali ha fatto scuola, e la timidezza degli attuali organi di informazione della sinistra non colma la necessità delle masse ad una informazione corretta e basata sulle reali esigenze della stragrande maggioranza della popolazione, la classe operaia e lavoratrice.

La politica della polizia postale e informatica dirige non a caso, vista l'identità del capo del dicastero, in una sorta di estensione poliforme del controllo sociale diretta verso il basso (ai "reati" di duplicazione di musica e programmi per esempio) e non certo verso l'alto (alle crescenti forme di spionaggio e controllo totale di cui il mio caso è solo una forma specifica assunta da questa politica nel campo carcerario).

La categoria di fascismo quindi ha un senso, come ha un senso la categoria dell'antifascismo.

E non è un caso che gli attentati contro centri sociali, zingari, sedi di rifondazione, si moltiplichino nella sostanziale sottovalutazione delle forze di polizia, dedite invece ad una iperattenzione per azioni proletarie tutto sommato di basso livello offensivo. Anche questo è un parallelo con quanto avvenne nel 1969 e negli anni seguenti, fino a quando cioè nel 1974 le stragi di Brescia e dell'Italicus, come il campo paramilitare di Avanguardia nazionale ed altri crimini diretti non solo contro il movimento proletario e le organizzazioni della sinistra ma anche contro “forze dell’ordine” non accesero i riflettori anche sulle coperture di cui costoro godevano nell'esercito e nei carabinieri e sui tentativi accaduti dal 1970 in poi di golpe e di allarmi estivi nelle caserme, che si collocavano perfettamente nel campo controrivoluzionario deciso dagli americani e gestito nell'ambito NATO di Stay behind, pur non impedendo a settori istituzionali strategici di continuare ad operare nell'ambito controrivoluzionario sia con azioni di tipo diversivo (come la denominazione provocatoria “rivoluzionari” di certi gruppi di nazifascisti e alcune loro "azioni"), sia con politiche di alto livello di cui attraverso Ustica e la scoperta degli elenchi della Loggia Propaganda 2 si venne a conoscenza.

Del resto il progetto reazionario della P2 si delineava come salto di qualità rispetto alla politica della "maggioranza silenziosa" dei vari De Carolis & C., e non a caso, poiché nei momenti in cui si hanno dei tentativi di spostamento all'indietro delle lancette della storia, i fascisti riemergono direttamente sia nel cuore dello scontro sociale (le fabbriche) sia nel sociale con ferocia crescente.

Pur essendo la lotta tra capitale e lavoro oramai internazionale, "la rivoluzione nel proprio paese" rimanendo nei paesi capitalistici "maturi" un punto di riferimento centrale, si ha che la analisi concreta della situazione concreta nazionale è ancora fondamentale e necessaria. Del resto è stato proprio il tentativo megalomane di Berlusconi e Fini di fare il "colpaccio" con la nuova Costituzione europea a far saltare l'asse Roma - Madrid - Londra in chiave di alleanza con gli USA rispetto alle diverse opzioni sorte prima dell'ultimo assalto a Bagdad in ambito del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.

Rispetto all’autarchia come carattere del fascismo, poi, credo che i tentativi megalomani come il semestre europeo del cavaliere sono appunto una caratterizzazione dell'"autarchia politica" che in qualche modo allude ad un sistema economico particolarissimo e viziato quale è il "mercato del lavoro" e la attuale struttura economica nel nostro paese, del tutto fuori dai criteri degli altri paesi dell'Europa occidentale, molto simili per certi versi alla situazione latinoamericana per altri alla politica criminale e razzista dei capitalisti USA nei confronti della classe operaia nel complesso e delle etnie afroamericana, latinoamericana e asiatica presenti negli States.

Occorre saper demistificare questa analisi dello Stato come un tutt'uno omogeneo. Se questa omogeneità si ha per esempio nella politica di contenimento e repressione della autonomia di classe, non altrettanto si può dire rispetto ad altri argomenti non meno rilevanti anche sul piano repressivo interno, e quindi esistono attualmente due opzioni principali della borghesia imperialista nel nostro paese che si scontrano sul piano della funzione dello Stato e della sua natura di dittatura o di sede della mediazione sociale.

