Licio Gelli Chi è ? Tante cose, di sicuro almeno una: 10 anni per
depistamento delle indagini sulla strage di Bologna, nella quale han preso l’ergastolo
i “militanti” dei Nuclei armati “Rivoluzionari” (NAZIFASCISTI) questo essere (censura) che dovrebbe subire ben altri processi di quelli all’acqua di rose che la Repubblica gli ha riservato dato che teneva in pugno 2000 e forse più grandi personalità nella sua Loggia Massonica “Propaganda 2” |
REPUBBLICA INTERVISTA GELLI, PECI, CASELLI, VIOLANTE, CACCIARI, ecc.ecc.ecc. Che questo personaggio si “vanti” e rivendichi ( “dovrei avere i diritti d'autore”) la merda di situazione
in cui vivono le masse nel nostro paese in questa maniera, si spiega solo con
la libertà di opinione. (chi mi tortura sta scalpitando:FOLLI
E PAZZI SIETE VOI TIFOSI MALAVITOSI MAFIOSI E STUPRATORI DEL MONDO, SOCI E
RICATTATI DI QUESTI PERSONAGGI, NON CERTO COLORO CHE TUTTA LA VITA LOTTANO
PER L’IDEALE DELL’EGUAGLIANZA E DELLA GIUSTIZIA SOCIALE, PER IL COMUNISMO) !!! REPUBBLICA
INTERVISTA GELLI !!! |
Licio Gelli: "Avevo già scritto tutto trent'anni
fa"
Di Concita de
Gregorio "La Repubblica" del 28 settembre 2003
Intervista a Gelli: "Guardo il Paese, leggo i giornali e dico:
avevo già scritto tutto trent'anni fa"
"Giustizia, tv, ordine pubblico è finita proprio come
dicevo io"
AREZZO - Son soddisfazioni, arrivare indenni a
quell'età e godersi il copyright. "Ho una vecchiaia serena. Tutte le
mattine parlo con le voci della mia coscienza, ed è un dialogo che mi quieta.
Guardo il Paese, leggo i giornali e penso: ecco qua che tutto si realizza poco
a poco, pezzo a pezzo. Forse sì, dovrei avere i diritti d'autore. La
giustizia, la tv, l'ordine pubblico. Ho scritto tutto trent'anni fa".
Tutto nel piano di Rinascita, che preveggenza. Tutto in quelle carte
sequestrate qui a villa Wanda ventidue anni fa: 962 affiliati alla Loggia.
C'erano militari, magistrati, politici, imprenditori, giornalisti. C'era
l'attuale presidente del Consiglio, il suo nuovo braccio destro al partito
Cicchitto: allora erano socialisti.
Chi ha condiviso quel progetto è oggi alla guida del paese. "Se le
radici sono buone la pianta germoglia. Ma questo è un fatto che non ha più
niente a che vedere con me". Niente, certo. Difatti quando parla di
Berlusconi e di Cicchitto, di Fini di Costanzo e di Cossiga lo fa con la
benevolenza lieve che si riserva ai ricordi di una stagione propizia. Sempre
con una frase, però, con una parola che li fissa senza errore ad un'origine
precisa della storia.
Quel che rende Licio Gelli ancora spaventosamente potente è la memoria. Lo si
capisce dopo la prima mezz'ora di conversazione, atterrisce dopo due. Il
Venerabile maestro della Loggia Propaganda 2 è in grado di ricordare
l'indirizzo completo di numero civico della prima casa romana di Giorgio
Almirante, l'abito che indossava la sua prima moglie quel giorno che gli fece
visita a Natale, i nomi dei tre figli di Attilio Piccioni e da lì ricostruire
nel dettaglio il caso Montesi che vide coinvolto uno dei tre, ricorda il numero
di conto corrente su cui fece quel certo bonifico un giorno di sessant'anni fa,
la targa della camionetta di quando era ufficiale di collegamento col comando
nazista, quante volte esattamente ha incontrato Silvio Berlusconi e in che anni
in che mesi in che giorni, come si chiamava il segretario di Giovanni Leone a
cui consegnò la cartella coi 58 punti del piano R, che macchina guidava, se a
Roma c'era il sole quella mattina e chi incontrò prima di arrivare a
destinazione, che cosa gli disse, cosa quello rispose.
