PACIFISTI E PACIFINTI

 

Afghanistan, 24 novembre 2007, circa le ore 8:30 italiane:

un attentatore suicida si fa esplodere nei pressi di un

ponte, costruito dai soldati italiani, che avrebbe dovuto

essere inaugurato da lì a poco.

Nella deflagrazione muoiono nove afghani - non è chiaro se

quattro o sei dei quali bambini - e un maresciallo

dell'esercito italiano, mentre altri tre suoi commilitoni

restano feriti in modo leggero.

Nelle ore successive è tutto un fiorire di dichiarazioni di

cordoglio da parte delle istituzioni che sottolineano

il "gesto eroico" del militare italiano che "si è immolato

per evitare una carneficina ben peggiore".

Il governo italiano ha sempre sostenuto che quella nel

paese dei mullah fosse una missione di mantenimento della

pace - e per questo ha sempre avuto il voto anche della

falsa sinistra, che per ragioni puramente elettoralistiche

non potrebbe mai accettare di votare il finanziamento di

una missione dichiaratamente di guerra - ma adesso, dopo

che la situazione è degenerata negli ultimi tempi portando -

 parole del sottosegretario alla Difesa, il mastelliano Don

Marco Verzaschi - la zona sotto il controllo italiano ad

essere sempre più coinvolta direttamente nel conflitto con

i militari costretti a combattere per difendersi, si vanno

delineando le posizioni dei pacifisti e dei pacifinti.

Infatti, i movimenti che organizzarono il "No War, No Bush

Day" il 9 giugno scorso a Roma si rimettono in movimento

per organizzare una manifestazione per il ritiro delle

truppe dagli scenari di guerra all'estero (che per inciso

ci costano Euro 5.000,00 in più per ogni militare inviato

in missione, rispetto al suo normale stipendio) che

dovrebbe tenersi il 26 Gennaio prossimo; per contro

la "destra moderata" - il Pd ed i suoi satelliti - afferma

che <non si mette in discussione la nostra presenza nelle

missioni di pace> (Mortadella) e che non si deve <lasciarsi

prendere dalla tentazione di far scadere un evento così

drammatico al livello di una modesta bega politica

domestica> (Verzaschi), e la "destra radicale" - la ormai

ex Cdl - fa il suo mestiere storico di baciapile

dell'esercito.

Assai più complicata è la situazione in casa della

cosiddetta "sinistra radicale".

Il Pdci, per bocca del suo segretario Oliviero Diliberto,

chiede retoricamente <vorrei che qualcuno mi spiegasse

perché continuiamo a stare in Afghanistan>; Rc-Se è molto

più cauta e, per bocca dell'(in)Fausto, dichiara che <serve

una riflessione strategica>, anche perché - come fa notare

la deputata Elettra Deiana - <sulla nuova definizione della

nostra presenza in Afghanistan non c'è stato alcun

pronunciamento del parlamento>; il ministro dell'Ambiente,

il Verde Alfonso Pecoraro Scanio, ed i capigruppo di Sd

alla Camera ed al Senato - Titti Di Salvo e Cesare Salvi,

dal canto loro hanno subito espresso il convincimento che

non fosse il momento di fare polemiche, demandando la

soluzione della questione afghana alla comunità

internazionale, rinnovando quindi la fiducia a questo

governo guerrafondaio che, in tutta evidenza, è diventato

il motivo di tutto il loro agire politico.

Viste le posizioni sopra riportate - chi avesse dei dubbi

sulla loro autenticità può leggere il pezzo a firma sa.m.

che si trova a pagina 2 del "manifesto" del 25 novembre -

sembrerebbe chiaro chi realmente è pacifista e chi invece è

semplicemente pacifinto; la realtà è un po' diversa: i due

partiti sedicenti comunisti hanno dato ampia dimostrazione

di essere entrambi ultragovernativi, votando - da quando

c'è il governo del Ciclista Bolognese - sempre sì al

rifinanziamento della missione in Afghanistan, arrivando al

punto di cacciare dal partito di appartenenza chi, in

coerenza con il proprio programma elettorale e la propria

coscienza, ha negato l'appoggio a questa missione

imperialista.

Per contro, riteniamo che la posizione di Pecoraro Scanio

non rispecchi affatto quella di tutto il suo gruppo: non

crediamo, infatti, che Mauro Bulgarelli e Paolo Cento siano

disposti ad avallare questa posizione, anche in

considerazione del fatto che entrambi hanno sempre evitato

di votare per la missione, uscendo dall'aula o risultando

in missione.

 

Torino, 25 novembre 2007