Esaltare specificatamente le categorie proprie della "personalità" dello Stato nel nostro paese significa non cogliere la forte polarizzazione di diverse opzioni e politiche che internamente allo Stato continuano a svilupparsi molto spesso del tutto al di fuori degli ambiti pubblici e parlamentari.

A tutto questo oggi occorre aggiungere le enormi risorse tecniche e tecnologiche del controllo sociale che permettono ai più ignoranti ed idioti torturatori di attuare operazioni di provocazione di lunga durata come l'installazione nel mio corpo o l’uso comunque via radio di strumenti di controllo mentale totale che subisco certamente da quasi 2 anni, o di controllare a distanza le operazioni sui computer di qualsiasi cittadino.

Queste ed altre risorse tecnologiche caratterizzano qualsiasi potere di classe -senza cioè voler basarsi solo sulle caratteristiche viscerali anticomuniste e di banalità del male di questo attuale esecutivo e delle forze reazionarie cui offre spazi (dai vari gruppi nazisti alle escresecenze leghiste nel nord-est, dal gruppo di Freda al gruppo di Rauti fino al nuovo partito della Mussolini)- come regime di dittatura fascista, al di là della forma apparentemente democratica che assume nel sistema parlamentare. Oltre a ciò, la tendenza è, sul piano mondiale, dagli USA al Guatemala, dalla Serbia all'Italia, quella di una progressiva estraniazione delle classi proletarie e sfruttate dalla politica come partecipazione elettorale, determinando un certo crescente "campo libero" ai reazionari pur riaffermando positivamente che non è il parlamento borghese il campo ove il proletariato può liberare se stesso e le altre classi dal giogo capitalista.



Evidente che in questo quadro di repressione di massa e paranoie, nei confronti del movimento rivoluzionario e del movimento comunista si sia proceduto con inusitata violenza e fantasmagorici dietrologismi, tornando persino alla criminalizzazione degli anarchici.

Dietro a tutto sta la guerra sporca (fatta anche con attentati misteriosi e diretti indiscriminatamente alla popolazione civile - atti non rivendicati nelle città di Torino, prov.Padova, Ancona, Firenze e Perugia, nel 2003) come necessario prodotto del canceroso stato in cui versa l’esecutivo, quindi la diffusione e generalizzazione della violenza istituzionale, dei sequestri, dell’abbattimento di stabili occupati, delle cariche contro cittadini inermi, degli arresti pianificati in seguito a conflitti di piazza, delle campagne di criminalizzazione finanche dei movimenti antagonisti più vicini al quadro istituzionale, e di quelle per la “cattura” di ex-rivoluzionari ora cittadini inoffensivi in Francia od altrove, da gestire come “operazioni” importanti con gradi e premi agli inquirenti, e soprattutto immagine di uno Stato che “sa” vendicarsi dei “reati” di 30 anni fa, perché, con logica prettamente mafiosa, sa far vedere che il proprio Potere è efficiente ed implacabile.

Il tutto con un’apologia di bandiera delle forze repressive che non pare scalfita dalle numerose indagini su fatti gravissimi che pure a volte squarciano il velo dell’omertà di regime (condizioni illegali di sequestro di persona e negazione dei diritti della dignità della persona nei CPT, episodio della scuola Diaz di Genova, caserma Bolzaneto a Napoli, scorta Biagi, associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti dei ROS di Ganzer, bordello carcerario per agenti a Voghera, massacro di Sassari, suicidi e morti inspiegabili nelle carceri, ecc.), e che pare assolutamente eccessiva di fronte alle declamatorie di rispetto del diritto, fino ad evitare la sospensione dei massacratori / massacratrici di Bolzaneto “fino a sentenza definitiva” (Castelli). Apologia che del resto fa pensare alla costituzione di un regime delinquenziale (viste anche le componenti economiche che si sono impadronite dell’esecutivo) e di polizia innervato solo su alcune componenti reazionarie della Magistratura e conflittuale alla prosecuzione di norme economiche di contrasto alla mafia (cambiamento di gestione dei beni sequestrati), ma d’altra parte favorevole alla prosecuzione dell’“emergenza” (41 bis amministrativo, no a giusto processo per i reati speciali, ecc.) a dimostrazione del carattere classista e penalizzante verso i proletari del sistema della “giustizia” di parte, ancor più di parte che nel sistema della “solidarietà nazionale” e di “Tangentopoli”.

