Nel 1992, risulta che Martino, mio fratello all'epoca deputato del PRC, fosse Segretario della Commissione Difesa della Camera dei Deputati. Successivamente denunciò anche l'uso dei servizi segreti di dati dei cittadini in ambito Telecom e si interessò all'inchiesta del pm veneziano Casson sulla SuperSip. Fu anche in una sottocommissione su Gladio e Falange Armata. Non si preoccupò che stavo in carcere e che quest'ultimo incarico poteva creare dei rischi per la mia vita. Come non si preoccupava, mentre ero a Padova e non si era ancora pentito Maniero, di chiedere il sequestro dei beni ai mafiosi per tutta la Riviera del Brenta. Faceva bene a non preoccuparsi ? Sicuramente sapevo stare in galera, ma certa gente si vendica anche trasversalmente. O era questo il rischio fasullo che occorreva creare per poter poi giustificare questa cosa che denuncio, e quindi chi ha spinto mio fratello a quel tipo di dichiarazioni ed impegni (chi lo ha incaricato nei vertici del suo partito) SA ?

In ogni caso dal 1993 le carceri italiane, a parte per la solidarietà di compagni, detenuti, amici e parenti in libertà, furono per me campo di resistenza di una provocazione senza fine. E ancora adesso mio fratello Martino dice quando cerco di farlo ragionare in materia, che "esagero".

Leggete voi COME MAI ALLORA e vedrete se esagero e se è impossibile che io sia sottoposto a ciò che denuncio, a parte per le prove radiologiche che ho inserito nel sito della Associazione vittime armi elettroniche-mentali.

Comunque nel 1996, anno in cui fui operato a Torino, erano già in uso nell'esercito e nei servizi italiani, elettrodi sottocutanei cerebrali e uditivi inseriti per praticare controllo mentale su persone particolari, in casi particolari (testimonianza di un alto ufficiale di un corpo armato dello stato, in pensione).

QUESTO IL TESTO DI UN INTERVENTO DEL dicembre 1992 di mio fratello Martino ad un convegno sulle forze armate.

(QUI UN OMISSIS DI CUI SCRIVERO' PIU' AVANTI SU UN ALTRO CASO CORRELATO)

ASSOCIAZIONE SOLIDARIETA' DIRITTO E PROGRESSO
 

CONVEGNO ORGANIZZATO A VERONA IL GIORNO 5 DICEMBRE 1992 DAL GIORNALE DEI MILITARI, IN COLLABORAZIONE CON L'ASSODIPRO, PRESSO LA SALA COMUNALE GOETHE ALLA PRESENZA DI PIU' DI 200 PERSONE INTERVENUTE

Il soggetto uomo al centro di una proposta partecipativa

ALCUNI ATTI DEL CONVEGNO

(Gli atti completi del convegno sono pubblicati anche sul Giornale dei Militari n° 48 dell'11.12.1992)

...

Intervento dell'Onorevole Martino Dorigo, Membro della Commissione Difesa della Camera dei Deputati 

    Ringrazio il Giornale dei Militari per aver organizzato questa importante occasione d'incontro. Un'occasione decisiva, importante, che si svolge in un momento cruciale per la storia delle nostre FF.AA. e del rapporto tra il paese, l'Esercito e i cittadini. Abbiamo una grande occasione di fronte e non va sprecata;  è costata a tutti voi, ai militari e anche ai cittadini democratici che hanno sostenuto le battaglie dei militari democratici, è costata tanti sacrifici, pesanti per tutti i militari. Oggi, di fronte alla possibilità di fare un salto di qualità, il rischio è invece che si vanifichi tutto; badate che questo sta succedendo anche in altri settori del nostro Paese. 

    Oggi non c'è più nella società un'unione sociale, un'unità sociale dei cittadini, dei lavoratori che sia in grado di costruire un potere alternativo a quello che sta precipitando con l'inchiesta delle tangenti.

    Attenzione, questo pericolo lo corriamo anche fra i militari; se facciamo prevalere solo la disgregazione e l'incapacità di ricostruire una proposta unitaria forte che derivi dalla storia e dall'esperienza dura e difficile di questi anni, e che sia all'altezza della sfida che oggi ci troviamo davanti.

