La “Cosa rossa” è una - per ora immaginaria - federazione dei
partiti della cosiddetta “sinistra radicale”: Rc-Se, Pdci, Verdi e Sd.
Sono mesi che gli stati maggiori di queste quattro formazioni
annunciano la prossima nascita di questo presunto soggetto unitario da
contrapporre al disegno neodemocristiano portato avanti dal leader del Pd,
Uolter Veltroni. Più il tempo passa, però, più è difficile intuire quali saranno
i contorni di questa nuova creatura della sinistra revisionista e
socialdemocratica, in certi casi persino liberaldemocratica, italiana.
“la Repubblica” del 23 ottobre riporta, a pagina 9, un’intervista
di Umberto Rosso a Paolo Ferrero, nella quale il ministro rifondarolo valdese
afferma che si tratterà di una «federazione tra Rifondazione, Pdci, Verdi e Sd
con un suo simbolo. La chiamerei “La Sinistra”. Punto. Senza bisogno di
simbolismi particolari (ecco scodellata l’abiura ai simboli del lavoro, n.d.a.)».
Diametralmente opposto è il ragionamento del segretario del Pdci,
Oliviero Diliberto, sul “Corsera” del giorno precedente, a pagina 10 nell’intervista
rilasciata a Gianna Fregonara: «Io non rinuncio ai simboli del lavoro (forse per
non perdere quel 2-3 per cento di voti che assicurano nell’urna, come insinua
Daniela Preziosi sul “manifesto” del 23 ottobre, n.d.a.). E anche la
confederazione dovrebbe averli nel suo simbolo». La posizione dei Verdi è nota
da tempo: per loro la confederazione deve avere un simbolo della sinistra arcobaleno
senza alcun riferimento alla tradizione del vecchio Pci revisionista perché,
come disse tempo fa il portavoce - nonché ministro dell’Ambiente - Alfonso Pecoraro
Scanio, «noi Verdi non siamo disponibili ad entrare in una specie di Pci
formato bonsai»; da parte sua Sd si dichiara da sempre socialista - anche se
occorre ricordare che la stragrande maggioranza dei suoi aderenti proviene
dalle file dal Pci revisionista - e non crediamo sia disposta ad accettare
simboli comunisti. Se queste sono le
premesse, quando ci sarà da discutere del programma comune ci sarà da
divertirsi, come dimostrano le differenze già emerse su alcune questioni come
il benessere e la guerra.
Stefano Ghio
Torino, 23 ottobre 2007