SE C’E’ GANZER C’E’ MISTIFICAZIONE

1.   ATTENUAZIONE ACCUSE CIRCA L’USO DEI FONDI (DALLA SVIZZERA)

2.   BR NON C’ENTRANO NULLA

3.   COME MAI MANFRIN CON LIEVE CONDANNA ERA IN SEZIONE AD OPERA CON CAVALLINI CHE PURE ANDAVA IN PERMESSO E INCONTRAVA CAPITANI DEI CARABINIERI IN CARCERE SENZA PROBLEMI ?

4.   A QUANTO AMMONTA IL TRAFFICO COMPLESSIVO ?

5.   PERCHE’ NON VENGONO MESSI INSIEME IN SEZIONI SOLO TRA LORO SENZA COMMISTIONI CON ALTRI AMBIENTI, CHE QUANDO ESCONO SON ALTRI GUAI ?

6.   COME MAI GANZER SI DICE STUPITO DELL’IPOTESI CIRCA L’USO DEI FONDI A LIVELLO TERRORISTA NERO ?

7.   PERCHE’ SI CONTINUA A DIRE CHE IL TERRORISMO NERO USA GLI STESSI METODI DI QUELLO ROSSO QUANDO SI SA BENISSIMO CHE LA MALAVITA E I FASCISTI HANNO SEMPRE AVUTO INTERESSE A NASCONDERE I PROPRI AFFARI E COLPISCONO SEMPRE IN MANIERA PROVOCATORIA ?

8.   PERCHE’ NON SI DICE QUANTE AZIONI DEI NAR SERVIVANO AD ACCUSARE LA SINISTRA SPACCIANDOLE PER AZIONI BR ?

PER UN SOLO MOTIVO, PERCHE’ E’ TORNATO LICIO GELLI

LE NOTIZIE

VENEZIA, 28 OTT - Nell'operazione dei Ros, tra gli arrestati ci sono esponenti di Ordine Nuovo, Nar, Mala del Brenta, Banda della Comasina e Br (FALSO). Nell'ambito dell'indagine avviata nel 2006, in manette e' finito anche Angelo Manfrin, 64 anni, condannato nel 1990 per associazione per delinquere in concorso con Gilberto Cavallini, Giusva Fioravanti e Francesca Mambro, e altri complici della banda responsabile, tra l'altro, dell'omicidio dei Cc Enea Codotto e Luigi Maronese, a Padova il 5 febbraio 1981.
ROMA (28 ottobre) - All'alba di oggi i Ros hanno arrestato 23 esponenti di una struttura dedita al traffico di stupefacenti composta da storici esponenti di Nar e Ordine Nuovo, e da un ex brigatista rosso. Un sodalizio criminale che si muoveva con l'organizzazione tipica dei gruppi eversivi degli inizi anni Ottanta. Altre 36 persone, indagate a piede libero, sono state sottoposte a perquisizione. L'operazione "Testuggine" ha anche portato al sequestro di mezzo chilo di cocaina ed un chilo di hashish, di una pistola con silenziatore e di documenti falsi. La struttura si muoveva tra Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna.

L'indagine. Gli arresti nascono da un'indagine avviata nel 2006 dai Ros (Raggruppamento operativo speciale dei carabinieri), i quali si erano messi sulle tracce di un vasto traffico di hashish e cocaina che si serviva di una capillare rete distributiva, con basi a Rovigo, Verona, Padova, Ferrara, Modena e Milano.

Tra gli indagati c'è anche Angelo Manfrin, 64 anni, condannato nel 1990 dalla Corte d'Appello di Venezia per aver fatto parte, insieme a Gilberto Cavallini, Giusva Fioravanti e Francesca Mambro, della banda responsabile, tra l'altro, dell'omicidio dei carabinieri Enea Codotto e Luigi Maronese, uccisi a Padova il 5 febbraio 1981. Manfrin, che all'epoca aveva realizzato una sofisticata rete logistica di supporto alla latitanza dei terroristi dei Nar, è risultato essere l'organizzatore di grande traffico che muoveva «ingenti quantitativi» di droga nel Nord Italia.

