Se qualcuno avesse avuto ancora dei dubbi sull’assoluta inutilità
della manifestazione indetta da una parte della cosiddetta “sinistra radicale”
per il 20 ottobre prossimo, il Mortadella li ha fugati tutti la sera del 17
settembre, intervenendo alla trasmissione televisiva di Rai Uno “Porta a Porta”.
A precisa domanda del conduttore - Bruno Vespa - se pensa
che la manifestazione del 20 lo indebolisca, il presidente del
Consiglio dei ministri risponde «non ci ho neanche pensato, non vedo pericoli
di rottura, di deflagrazione» e ribadisce la sua convinzione circa la bontà
delle misure prese dal suo governo, non concedendo nulla alle richieste dei ‘promessi
manifestanti’.
Sul protocollo del benessere arriva a sfidare persino il senso del
ridicolo asserendo che «queste misure sono state prese positivamente dai
lavoratori che dovranno decidere con il referendum» - su questo punto anche
Rc-Se sembra essere d’accordo tanto di non schierarsi apertamente nella
battaglia per il no, mentre su altre questioni tira dritto per la sua strada.
Sulla questione TAV ribadisce che si farà - «non perderemo né
soldi né tempo»; dà la propria approvazione alla costruzione dei
rigassificatori, vere e proprie bombe ad orologeria sempre a rischio incidente
e conseguente catastrofe ambientale; persino sul tema dell’utilizzo dell’energia
nucleare si schiera dalla parte della destra della coalizione, auspicandone la
reintroduzione a partire dal 2030 - sdoganando quindi l’affermazione fatta in
tal senso del ministro per lo Sviluppo economico Pierluigi Bersani.
A questo punto ci sorge spontanea una domanda: visto l’atteggiamento
di totale chiusura da parte del Dittatore democristiano nei confronti delle istanze
della cosiddetta “sinistra radicale” - cosa d’altro canto scontata visto che il
corteo servirà solo a chiedere all’esecutivo di attuare il programma escludendo
a priori una crisi di governo - a cosa, e soprattutto a chi, serve tale mobilitazione?
La cosa più seria che potrebbero fare, Giordano ed i suoi accoliti,
sarebbe quella di ripensarne i contenuti e gli obiettivi, per prospettare al
Maratoneta emiliano la possibilità di una crisi di governo nel caso egli continuasse
ad ignorare le richieste della “sinistra” della coalizione: purtroppo non sarà
così, questi signori non vogliono in alcun modo rischiare di perdere il
cadreghino sul quale sono seduti, quindi non si possono permettere di tentare
prove di forza.
Stando così le cose, però, non si vede perché mai un militante -
ed ancor più un semplice iscritto o simpatizzante - dovrebbe spendere dei soldi
per recarsi ad una manifestazione che, allo stato delle cose, non ha alcun senso.
Rifondazione corre il rischio di cadere in un altro tragico errore
come quello della piazza statica in occasione della visita in Italia di Bush,
solo che forse questa volta non rialzerebbe la testa tanto facilmente. Per i proletari non sarebbe certamente una
tragedia, ma per la “Casta rossa” - definizione data da Marco Rizzo (PdCI) di
coloro che sono attaccati morbosamente al loro scranno - sarebbe certamente l’inizio
della fine.
Stefano Ghio
Torino, 18 settembre 2007