Questo di ogni giorno dei suoi 84 anni di vita,
attualmente archiviata in 33 faldoni al primo piano di villa Wanda, dietro a
una porta invisibile a scomparsa. "Ogni sera, sempre, ho scritto un
appunto del giorno. Per il momento per fortuna non mi servono, perché ricordo
tutto. Però sono tranquillo, gli appunti sono lì".
Il potere della memoria, ecco. Il resto è coreografia: il parco della villa che
sembra il giardino di Bomarzo, con le statue le fontane i mostri, la villa in
fondo a un sentiero di ghiaia dietro a un convento, le stanze con le pareti
foderate di seta, i soffitti bassi di legno scuro, elefanti di porcellana che
reggono i telefoni rossi, divani di cuoio da due da tre da sette posti, di
velluto blu, di raso rosa, a elle e a emiciclo, icone russe, madonne italiane,
guerrieri d'argento, pupi, porcellane danesi, un vittoriano buio con le imposte
chiuse al sole di settembre, scale, studi, studioli, sale d'attesa coi vassoi
d'argento pieni di caramelle al limone. Ma lei vive qui da solo?. "Sì
certo solo". E questi rumori, le ombre dietro le porte di vetro colorato?
"La servitù".
Commendatore, gli sussurra una segretaria pallida porgendogli un biglietto: una
visita. "Mi scusi, mi consente di assentarmi un attimo? E' un vecchio
amico".
Gelli è in piena attività. Riceve in tre uffici: a Pistoia, a Montecatini, a
Roma. Oltre che in villa, naturalmente, ma fino ad Arezzo si spingono gli
intimi. Dedica ad ogni città un giorno della settimana. A Pistoia il venerdì,
di solito. A Roma viene il mercoledì, e scende ancora all'Excelsior. Le liste
d'attesa per incontrarlo sono di circa dodici giorni, ma dipende. Per alcuni il
rito è abbreviato. Al telefono coi suoi segretari si è pregati di chiamarlo
"lo zio": "La regola numero uno è non fare mai nomi ? insiste l'ultimo
di una serie di intermediari ? Lei non dica niente, né chi la manda né perché.
La richiameranno. Quando poi lo incontra vedrà: è una persona squisita. Solo:
non gli parli di politica". Di poesia, vorrebbe si parlasse: perché Licio
Gelli da quando ha ufficialmente smesso di lavorare alla trasformazione
dell'Italia in un Paese "ordinato secondo i criteri del merito e della
gerarchia", come lui dice, "per l'esclusivo bene del popolo" ha
preso a scrivere libri di poesia, ovviamente premiati di norma con coppe e
medaglie, gli "amici" nel '96 lo hanno anche candidato al Nobel.
"Vorrei scivolare dolcemente nell'oblio. Vedo che il mio nome compare
anche nelle parole crociate, e ne soffro. Vorrei che di me come Venerabile
maestro non si parlasse più. Siamo stati sottoposti a un massacro. Pensi a
Carmelo Spagnolo, procuratore generale di Roma, pensi a Stammati che tentò di
uccidersi. E' stata una gogna in confronto alla quale le conseguenze di Mani
Pulite sono una sciocchezza. In fondo Mani pulite è stata solo una faccenda di
corna. Lei crede che la corruzione sia scomparsa? Non vede che è ovunque,
peggio di prima? Prima si prendeva facciamo il 3 per cento, ora il 10. Io non
ho mai fatto niente di illegale né di illecito. Sono stato assolto da tutto. Le
mie mani, eccole, sono nette di oro e di sangue".