Complici. Manfrin si avvaleva, in particolare, della complicità di Roberto Frigato, esponente storico, anch'egli, della destra eversiva ordinovista, e di affiliati alla Banda della Comasina di Vallanzasca (Antonio Colia) e alla Mala del Brenta (Fiorenzo Trincanato). Sono stati individuati i circuiti finanziari utilizzati per riciclare il denaro (verso la Svizzera), oltre alla base operativa di Manfrin, in un appartamento di Novara.

L'arresto. Manfrin è stato arrestato con addosso 15 mila euro e otto cellulari. Gestiva il traffico direttamente con la famiglia calabrese dei Morabito, che si assicuravano la cocaina dal Sudamerica. I carabinieri hanno calcolato un giro di cocaina di 15 chili la settimana. Particolarmente difficile è stato pedinare gli indagati, perché questi si avvalevano di modelli organizzativi a comparto, tipici delle organizzazioni terroristiche. Usavano, infatti, dei controllori per essere sicuri di non essere seguiti e si tenevano in contatto ognuno con un telefono dedicato: nessuno chiamava gli altri con lo stesso numero telefonico, che veniva spesso cambiato.

Anche un ex brigatista rosso tra gli indagati dai Ros, denunciato a piede libero. L'uomo risiedeva a Peschiera del Garda (Verona): tra il materiale sequestrato nella sua abitazione, anche vecchi volantini con la stella a cinque punte, che conservava nostalgicamente. FALSO SI TRATTA DI UN EX MALAVITOSO CHE AVEVA VOLANTINI REPERIBILI IN INTERNET

Il generale Giampaolo Ganzer, comandante dei Ros, ha detto di poter «escludere che ci sia una ripresa eversiva, per lo meno per come l'abbiamo conosciuta in passato. Ma le indagini non sono concluse». Il generale ha dunque aggiunto: «Il motivo di attenzione è proprio quello di poter escludere con l'approfondimento investigativo che vi siano risvolti di questa natura anche se il numero dei personaggi, le modalità operative e il materiale che abbiamo sequestrato nel corso delle perquisizioni impongono degli approfondimenti in direzioni di possibili finalità ulteriori di natura eversiva».

