CASTA ROSSA
La falsa sinistra istituzionale sta faticosamente cercando
di mettersi tutta assieme per affrontare le prossime
elezioni, con l'obiettivo di superare la soglia di
sbarramento prevista dalla legge elettorale per entrare in
parlamento: il due per cento alla Camera dei Deputati ed il
tre per cento al Senato della Repubblica.
Sono settimane che tutto è fermo: non si conosce il simbolo
ufficiale della futura aggregazione - quello presentato
finora è solo un 'segno grafico' suscettibile di
cambiamenti, secondo quanto dichiarato dai quattro
segretari di Rc-Se, Pdci, Verdi e Sd - né siamo poi così
sicuri che quello presentato sarà il suo nome definitivo,
non si conoscono i nomi dei candidati, l'unica cosa che
appare certa è che il candidato alla presidenza del
Consiglio dei ministri sarà l'(in)Fausto presidente
uscente della Camera.
Ci sorge un dubbio: questa lentezza esasperante nello
sciogliere il nodo sul simbolo sarà mica dovuta all'istinto
di sopravvivenza di quella che Marco Rizzo - capogruppo del
Pdci al parlamento europeo - chiama, con una definizione a
nostro avviso azzeccata, la "Casta rossa"?
Mancano due mesi alle elezioni - fissate per i giorni 13 e
14 aprile: un tempo piuttosto lungo in generale ma
ristretto se si pensa alle questioni tecniche per
presentare proprie liste: scelta grafica del simbolo, del
nome, dei candidati e relativi adempimenti burocratici.
Faremo dietrologia, ma ci sembra che questo 'menare il can
per l'aia' da parte dei segretari della Cosa rossa -
soprattutto, come è evidente per opportunità elettorali, da
parte di Franco Giordano (segretario di Rc-Se) e Oliviero
Diliberto (segretario del Pdci) - sia volto a scongiurare
il pericolo di scissioni interne ai due partiti, da parte
dell'Ernesto e della componente facente capo a Marco Rizzo
(che nel frattempo si è affrettato a smentire la sua
candidatura al Senato nelle liste della nascente formazione
politica), e la conseguente presentazione autonoma di una
lista con la falce e martello che porterebbe via molti
consensi alla Cosa rossa, che appare avviata sulla strada
di non presentare i simboli del lavoro nel proprio simbolo.
Se questo ragionamento corrispondesse a verità
significherebbe che ha tutte le ragioni il pelato torinese
del Pdci: la Cosa rossa servirebbe soltanto a perpetuare i
propri privilegi di casta.
Torino, 12 gennaio 2008