Assolto da tutto non è vero, dev'essere per questo che lo ripete tre volte e
s'indurisce. Indossa un abito principe di Galles, cravatta di seta, catena
d'oro al taschino, occhiali con montatura leggerissima, all'anulare la fede e un
grosso anello con stemma. Questo avrebbe detto dunque a Montecatini, a quel
convegno a cui l'hanno invitata e poi non è andato? Dicono che Andreotti
l'abbia chiamata per dissuaderla. "E' una sciocchezza. Andreotti non è
uomo da fare un gesto simile. Si vede che lei non lo conosce".
Senz'altro lei lo conosce meglio. "Se Andreotti fosse un'azione avrebbe
sul mercato mondiale centinaia di compratori. E' un uomo di grandissimo valore
politico". Come molti della sua generazione. "Molti, non tutti.
Cossiga certamente. Non Forlani, non aveva spina dorsale. Naturalmente
Almirante, eravamo molto amici, siamo stati nella Repubblica sociale insieme. L'ho
finanziato due volte: la seconda per Fini. Prometteva molto, Fini.
Da un paio d'anni si è come appannato". Forse un po' schiacciato dalla
personalità di Berlusconi. "Può darsi. Berlusconi è un uomo fuori dal
comune. Ricordo bene che già allora, ai tempi dei nostri primi incontri, aveva
questa caratteristica: sapeva realizzare i suoi progetti. Un uomo del fare. Di
questo c'è bisogno in Italia: non di parole, di azioni".
Vi sentite ancora? "Che domanda impertinente. Piuttosto. L'editore
Dino, lo conosce?, ha appena ripubblicato il mio primo libro: Fuoco! E' stata
la mia opera più sofferta, anche perché ha coinciso con la morte di mio
fratello nella nostra guerra di Spagna. E' un edizione pregiata a tiratura
limitata, porta in copertina il mio bassorilievo in argento. Ci sono due altri
solo autori in questo catalogo: il Santo padre, e Silvio Berlusconi".
Anche Berlusconi col bassorilievo d'argento? "Certo, guardi". Il
titolo dell'opera è "Cultura e valori di una società globalizzata".
Pensa che Berlusconi abbia saputo scegliere con accortezza i suoi
collaboratori? "Credo che in questa ultima fase si senta assediato. E'
circondato da persone che pensano al "dopo". Non si fida, e fa bene.
E' stato giusto bonificare il partito, affidarlo a un uomo come Cicchitto.
Cicchitto lo conosco bene: è bravo, preparato". Il coordinatore sarebbe
Bondi in realtà. "Sì, d'accordo. Credo che anche Bondi sia preparato. E'
uno che viene dalla disciplina di partito". Comunista. "Non importa.
Quello che conta è la disciplina e il rispetto della gerarchia". Ha visto
il progetto di riordino del sistema televisivo? "Sì, buono". E la
riforma della giustizia? "Ho sentito che quel Cordova ha detto: ma questo
è il piano di Gelli. E dunque?
L'avevo messo per scritto trent'anni fa cosa fosse necessario fare.
Leone mi chiese un parere, gli mandai uno schema in 58 punti per il tramite del
suo segretario Valentino. Pensa che chi voglia assaltare il comando consegni il
piano al generale nemico, o al ministro dell'Interno? Ma comunque non è di
questo che vogliamo parlare, no? Vuole anche lei avere i materiali per scrivere
una mia biografia? Arriva tardi: ho già completato il lavoro con uno scrittore
di gran fama". Su una poltrona è appoggiato l'ultimo libro di Roberto
Gervaso. La scrive con Gervaso? "Ma no, ci vuole una persona estranea ai
fatti. Se vuole le mostro lo scaffale con le opere che mi riguardano, le ho catalogate:
sono 344". Certo: il burattinaio è un soggetto affascinante. "Andò
così: venne Costanzo a intervistarmi per il Corriere della sera. Dopo due ore
di conversazione mi chiese: lei cosa voleva fare da piccolo. E io: il
burattinaio. Meglio fare il burattinaio che il burattino, non le pare?".
