EFFETTI
DELLE SENTENZE DELLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL'UOMO
VIA LIBERA DEL
CONSIGLIO DEI MINISTRI AL DDL PRESIDENZA-GIUSTIZIA
DA quanto mi ha spiegato l'avvocato Trupiano, la mia situazione non è molto influenzata da questa legge, poiché siamo già in ricorso in Corte Costituzionale, ma per il futuro ed altri casi, andrebbe rilevato che la magagna fondamentale della legge è di fatto "normare" un DOVERE DELLO STATO (la revisione sui processi cassati dalla CEDU) in un "opzione" di imputato o Procuratore, che devono fare istanza entro 3 mesi dalla sentenza italiana emessa sulla sentenza CEDU (come la citata del 1-12-2007) pena la perdita dell'"opzione".
Appunto in Italia la "giustizia" è un'opzione.
3 agosto
2007. Palazzo Chigi. Nella riunione
del Consiglio dei Ministri approvato, fra gli altri, il disegno di legge
Presidenza-Giustizia in materia di Revisione del processo a seguito di
sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo.
Le “Disposizioni in
materia di revisione a seguito di sentenza della Corte europea dei
diritti
dell’uomo”, approvate
oggi dal Consiglio dei Ministri, introducono nel codice di
procedura
penale la possibilità di
revisione delle sentenze di condanna che, secondo la Corte
europea
dei diritti dell’uomo,
abbiano violato le fondamentali garanzie di difesa o il principio
del
contraddittorio previsto
dal nostro ordinamento (articolo 6, paragrafo 3, della
Convenzione
per la salvaguardia dei
diritti dell’uomo).
Intervenire in questa
direzione era necessario e urgente.
Il sistema processuale
italiano attuale non prevede, infatti, specifici meccanismi di
adeguamento alle indicate
decisioni della Corte Europea mentre la Corte di Cassazione
(sentenza Dorigo del
1.12.2006) ha affermato che «… la prolungata inerzia
dell’Italia
corrisponde alla
trasgressione dell’obbligo previsto dall’articolo 46 della Convenzione
di
conformarsi alla
sentenza definitiva della Corte europea e, quindi, costituisce
una
condotta dello Stato
italiano qualificabile come flagrante diniego di giustizia».
Nella stessa pronuncia,
la Suprema Corte ha stabilito che, in casi come questi il giudice
dell’esecuzione deve
dichiarare che la sentenza di condanna non può essere eseguita.
Il disegno di legge
approvato oggi ha, dunque, lo scopo di porre rimedio ad un vuoto
normativo.
CHE COSA PREVEDE IL
DDL
Il disegno di legge
stabilisce che:
· la domanda di revisione di una sentenza di
condanna deve essere innnanzitutto
sottoposta al vaglio di
ammissibilità della Corte di Cassazione. Se la suprema Corte
decide per
l’ammissibilità della richiesta, spetterà alla Corte d’appello procedere
al
giudizio di
revisione;
· la richiesta di revisione è soggetta a due
condizioni:
o la violazione riscontrata dalla
Corte europea dei diritti dell’uomo deve aver
avuto incidenza
determinante sull’esito del procedimento;
o il condannato, al momento della
presentazione della domanda di rivedere la
sentenza, si trovi o
debba essere posto in stato di detenzione oppure sia
soggetto all’esecuzione
di una misura alternativa alla detenzione diversa
dalla pena
pecuniaria;
· soggetti legittimati a richiedere la
revisione sono il condannato o il procuratore
generale presso la Corte
di cassazione.
Con l’ordinanza che
dichiara ammissibile la richiesta la Corte trasmette gli atti alla
Corte
d’appello competente. La
Corte d’appello procede alla rinnovazione dei soli atti ai quali
si
riferiscono le violazioni
accertate dalla Corte europea dei diritti dell’uomo. Tutti gli
altri
atti compiuti nel
precedente giudizio rimangono validi.
Nel giudizio di revisione
i termini di prescrizione sono sospesi.
Il disegno di legge
prevede, all’articolo 3, una disciplina transitoria.
Si stabilisce che per le
condanne già intervenute, la richiesta di revisione debba essere
presentata, a pena di
inammissibilità, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore
della
legge. Per le sentenze di
condanna sospese dal giudice nazionale a seguito di sentenza
della
Corte EDU, decorso il
termine di cui sopra, la sentenza viene posta in esecuzione.