La repressione continua a colpire il nostro compagno Paolo Dorigo, da 5 anni scarcerato e tuttora in attesa di un processo che l’Italia non vuole svolgere, e che nemmeno le richieste della Corte di Appello di Bologna del dicembre 2008, volte a smuovere la pilatesca Corte Costituzionale, sono riuscita ancora ad ottenere.
Ora come se non bastasse, tre processi iniqui e quasi 16 anni di detenzione per un compagno di 51 anni, senza un processo corretto od una condanna valida, abbiamo avuto anche un giudizio di “inammissibilità” emesso dalla Corte di Cassazione nel 2003 su un suo ricorso in detenzione contro il sequestro di corrispondenza a lui diretta in carcere a Spoleto, corrispondenza del cui blocco non era stato informato come da leggi vigenti, dal Magistrato di Sorveglianza di Spoleto stesso. Tale giudizio di “inammissibilità” era stato emesso alla presenza di un avvocato d’ufficio romano, tale Ruffo, da Paolo mai conosciuto e che a Paolo non ha fatto mai neppure un telegramma. Paolo si era opposto al pagamento di 1000 euro di ammenda, in quanto non aveva mai potuto esercitare il proprio diritto di difesa in relazione a quel procedimento, avvenuto nel dicembre 2003.
Nel 1993 Paolo venne arrestato su delazione di un membro della malavita pordenonese, che aveva incidentalmente conosciuto in quanto conoscente di alcuni ex prigionieri politici, ed è rimasto in carcere sino al 2005, “grazie” ad una condanna a 13 anni e 6 mesi per reato associativo e connessi, in relazione alla azione condotta contro i dormitori della base USAF di Aviano il 2.9.1993 e firmata dalle BR.; è stato poi ai domiciliari per un anno fino a quando nel 2006 la Corte di Assise di Appello di Bologna ha recepito la sentenza CEDU del 9.9.1998 che considerava iniquo ed invalida la procedura processuale seguita dalla Corte di Assise di Udine, dalla Corte di Assise di Appello di Trieste, e dalla Corte di Cassazione.
Tra il 2002 e 2004 Paolo avviò una dura lotta fatta di lunghi scioperi della fame, tesa ad ottenere degli esami medici in strutture ospedaliere ordinarie (e non sotto la direzione dei medici penitenziari), che continua ancor oggi, dopo gli esami “positivi” del settembre e novembre 2005 e la successiva refertazione del 2007, che dimostrarono la presenza nella sua testa di corpi estranei.
Nel 2005, per bloccare questa protesta, furono attivate tutte le forze politiche, che tendevano a stravolgere il movimento di solidarietà e di opinione attorno al suo caso, nascondendo questa questione e portando tutto sulla necessità di una revisione processuale. Tra queste forze, il Sindaco di Venezia, che promise che Paolo sarebbe stato “aiutato” a “reinserirsi” nella sua città.
Nel frattempo, nessuna di queste forze, e nemmeno il Sindaco Cacciari, è riuscita od ha voluto, neppure sotto il governo Prodi (2006-2008) ad avviare una lieve modifica legislativa che permettesse la revisione dei casi di ingiusto processo anche ai casi precedenti all’entrata in vigore delle modifiche Costituzionali e procedurali penali avvenute proprio sul caso di Paolo !
Paolo ha creato una associazione di vittime di questi trattamenti di tortura tecnologica, e nonostante un libro presentato in tutta Italia nel 2006, anche dal sen.Russo Spena, non si è mossa apertamente nessuna forza istituzionale o “sociale”, nemmeno tra quelle che nel 2004 erano “scese in campo” per “sostenere” apparentemente Paolo, mentre le forze proletarie che avevano dato sostegno alla sua lotta, non hanno potuto molto in una situazione come questa.
Anziché essere “reinserito” socialmente a Venezia “dal Sindaco” Cacciari, Paolo ha continuato la militanza nel proletariato, conducendo anche importanti battaglie sindacali in cui è tuttora impegnato, e non ha avuto alcun aiuto dal Sindaco di Venezia né da quello di Mira.
Essendo praticamente con un reddito vicino allo zero e sostenuto dalla sua famiglia d’origine, ed essendo impedito a trovare un lavoro visto che prima dell’arresto del 1993 era un esperto informatico in ambito di medie aziende utenti IBM, Paolo aveva chiesto la remissione del debito al Magistrato di Sorveglianza di Venezia.
L’udienza si è tenuta ieri, ma il Magistrato di Sorveglianza di Venezia non ha colto la straordinaria occasione di poter eccepire un “mostrum” giudiziario, in quanto comunque sia, una sentenza di Cassazione non è appellabile. Al massimo Paolo potrà avere una rateizzazione da pagare di questa somma.
In pratica, un errore della Magistratura di Sorveglianza, è stato giudicato non emendabile dalla stessa Magistratura di Sorveglianza.
(25-3-2011)