Non
dimentichiamo Paolo Dorigo
Riceviamo e pubblichiamo. Articolo inviato da
woland
il Friday, 26 November @ 01:55:13 CET
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Condannato per "reati di
terrorismo" è in cella da dieci anni senza mai un
permesso. Numerose le condanne europee dell'Italia
ma le nostre istituzioni restano sorde
Vi è
un uomo che si sta spegnendo lentamente, la sua è
un’agonia dimenticata, la sua storia la ricordano
in pochi ed ancora in meno la ricordavano sino a
poco tempo fa, sino a quando Paolo, il 22
settembre, non ha iniziato un disperato sciopero
della fame.
In sintesi vi riporto la
storia: Nel '93 un ordigno venne lanciato
contro la base Usa di Aviano, senza causare
feriti. Un presunto complice, poi pentito, fa il
nome di Dorigo, e lo accusa anche di una rapina.
Nel '94 arriva la condanna a 13 anni e mezzo di
reclusione per associazione con finalità di
terrorismo. La Commissione Ue per i diritti
dell'uomo già nel '98 ne ha accolto il ricorso per
un nuovo processo, perchè non equo quello subito:
nessun interrogatorio agli altri imputati, una
dichiarazione d'innocenza inascoltata, con un
trattamento carcerario da boss
mafioso.
Scrive Giovanni Russo
Spena:
“…Paolo Dorigo sta molto male; è
laggiù, rinchiuso nel buio del carcere di Spoleto.
Dobbiamo fare di tutto per evitare che
l'emergenzialismo di Stato, la violazione di ogni
garanzia e l'incuria della pubblica
amministrazione lo spengano lentamente, giorno
dopo giorno, ora dopo ora… Paolo pesa, ormai,
poco più di trenta chili. La sua intenzione è di
procedere nello sciopero della fame ad oltranza se
non otterrà la sospensione dell'esecuzione della
pena o una detenzione ospedaliera in sito
imparziale, quale può essere solo una struttura
ospedaliera extracarceraria. Lo scopo è di potere
effettuare gli esami clinici, tra cui quello del
"sintonizzatore universale", ritenuto dal
consulente di parte scientificamente
indispensabile, ma nelle ultime settimane
incomprensibilmente negato dalla magistratura,
dopo un assenso iniziale alcuni mesi fa. …I
dati giuridici sono inoppugnabili: ci troviamo di
fronte ad una detenzione infinita che configura
una dolorosa narrazione che incide come lesione
diretta dello Stato di diritto. Io non conosco un
solo detenuto, condannato non per reato di sangue
ma per un reato politico alquanto lieve (e a cui
sono state applicate, nel processo, tutte le
sovrappenalizzazioni per reato di lotta armata) a
cui sia stata comminata una pena di tredici anni e
sei mesi e che ne abbia scontato i quattro quinti
senza avere usufruito mai di una sola ora di
permesso e beneficio… …Ma vi è un secondo punto
giuridico di grande rilevo: il processo subito da
Dorigo è stato giudicato più volte illegittimo
dalla Corte Europea e da celebrare nuovamente
perché non sono stati applicati i principi del
"giusto processo". Infatti, il "pentito" che
ha accusato Dorigo (e che Dorigo smentisce) non ha
mai accettato di ripetere le sue accuse in
contraddittorio in aula. Il sistema giuridico
italiano, non consente, attualmente, la revisione
di un processo in cui pure sono state violate
procedure democratiche importanti. Per questo
l'Italia è stata censurata e condannata più volte
dalla Corte Europea. Proprio pochi giorni fa Jan
Petersen, presidente del Comitato dei Ministri del
Consiglio d'Europa, rispondendo ad una
interrogazione, ha espressamente detto: «L'Italia
è stata costantemente richiamata a modificare la
sua legislazione. Nel caso Dorigo due risoluzioni
europee, nel 2002 e nel 2004, hanno chiesto anche
l'adozione di misure individuali appropriate in
favore del ricorrente». Il Comitato Europeo per la
prevenzione della tortura, inoltre, ha aperto un
dossier sui temi della condizione detentiva e
sanitaria di Paolo Dorigo. Cosa altro dobbiamo
attendere?
L'Italia è un paese considerato
giuridicamente fuori legge dalla Corte Europea.
Eppure tutte le istituzioni, in un silenzio
agghiacciante, tacciono: dal governo alla
magistratura di sorveglianza. Intanto Paolo
rischia la vita. Non vi è un solo giorno da
perdere. “
Io aggiungo: Questa è la
giustizia che l’Italia riserva alle persone
normali… mentre per i fatti della Basilicata, come
per altri a tutti ben noti, forte si leva il grido
dei politici “…è una persecuzione
politica…”
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