Non vorrei rimpiangere di aver
contribuito alla sua scarcerazione.
Dico "contribuito", perchè se è
vero che è stato scarcerato in accoglimento di una mia istanza, è altrettanto
vero che senza i vari Comitati per la sua liberazione, senza le manifestazioni
di piazza, senza la mobilitazione mediatica e quella di numerosi parlamentari e
di esponenti di rilievo della cultura e società veneziana - al punto che
addirittura venne istituito uno sciopero della fame "a staffetta" in
sua solidarietà - Paolo oggi starebbe ancora a Spoleto.
Noi, tutti insieme, abbiamo solo
raggiunto l'obiettivo minimo, che era quello di tirarlo fuori dopo oltre 11
anni di duro carcere, ma accettare questa situazione, la carcerazione
domiciliare, come "soluzione" del suo caso, sarebbe un tradimento
alla nostra lotta.
Non bisogna abbassare la guardia, perchè
può succedere di tutto.
Può succedere, ed è già successo, che
venga disposta dal mds di Venezia un'ulteriore limitazione della propria
libertà, e in ordine ad i suoi contatti con i presidi sanitari, e in ordine ai
suoi contatti col mondo del lavoro e col "mondo" in generale.
Può succedere che Paolo, come già
annunciato, riprenda lo sciopero della fame (1° giugno).
Ciò non deve succedere, così come non si
può accettare che chi, come lui, non ha mai avuto un giusto processo, venga
trattato alla stregua del peggiore dei criminali: perdita dei diritti civili,
interdizione perpetua dai pubblici uffici, carcere, ancora carcere, perchè i
domiciliari comunque sono carcere, ed assurde diffide a non frequentare
pregiudicati o a far uso di sostanze stupefacenti, come se tutte le informative
delle questure di mezza Italia sul suo conto non fossero mai giunte agli atti
della sua posizione giuridica, come se Paolo avesse avuto in passato contatti
con la droga!
Tutto ciò è profondamente offensivo per
la sua dignità ed identità di compagno e di cittadino.
Se qualcuno si era illuso che con i
domiciliari finisse nel dimenticatoio una vergogna simile si è sbagliato di
grosso: niente e nessuno potranno cancellare oltre 11 anni di carcere, di
maltrattamenti, di umiliazioni. A questo nessuno potrà mai rimediare, però
permettere che si perseveri nei suoi confronti sarebbe quanto meno disdicevole.
Egli ha diritto, più di prima, ad un
giusto processo, ad un lavoro, a poter provare senza ostacoli di sorta la
provenienza dei suoi disturbi uditivi.
In caso contrario, avremmo perso tutti,
tutti eccetto lui.
Avv. Vittorio Trupiano