    Vent'anni fa, sul finire degli anni '60 i militari democratici hanno cominciato la battaglia e si sono incontrati con i cittadini, con i lavoratori, con le forze democratiche e progressiste per conquistare la legge sulla rappresentanza militare. Poi, quando si iniziò questo percorso, la forza delle gerarchie militari, la forza del potere politico, di questo sistema di potere che oggi sta andando in crisi, ha fatto sì che intervenissero i RIRM e RARM, cioè la solita pratica Italina. Una legge avanzatissima come la 382/78 con i regolamenti attuativi, con i regolamenti interni, è stata condizionata dai poteri vecchi, e dalla burocrazia; è stata frustrata questa spinta di partecipazione e di cambiamento dei militari. E' oggi in moto una protesta generale. Il problema è che questo moto di protesta rischia di non saper dove andare, perché non c'è più quell'unità democratica sociale forte, quell'unità tra i lavoratori, tra i cittadini che c'era negli anni in cui abbiamo fatto le conquiste sociali. Perché la 382/78 è stata realizzata in anni di grandi conquiste sociali, la sanità, la previdenza, i salari, l'eguaglianza  professionale.

    Oggi il problema è di ricostruire quell'unità altrimenti anche la protesta viene strumentalizzata e incalanata verso forme che poi non riescono a produrre un avanzamento democratico, ma una protesta qualunquista, una protesta distruttiva, come il razzismo, il separatismo, il secessionismo. Lo sforzo che dobbiamo fare, anche qui questa sera. Dal dibattito intenso che c'è stato, si sente e si capisce che ognuno di noi ci crede alla cose che dice, ma guai a dividerci, non possiamo dividerci fra chi vuole il sindacato e chi vuole la rappresentanza. Si tratta della stessa cosa; il punto è come gestiamo questo processo, io sono stato lavoratore dipendente, delegato in fabbrica e sindacalista. So che cos'è il sindacato e non vi vengo a proporre qui alternative. Un sindacato deve partire dal diritto sindacale; occorre costruire il diritto sindacale, non solo il sindacato, altrimenti non avrà la libertà vera. Il sindacato deve nascere dai lavoratori militari, vanno bene le associazioni se si danno questo fine, però non possiamo permetterci delle scorciatoie, va ricostruito prima il potere delle rappresentanze, potere vero, a livello di base, a livello centrale, a livello intermedio, potere negoziale, potere contrattuale, tutela dei delegati, norme antidiscriminatorie, proporzionalità vera.

    Oggi non bastano nemmeno i sindacati a garantire la libertà dei cittadini. sapete cosa si va proponendo tra i lavoratori? Si va proponendo l'abrogazione dell'art. 19 della legge 300. E' lo statuto dei diritti dei lavoratori che consente a tutti i cittadini italiani di associarsi in sindacato.

    Questa legge così importante oggi è inapplicata; con il burocratizzarsi dei rapporti sociali, si realizzano sempre più decisioni, verticistiche anche nei sindacati; guardate cosa è accaduto con la scala mobile! Si decide di eliminarla sottoscrivendo un accordo con il governo senza discuterne con i lavoratori!

    Ebbene, non ci basta il sindacato ma piuttosto il potere di incidere nei processi decisionali. Ciò vale anche per i cittadini militari. Se ci si accontenta del sindacato senza conquistarsi questo potere, avremo fatto il gioco degli Stati Maggiori. 

    Io vedo nella rappresentanza un organismo di per sé avanzato; purtroppo essa è stata boicottata, non sono state garantite ad esso effettive norme di tutela; ma il fatto che esso sia eletto da tutti i militari, costituisce di per sé un grande dato di fatto democratico. Bisogna a mio avviso ripartire da zero consentendo alla rappresentanza di svolgere pienamente il proprio ruolo; diamo poteri reali alla rappresentanza ed otterremo uno strumento veramente democratico. 