Sembra che ce ne siano diversi di burattinai in giro ultimamente. "Il
burattinaio è sempre uno, non ce ne possono essere diversi". E adesso
chi è? "Adesso? Questa è una classe politica molto modesta, mediocre.
Sono tutti ricattabili". Tutti? Mettiamo: Bossi. "Bossi si è
creato la sua fortezza con la Padania, ha portato 80 parlamentari è stato
bravo. Ma aveva molti debiti... Per risollevare il Paese servono soldi, non
proclami. Ho sentito che Berlusconi ha invitato gli americani a investire in
Italia: ha fatto bene, se qualcuno abbocca?
Ma la situazione è molto seria. L'economia va malissimo, l'Europa è stata una
sventura. Non abolire le barriere, bisognava: moltiplicarle. Fare la spesa è
diventato un problema, il popolo è scontento. Serve un progetto preciso".
Per la Rinascita del Paese. "Certo". C'è il suo: certo forse i 900
affiliati alla P2 erano pochi. "Ma cosa dice, novecento persone sono anche
troppe. Ne bastano molte meno". Allora quelle che ci sono ancora bastano,
tolti i pentiti. "Nessuno si è pentito. Pentiti? A chi si riferisce? Costanzo,
forse. L'unico. Con tutto quello che ho fatto per lui. Guardi: io non devo
niente a nessuno ma tutti quelli che ho incontrato devono qualcosa a me. Ci
sono dei ribelli a cui ho salvato la vita, ancora oggi quando mi incontrano mi
abbracciano". Ribelli? "Sì, i ribelli che stavano sulle montagne, in
tempo di guerra. Io ero ufficiale di collegamento fra il comando tedesco e
quello italiano. Ne ho salvati tanti". Intende partigiani. "Li chiami
come crede. Eravamo su fronti opposti, ma quando sei di fronte ad un amico non
c'è divisa che conti.
L'amicizia, la fedeltà ad un amico viene prima di ogni cosa". L'amicizia,
sì. La rete. Cossiga l'ha citata giorni fa, in un'intervista. Ha detto:
chiedete a Gelli cosa pensava di Moro. "Da Moro andai a portare le
credenziali quando ero console per un paese sudamericano. Mi disse: lei viene
in nome di una dittatura, l'Italia è una democrazia. Mi spiegò che la
democrazia è come un piatto di fagioli: per cucinarli bisogna avere molta
pazienza, disse, e io gli risposi stia attento che i suoi fagioli non restino
senz'acqua, ministro'". Anche in questo caso tragicamente profetico, per
così dire. Lei cosa avrebbe fatto, potendo, per salvare Moro? "Non avrei
fatto niente. Era stato fascista in gioventù, come Fanfani del resto, ma poi
era diventato troppo diverso da noi. Lei ha visto il film sul delitto
Moro?" Quello di Bellocchio? "No, l'altro. Quello tratto dal libro di
Flamigni.
Ma le pare che si possa immaginare un agente dei servizi
segreti che con un impermeabile bianco va a controllare sulla scena del delitto
se è tutto andato secondo i piani?". Gli agenti dei servizi sono più
prudenti? "Lei conosce Cossiga? Proprio una bravissima persona. E poi un
uomo così colto, uno capace di conversare in tedesco. Un uomo puro, un animo
limpido. Dopo la morte di mia moglie mi mandò un biglietto: "Ti sono
vicino nel tuo primo Natale senza di lei", capisce che pensiero? Vorrebbe
farmi una cortesia? Se lo incontra, vuole porgergli i miei ricordi, e i miei
saluti?".
NON SAPPIAMO SE LA GIORNALISTA, ANDANDOSENE DA AREZZO, ABBIA VOMITATO PER STRADA