XIII. .DELLA SITUAZIONE ATTUALE DI OFFENSIVA IMPERIALISTA
E DELLA SITUAZIONE RIVOLUZIONARIA IN SVILUPPO (parti in rosso: 2006)
Per questo oggi, quindici anni dopo l’aggressione dell’Iraq, cinque anni dopo l’invasione dell’Afghanistan, dopo tre anni dall’ultima occupazione militare dell’Iraq, che segue 85 anni di rapina petrolifera anglo-americana nell’area, sette anni dopo i macelli dei bombardamenti sulle inermi popolazioni serbe, tredici anni dopo l’occupazione militare fallimentare della Somalia (NOTA 27), otto anni dopo le “rappresaglie” americane su Khartoum, venti anni dopo i bombardamenti su Tripoli, ventisei anni dopo la strage di Ustica che ha segnato con il suo decorso giudiziario la dimostrazione dell’affermazione delle forze segrete e clandestine dei servizi al potere effettivo dello Stato, e nemmeno dopo un decennio dopo la strage del Cermis, lungo il quale nessuna forza politica istituzionale ha rivendicato apertamente (come invece il Pci negli anni ’60) la chiusura delle basi americane in Italia e l’uscita dell’Italia dalla Nato, e via dicendo, Grenada, Haiti, Panama, e oggi ancora gli interventi di consiglieri e truppe speciali in Nepal e Filippine, la creazione di basi militari imperialiste americane in territorio di guerra popolare come in Perù ed Ecuador (ove la lotta di classe degli operai e dei contadini indios sta assumendo un carattere esplicitamente rivoluzionario) ed in aree di guerra di liberazione nazionale come in Colombia, ed il loro appoggio da sempre riconfermato alle formazioni paramilitari stragiste, che ammazzano selettivamente i dirigenti comunisti, i sindacalisti ed i preti invisi ai capitalisti ed alle consorterie, non solo mafiose, della borghesia compradora, e massivamente intere popolazioni contadine ed agli eserciti delle dittature e dei signori della guerra dei paesi del Tricontinente ricchi di risorse energetiche, minerarie e diamantifere, ecc., tutto ciò non può smentire in alcun modo le ragioni di chi combatte armi alla mano l’imperialismo, schifando giustamente i falsi secchielli umanitari “a svuotare” il mare dell’infamia dell’occidente che candide e laide mani episcopali e di giovani professionisti illusi di servire così al progresso “dando una mano” porgono a bimbi morenti causa i loro stessi mandanti politici ed economici (illusione che i media ben alimentano e non da oggi), né può smentire chi si “permette” di chiamare l’Italia, fedele scudiero di mamma-Washington, Stato Imperialista (NOTA 28).
Stato Imperialista nelle relazioni internazionali e nei rapporti economici con la stragrande maggioranza dei paesi del mondo, stato gendarme sul piano interno, ma sempre più arena della spartizione dei dividendi del profitto tra le formazioni della Borghesia Imperialista a questo stadio del modo di produzione capitalista, sempre più interconnessi nell’ambito della catena.
· Attualità dell’analisi leniniana sull’imperialismo che nessuno può smentire. Tanto più che il quadro internazionale pare PROPRIO retrocesso a quello di 90 anni fa, dopo il crollo del revisionismo nei paesi dell’Est Europeo che furono socialisti sino alla metà degli anni ’50 del secolo scorso.
· Attualità delle tesi dell’avanguardia comunista combattente degli anni settanta (NOTA 29) sullo Stato Imperialista delle Multinazionali che non può certo essere smentita oggi, un quarto di secolo dopo, come volevasi dimostrare per la intrinseca scientificità ed oggettività del processo storico, come sempre e per sempre.
· Situazione rivoluzionaria in sviluppo sul piano mondiale e controtendenza militarista dell’imperialismo che si confrontano a livello mondiale nella in una lotta di resistenza antimperialista dei popoli che di fatto è una guerra antimperialista alla barbarie militarista e guerrafondaia dell’imperialismo americano (NOTA 30).
Quei marxisti-leninisti che oggi insistono a smentire la analisi della situazione rivoluzionaria in sviluppo, della tendenza alla rivoluzione proletaria mondiale in atto, e a sminuire l’importanza, sino a denigrarla con denominatismi demonizzanti di “linpiaoismo” dovrebbero riflettere molto bene prima di sputare sentenze fondate su un’impianto politico che non ha ancora capito che il centro della Rivoluzione mondiale oggi non sta né in Europa né in Russia.
È il marxismo-leninismo-maoismo oggi ad essersi affermato scientificamente oltre ogni sentimentale incertezza come il marxismo al massimo punto sinora raggiunto dallo sviluppo storico della lotta del proletariato mondiale (unica classe) per il comunismo (unica società mondiale), attraverso le sue conquiste più recenti della teoria materialista dialettica e della contraddizione, della teoria scientifica della guerra popolare rivoluzionaria e della rivoluzione culturale proletaria, che sono state negli anni sessanta e sono storicamente ancora oggi la base fondante di ogni movimento autenticamente rivoluzionario.
Nell’analisi non si può correre dietro alle “certezze” del passato (l’URSS, la linea di demarcazione Est/Ovest intesa come cortina di ferro anziché come occidente/oriente, oggi l’attesa messianica nella rivoluzione in Russia dove il capitalismo sta diffondendosi come la malaria e dove la popolazione cala anziché crescere proprio perché per affermarsi il capitalismo ha bisogno di stabilizzarsi e non può farlo in un sistema di depredazione innestato sul fallimento del burocratismo revisionista che ha distrutto il socialismo in costruzione sino al 1956, e dove al popolo restano solo le radici delle patate).
Chi lo ha fatto, ne ha pagate politicamente le conseguenze, come dimostrano i dati di fatto.
Questo non significa non essere solidali con i partiti comunisti ricostituitisi dopo il crollo del revisionismo o con quelli in costruzione nei paesi già socialisti, ma significa non dare loro la stessa importanza che i comunisti di tutto il mondo davano al Partito bolscevico durante il quarto di secolo di vita della Internazionale Comunista.
Ciò che conta è il patrimonio storico che non può essere cancellato perché vive nella lotta continua del proletariato e della classe operaia e continuamente si trasmette di generazione in generazione senza perdere la memoria storica di ciò che è stato ed anzi spingendo ad un grado più elevato di maturità la lotta rivoluzionaria.
L’ideologia proletaria è oggi come sempre una nostra arma potentissima, che noi comunisti dobbiamo saper impugnare nel popolo e tra i proletari perché è il frutto primo e più alto del sangue versato dai nostri compagni lungo tutto lo sviluppo storico della classe operaia e del proletariato e delle classi oppresse. Rifarsi all’ideologia come arma e strumento dell’analisi e della lotta significa fare l’analisi corretta e giusta della situazione concreta.
Per questo, come già negli anni sessanta, chi si caratterizza storicamente come anti-maoista non può andare da nessun’altra parte che nei rigagnoli secchi di una memoria che non vuole riadeguarsi ed uscire una volta per sempre dal mefitico euro-sciovinismo (base fondante del sopravvissuto social-sciovinismo ed anche del defunto socialimperialismo revisionista). Deviazione euro-sciovinista che nessun comunista occidentale può permettersi oggi senza porsi fuori dal fronte concreto che oppone i popoli ed i proletari ai capitalisti ed al militarismo assassino imperialista.