    Bada bene, anche nella Polizia la cui grande affermazione democratica del 1981 si vive oggi una crisi di rappresentatività. Molti, all'interno, denunciano una frantumazione ed una tendenza al corporativismo con una proliferazione di sindacati di categoria.

    Non c'è più una forma unitaria e diventa anche discutibile la reale "portata" rappresentativa di questi sindacati. Facciamo tesoro di queste esperienze, non soltanto delle frustrazioni esistenti nel nostro settore. Si è aperto oggi un varco parlamentare attraverso le audizioni effettuate dalla Commissione Difesa con il CO.CE.R.. Si tratta certo di cose dette e ridette ma ritengo che nell'attuale fase esista una concreta volontà politica di recepire le istanze di cambiamento avanzate dai rappresentanti. E' ormai palpabile il malcontento e il fermento che rischia di non essere controllato. Il parlamento si è reso conto che occorre dare al più presto una risposta. In Commissione si sta già discutendo sulle proposte di legge di riforma della rappresentanza, anche se ci scontreremo con le resistenze conservatrici della struttura ma questa riforma va fatta e da essa occorre partire per consolidare la democrazia e arrivare in una fase successiva al sindacato.

    Vorrei infine aggiungere un avvertimento; non lasciamoci illudere dal "decisionismo" del Ministro della Difesa. A mio avviso siamo in presenza di una azione di propaganda, di politica - spettacolo.

    Quando si parla di riduzione degli organici pensate veramente che si vogliono andare ad intaccare le posizioni dei tanti, troppi generali che ci sono oggi nelle FF.AA.. La riduzione finora ha interessato in modo irrazionale solo i reparti operativi. mentre i distretti, i Comandi, gli alberghi montani, i bei circoli degli ufficiali restano lì..., siamo in presenza di sovrastrutture che non servono all'efficienza m soltanto a tenere in piedi privilegi.  Oppure si ipotizzano investimenti di mezzi che servano, sola a favorire certi gruppi industriali, fuori da una logica di efficienza.

    Questa è la logica che ancora domina il processo di ristrutturazione delle FF.AA.. E' contro tutto ciò che bisogna lottare. 

    Così come occorre avere ben chiari i progetti politici che animano il Governo. Già si profila una modifica degli articoli 11 e 52 della Costituzione. Così, da consentire alle FF.AA. di intervenire fuori dai confini nazionali per difendere i cosiddetti "interessi del Paese". Ma chi decide quali sono gli interessi da salvaguardare? La difesa di qualche pozzo petrolifero o che altro? A mio avviso è molto pericoloso ciò che si sta proponendo, così come ritengo pericoloso l'utilizzo delle FF.AA. in ordine pubblico.

    Quale è il fine, quello di giustificare un certo potere delle gerarchie che - di fronte alla inevitabile riduzione imposta dai nuovi assetti internazionali - vedrebbero diminuita drasticamente la loro presenza nella società.

    Occorre invece, a mio avviso, procedere per tutt'altra strada; cominciamo con lo smilitarizzare la Guardia di Finanza facendola lavorare seriamente; unificare i Corpi di Polizia, dare più poteri alla magistratura e non attuando iniziative propagandistiche mandando i giovani di leva in Sicilia.

    Un altro aspetto sul quale vorrei soffermarmi riguarda il tipo di servizio militare da attuare. Io sono per il mantenimento della leva perché sono convinto che le FF.AA. efficienti e moderne abbiano bisogno anche dell'apporto dei giovani di leva che non hanno bisogno di svolgere il loro servizio per 12 mesi; per un addestramento serio ed efficace sono sufficienti anche 5 mesi! Va quindi mantenuto un servizio di leva regionalizzato, con un trattamento più dignitoso sia dal punto di vista dell'impegno che del trattamento economico.

    Allora, bando alle chiacchiere e mano alle riforme serie e trasparenti. Smitizziamo certe idee un po fasulle ma soprattutto ricostruiamo una unità tra i lavoratori con le stellette per difendere le conquiste democratiche ottenute e non favorire spinte corporative che farebbero solo il gioco del potere.