Firenze, 21 aprile 2007, Palamandela: muoiono i Democratici di
Sinistra, nasce il Partito democratico.
Potrebbe essere questo, in estrema sintesi, il titolo da dare ad un
eventuale ad un eventuale libro su quella che è stata una delle peggiori
sciagure del ‘900: la fine del vecchio PCI revisionista e la nascita del Pds, contestualmente
al Movimento per la RC, successivamente trasformatosi in partito.
Riteniamo, senza paura di essere smentiti, che sia stata una
sciagura perché questo cataclisma, voluto dalla dirigenza occhettiana, si
riflesse pesantemente anche su quello che, all’epoca, era il vero partito della
classe operaia: il P.C.d’Italia(m-l) il quale, il 15 settembre del 1991 - in un
drammatico congresso straordinario tenutosi a Roma - decise l’autoscioglimento,
per mettere a disposizione del nascente PdRC i compagni e le strutture del
Partito; va detto, peraltro, che la compagine allora guidata dal segretario
Sergio Garavini e dal presidente Armando Cossutta si espresse in maniera
inequivocabile contro l’ingresso dei compagni m-l nella nuova formazione politica
revisionista.
L’intenzione sopra esposta dei dirigenti revisionisti, fu ben
chiarita all’assemblea di costituzione del movimento per il PdRC tenutasi al
teatro Verdi di Genova Sestri Ponente nel 1991: in quell’occasione il
sindacalista torinese si espresse chiaramente dicendo: <I m-l non entreranno
mai in Rifondazione> facendo togliere, da parte del servizio d’ordine, lo
striscione dei compagni del Comitato Nazionale di Ricostruzione del Partito
Comunista d’Italia (Marxista-Leninista) che erano intervenuti; furono poi gli
stessi compagni del Comitato di Oleggio ad incaricarsi della rimozione dello
striscione poiché, conoscendo i modi bruschi del servizio d’ordine - composto in
toto da persone provenienti dalla galassia trockijsta di DP, PdUP, LCR e quant’altro
- temevano per l’incolumità dello stesso.
Nel frattempo nasceva e si sviluppava il Pds, l’invenzione dei
giovani dirigenti del vecchio PCI revisionista che rinnegavano la loro storia
per dare vita ad una formazione apertamente socialdemocratica; per fare questo,
quelli che ora si ritengono così tanto democratici, dopo la morte di Enrico
Berlinguer e l’elezione di Alessandro Natta alla segreteria del loro partito,
attesero come avvoltoi che l’anziano leader imperiese avesse un infarto per ‘farlo
fuori’ e mettere al suo posto Achille Occhetto, con l’intento di porre fine
alla storia del PCI revisionista. Ma
siccome, evidentemente, questo non poteva bastare né a loro né tantomeno a chi
li comandava da dietro le quinte, i vari dirigenti negli anni pensarono bene di
rendere il loro partito sempre più in linea con i ‘desiderata’ degli yanqui, e
trasformarlo in un semplice comitato elettorale: dapprima - elezioni 1996 - con
la sparizione del sostantivo partito, poi - e siamo all’oggi - con la
riapparizione dello stesso per far sparire il termine sinistra, in modo da
costruire a tutti gli effetti una compagine ‘amerikana’, attuando così il
grande sogno di Mr. Weltrony - da sempre, per sua stessa ammissione, kennediano
e non comunista. Occorre a questo punto
aprire una parentesi e dare ragione ad Aldo Tortorella, coordinatore dell’Associazione
per il Rinnovamento della Sinistra, che - come riporta Carla Casalini a pagina
5 del “manifesto” del 21 aprile - afferma che <il fatto che la maggioranza
di un partito che volle essere di sinistra sia stata portata a credere che si
può essere di sinistra solo negando la parola stessa, non è un paradosso: è il
risultato di un’opera di lunga lena in cui è stato presentato come ‘nuovo
pensiero’ un ritorno al passato, il pensare il liberalismo senza il
socialismo>. Bene han fatto, Fabio
Mussi e Gavino Angius, a non aderire alla nuova formazione per rilanciare l’unità
di tutti coloro che si richiamano alla socialdemocrazia; è possibile,
attraverso questa operazione, che ci sia una chiarificazione su quali sono gli
intenti reali di coloro che stanno a sinistra del Pd: da una parte Enrico
Boselli ed i suoi compari dello Sdi - con la partecipazione di una parte del
Nuovo PSI - dall’altra Mussi ed i suoi accoliti socialisti che si attendono la
scontata adesione all’area di Bertinotti ed i suoi corrèi.
Finalmente un’opera di ‘igiene politica’: secondo tutti questi
signori il comunismo è morto e sepolto, al massimo ci si può definire
socialisti; si aprono praterie sterminate su cui intervenire, come comunisti,
anche per dimostrare a questi signori che l’ideale, nonostante loro, è ancora
ben vivo!
Stefano Ghio
Torino, 21 aprile 2007