L’unitarietà attuale del regime dello stato di polizia è ben caratterizzato negli ultimi esecutivi dalla presenza di Caselli al DAP proveniente da EuroGiust e quindi tornato alla superprocura piemontese, sostituito da un procuratore della DIA, dall’istituzione dell’UGAP con a capo un ex uomo del SISDE, dai vari rimescolamenti ai vertici dei servizi con la loro diretta esecutivizzazione al capo del governo, e dal passaggio di consegne alla Farnesina con la promozione dell’ex capo di F.I. al comitato di controllo sui servizi segreti, per fare due esempi recenti.

La schizofrenia con cui ogni contestazione politica e sociale si traduce in allarme per la sicurezza nazionale, quasi a caratterizzare le “sensazioni” di pericolo del sistema come dovute all’uso di un esponente matematico dei desideri più fantasiosi del più creativo situazionista, il che, in tempi di “controllo mentale”, potrebbe rappresentare una chiave interpretativa di quale sia il “livello”dell’intelligence nazionale … in realtà, la borghesia imperialista ed il suo sistema di controllo dell’informazione ha ben chiaro che la anticipazione di un fatto può essere utile come il fatto stesso, al che alla politica stragista del 1969-1984 e 1992-1993 si sostituisce ora la politica della simulazione stragista e del continuo allarmismo sulle componenti islamiche, da usare come volano per acquisire (come nel caso della montatura della Procura milanese con l’suo strumentale di un debole prigioniero e calunniatore vendutosi al sistema) ulteriori spazi di negazione dei diritti e della giurisprudenza in materia di libertà personale e di privacy, e questo al di là dell’utilità o meno che potrebbero avere in clima elettorale (Aznar l’ha pagata) determinate situazioni stragiste che in passato invece permettevano al quadro politico istituzionale una maggiore stabilità. Per quanto “per i proletari non cambi nulla” chi comanda in parlamento, in realtà la presenza arrogante di governo fascisti nell’Europa dell’ultimo decennio non è ininfluente nello scontro di classe e nelle condizioni di sopravvivenza del popolo.

Evidentemente gli apparati hanno ben chiaro il dato ideologico da perseguire (la resistenza delle masse in tutte le sue forme, le lotte sindacali di base e l’autorganizzazione con l’istituzionalizzazione dei ‘sindacati buoni’ e l’espulsione dei ‘soggetti eversivi’, la scuola, con il divieto di manifestare ai bimbi, la privatizzazione, la paventata fine del tempo pieno). Il modello sociale è clerical-fascista, salvo ratificare la trasgressione dei lap-dance e dei club-privée. Chi non ha i soldi per mantenere i bimbi, se li vede togliere, ecc. Insomma una realtà stravolta e deformata da uno Stato che solo macchina repressiva, che non ha nulla da insegnare e da dare ai lavoratori, una realtà a metà tra Roger Rabbit e Matrix, ma in versione “noir”.



DELLA REPRESSIONE DEL MOVIMENTO RIVOLUZIONARIO E DELLA VENDETTA BORGHESE

I colpi che il movimento rivoluzionario, dopo una lunga fase di discontinuità ed arretramenti, ha iniziato ad assestare in maniera diffusa e con azioni di propaganda proletaria, al quadro degli interessi borghesi e capitalistici sono sufficientemente coerenti e scanditi nel tempo da scatenare di volta in volta il livore della borghesia nelle forme più esagerate, sì da spingere il governo ad una tolleranza sempre più sotto lo zero nei confronti di giornalisti e comici di regime tutto sommato moderati.

Cosìcome si è dimostrato in cinque anni di follie medianiche (da Camon a Pellegrino, per capirci) ispirate dai soliti inquisitori “antiterrorismo” che gli attacchi e la criminalizzazione dei prigionieri rivoluzionari (in quanto ostaggi, impossibilitati ad andare oltre la difesa e l’affermazione di Identità Politica) erano funzionali, così come ogni altro atto repressivo e di propaganda di regime, solo a soddisfare il sentimento logorroico di vendetta a senso unico di questo Stato di polizia al servizio dei padroni e dei ladri d’alto bordo (cui le disavventure giudiziarie episodiche nel tempo stile Parmalat non mutano sostanza, finalità, strutture e rapporti di potere).

