L’impoverimento delle masse, nel m.p.c. della crisi generale,
1918-1939
da carattere inevitabile e negativo per le stesse classi dominanti, che usano la condizione per imporre livelli di potere autoritario superiori ai precedenti (necessità che gli si “impone” per mantenere il potere), e che quindi si portano a livello nazionale verso Stati di autarchia e comunque di limitazione della stessa “libera concorrenza” a causa della integrazione accresciuta tra potere politico ed economico
1975-dic.1990
si porta in problema da superare per mantenere il controllo delle classi subalterne e riportarlo sul piano politico ai partiti borghesi e a forme di lotta sociale contenute
1991-lug./ag.2001
diviene problema secondario rispetto alla determinazione di un mercato del lavoro totalmente subordinato al padronato ed alle nuove compagini borghesi scese nel campo dell’economia grazie alla concertazione (lavoro interinale, false cooperative, telefonia mobile); sul piano dei diritti umani gli Stati imperialisti sono ancora obbligati a simulare sensibilità: l’azione militare integrata imperialista viene attuata in nome della “eccezionalità” di singole situazioni (Kuwait, Somalia, Balcani, Kosovo, Kurdistan dell’Irak, Palestina, “Plan Colombia”)
sett.2001-
diviene un aspetto del tutto insignificante della politica padronale e borghese, a cui si assimilano tutti i partiti borghesi, il che determina il crollo definitivo del revisionismo sul piano elettorale in Italia, a causa della totale perdita di fiducia delle masse proletarie verso questi residuati del comunismo all’italiana di Togliatti; questa situazione si viene a determinare con la “guerra senza fine” del testadilegno Bush, rappresentante delle multinazionali americane, guerra che viene ad imporsi agli altri paesi occidentali come “prosecuzione stabilizzata” dell’azione politica e che quindi andando oltre il diritto internazionale in nome di interessi politici, economici e militari, crea una ulteriore spesa che produce una crescente contrazione della spesa sociale; la crisi economica si fa stringente e la disponibilità di un nuovo esercito industriale di riserva non diviene elemento di traino economico per i capitalisti in quanto nel frattempo il capitale dominante si è trasferito nella sfera finanziaria – criminale – immateriale
Una cosa che è cambiata radicalmente, in peggio anche rispetto al 1918-1939, è che a questo punto giunti, agli attuali capitalisti e plenipotenziari, non interessa nulla della massa crescente di povertà.
Non è solo un fatto culturale di cinismo crescente.
Il padronato, specie i piccoli padroncini "alla moderna" come ditte di poco capitale formalmente versato ma di cospicuo capitale accumulato in beni materiali ed immateriali, vanno perdendo il senso morale del dare lavoro, grazie al contributo dei vari Treu e Biagi, sono ora in regola nel cercare di ritagliarsi tutte le scuse e trucchetti per sfruttare la manodopera a livello para-schiavistico. Le leggi che considerano gli illeciti amministrativi non penalmente anche se hanno risvolti fiscali, sono assolutamente preponderanti rispetto a quelle che determinano dei rischi per questi "paladini" del "progresso".
Addirittura, specie verso gli immigrati, in Italia si va determinando una politica mirata delle imprese atta a determinare indebitamento crescente delle famiglie.
Alla fine si torna ai don Rodrigo, nei loro progetti (magari in divisa).
Questo per andare a riscuotere, essendosi data una trasformazione in usura, della attività economica prevalente.
Tornando al succo del discorso, perduta identità industrialista, il capitalista di oggi, pur magari sopravvivendo ipocrite e false versioni del capitalista "buono" (o che può ancora permettersi di essere "buono"), è spietamente insensibile alle necessità materiali, e si ritaglia quote di profitto DIRETTAMENTE NELLA FRODE ai danni dei dipendenti, od imponendo loro cose che prima non potevano imporre (esempio l'addebito della mensa, i mancati pagamenti delle trasferte, le illegalità in materia retributiva, in particolare di TFR non pagati, ecc.). Senza che ciò suoni a "scusante" per la triplice confederale, nella loro logica che riporta allo Stato tutto l'arco delle possibili soluzioni (logica perdente ed antistorica rispetto alla stessa politica dello Stato che i loro partiti perseguono), alcuni forse si consideravano "migliori" dei padroncini nel rivendicare gestione dei fondi TFR, come se il problema fosse solo di onestà e non di crisi generale.
Due tendenze quindi si intrecciano, quella del rispetto delle regole a difesa delle condizioni di vita (e che non si parli più di sopravvivenza come termine positivo, almeno), e quella del rispetto delle regole a difesa del capitale. Queste due regole sono antitetiche ed inconciliabili.
Lo riconoscano, almeno.
Milioni di proletari regalerebbero una pallottola per suicidarsi, a chi ha contribuito al generarsi di questo problema negli ultimi 20 anni.