Sentimento di “vendetta” del tutto parziale e corporativo, espressione di ceti politici marginali e fascistoidi (come la Lega) che sono però funzionali con le loro politiche deviazionistiche dai reali problemi popolari, alla maggiore concentrazione di potere nelle mani delle frazioni dominanti di capitale (cui Confindustria si adegua storicamente solo in parte mantenendo un ruolo-cerniera fondamentale alla “tenuta” politica della borghesia nel suo complesso), che punta a stabilire per i rivoluzionari prigionieri e finanche per gli ex-rivoluzionari d’un tempo, ma non troppo preoccupato se a torturare le persone da parte della CIA sono persone dell’altro sesso), il criterio dell’abiura come unica possibilità di uscire dal carcere, criterio esteso oramai a tutta la “devianza”, sovrapposto alla legge in vigore sulla base dei criteri di “tutela della collettività” e della “sicurezza” (ossia la funzione del carcere dal recupero e socializzazione alla rivendicazione di tutto il complesso carcerario come zona di annientamento e costruzione di collaborazionismi diversamente articolati), mentre sul piano delle condizioni di vita si assiste ad un degrado e ad una riduzione progressiva di ogni diritto sancito per legge, oltre all’azzeramento scientifico di ogni differenza (livellamento ministeriale).

Analogamente funzionale a questa situazione è la distanza abissale tra la coscienza che la “società” ha della sua condizione disgraziata, e la rappresentazione mediatica, data oramai da un monopolio pressoché asfissiante degli organi di informazione da parte di pochi centri economici.

Questo perché è in atto una battaglia tra le frazioni di borghesia imperialista nel nostro paese tale per cui il processo di fascistizzazione del regime, (il linea alla tendenza imperialista americana ma iniziato subito dopo il “successo” elettorale ma prima dell’undici settembre), ha subito una accelerazione ancor più marcata di quella determinata dalle recenti avventure criminali yankee.

Di questo processo è interessante l’emergere degli scandali finanziari (di sottrazione di capitali) di importanti gruppi economici nostrani, e il ridimensionamento del ruolo Fiat, così come la spinta ad una privatizzazione selvaggia, ad una defiscalizzazione progressiva, ad un cambiamento di ruolo delle Regioni da amministrazione locale ad ulteriore potere sulla pelle dei proletari, tutto questo e molte altre cose danno il segni di una linea di confine incerta e fragile in cui si pone oggi l’Italia, a metà tra il ruolo di paese imperialista e di regime dittatoriale latino-americano, aspetto questo dimostrato anche dalla tendenza in USA con Schwarzenegger oggi ed un tempo con Reagan, ed in Italia con Berlusconi, a porre ai ruoli di potere degli stupratori e dei buffoni.

In questo senso anche l’adesione incondizionata, unica in Europa dopo la caduta del fascista Aznar in Spagna, del governo in carica verso le politiche degli USA, maggiore Stato imperialista terrorista della storia dopo Roma, e sede della pianificazione dei peggiori crimini contro l’umanità dalla liberazione di Berlino dal nazismo in poi.

Nel caso della guerra di conquista dell’Iraq, ancora in corso, l’esito della sconfitta e detronizzazione di Saddam Hussein è stato diverso da come avrebbero voluto gli americani. I partiti comunisti sono usciti dalla clandestinità. Gli sciiti con le loro rivendicazioni sociali. La guerriglia operata dalle forze della Resistenza contro la “pace” armata imposta al popolo iracheno dalle forze armate dei paesi imperialisti (compreso il nostro), e che assalta ogni genere di casamatta, caserma, colonna militare in movimento, pattuglia operativa, struttura legata alle forze dell’occupazione, e libera i prigionieri dalle carceri in cui stanno stipati migliaia di cittadini iracheni inermi, miete centinaia di vittime tra i soldati occidentali, ma questo interessa poco al petroliere Bush, perché non sono figli suoi, quelli che muoiono in guerra, né quelli morti il 11 settembre 2001, per mano di volontari del suo ex-socio Bin Laden, come è ampiamente documentato dalla storia afghana e dei rapporti tra le due famiglie. Anche nel caso dell’Iraq, la situazione attuale pare essere precipitata in termini economici ed imperialistici al periodo seguito alla prima guerra mondiale, quando gli occidentali iniziarono ad imporre la propria politica, i propri eserciti ed i propri “diritti” sui pozzi petroliferi, al popolo ed alla nazione irachena.