Rischiava di ritornare a battere il vecchio cuore della Bangkok d’Italia. Solo un’operazione investigativa approfondita come quella dei carabinieri dei Ros ha interrotto nella nostra provincia un vorticoso giro di stupefacenti a colpo di alcuni chilogrammi per volta con guadagni a sei zeri. E le sorprese non sono mancate nemmeno martedì, durante le perquisizioni e gli arresti degli indagati. A casa di Giovanni Battista Bellotti, uno degli indagati, gli inquirenti hanno trovato una pistola con tanto di silenziatore. L’aveva nascosta nella sua abitazione di via Monte Baldo 9 a Peschiera e così il settantaduenne dovrà rispondere anche di detenzione abusiva di arma da fuoco oltre che di aver partecipato all’associazione per delinquere finalizzata allo spaccio di stupefacenti.
L’anziano si troverà in buona compagnia: ci sono altri sette veronesi tra i venti arrestati due giorni fa tra gli altri dai carabinieri del distaccamento di Verona dei Ros di Padova. Riappaiono i nomi già conosciuti dagli inquirenti scaligeri come quello di Angelo Manfrin. Il legnaghese, condannato nel 1985 per vicende legate al mondo dell’eversione neofascista, è considerato dagli inquirenti il promotore e l’organizzatore dell’associazione. Avrebbe individuato gli associati, «ripartendo fra loro i compiti», riporta l’ordinanza di custodia cautelare del giudice delle indagini preliminari di Venezia, Antonio Liguori, emessa su richiesta del pm Paola Tonini. Tra i personaggi, finiti in carcere ci sono anche i veronesi Ivan Lissandrini, 58 anni, Gianfranco Morbioli, 54, residente ad Arcole, Claudio Sartor, 50, Maurizio Marcomini, 51. Resta ancora uccello di bosco Piergiorgio Renesto, 62 anni: martedì è sfuggito alla cattura dei carabinieri dei Ros. Tutti sono accusati di aver partecipato a quell’associazione per delinquere seppur con ruoli diversi. Nell’ordinanza, sono descritti almeno undici episodi di spaccio, avvenuti nelle vicinanze dell’ospedale di borgo Roma.
La nostra provincia gioca un ruolo fondamentale nell’inchiesta dei Ros, comandati da Giampaolo Ganzer. Qui è partita l’inchiesta, qui si sono sviluppati le fila di un giro di spaccio dai grandi numeri. «Scorrendo le imputazioni», scrive il gip Liguori, «viene in rilievo che Manfrin e soci hanno gestito dal marzo 2006 a tutto l’ottobre 2007, non meno di quaranta chilogrammi di cocaina. Richiamato che la vendita di un chilogrammo di stupefacente a livello di mercato praticato da Manfrin e soci rende non meno di novantamila euro, si intende di cosa consti la capacità di realizzazione di profitti illeciti dell’associazione per delinquere».
Ma i risvolti veronesi sono continuati anche durante l’operazione «Testuggine». Tra la trentina di indagati a piede libero, nella rete degli inquirenti, è cascato anche Giorgio Dolci, 54 anni. Nella sua abitazione in via Sant’Euprepio vicino alla Croca Bianca, gli inquirenti hanno trovato un chilo e mezzo di hashish. E così il veronese si è trasformato da semplice indagato a detenuto: ora dovrà rispondere anche di quella detenzione di stupefacenti. A gestire il traffico di stupefacenti nella nostra provincia, erano, a parere dell’accusa, Marcomini, Sartor e Renesto. Un ruolo determinante l’ha giocato anche Gianfranco Morbioli.
«Ripetuti servizi di polizia giudiziaria hanno portato gli inquirenti», riporta l’ordinanza del gip Liguori, «ad individuare nell’abitazione di Morbioli (ad Arcole ndr) il luogo scelto dal gruppo per lo stoccaggio, il taglio ed il confezionamento delle ingenti forniture di stupefacente disponibili». D’altro canto, quella casa colonica «servita da una strada isolata di accesso» era l’ideale per gestire quel giro di stupefacenti. A Morbioli spettava, dunque, il ruolo di custodire e trasportare lo stupefacente. Lissandrini poi la trasferiva al luogo di ultima cessione oltre ad accompagnare in auto Angelo Manfrin in occasione della cessioni di droga in città. A parere dell’accusa, infine, Claudio Sartor e Maurizio Marcomini hanno garantito nel tempo «il risultato dello smercio delle partite di stupefacenti», procurate da Manfrin.  (larena.it)

Dall’eversione al traffico droga. È la carriera che unisce alcuni ex esponenti di Ordine nuovo e dei Nuclei armati rivoluzionari (Nar) ed ex brigatisti rossi. Secondo una indagine antidroga avviata nel 2006 dai carabinieri del Ros (raggruppamento operativo speciale), che oggi ha portato a 23 arresti, Angelo Manfrin, ex terrorista nero con una condanna in comune con Giusva Fioravanti e Francesca Mambro, è l’organizzatore di un vasto traffico di droga in alcune regioni del Nord Italia. Insieme a lui operava Renato Frigato, ex odinovista, quando tra gli indagati ci sono in totale una decina di ex Nar e anche un ex brigatista rosso residente a Peschiera del Garda. Dall’operazione sono emersi anche legami con la criminalità organizzata. Tra gli arrestati, infatti, figurano ex appartenenti alla mala del Brenta di Felice Maniero e alla banda della Comasina di Renato Vallanzasca, associazioni criminali che hanno agito tra gli anni Settanta e Ottanta. Tra i complici di Manfrin ci sono l’ex braccio destro di Vallanzasca, Antonio Colia, e Fiorenzo Trincanato, già nella mala del Brenta.

La mala del Brenta è stata un’organizzazione criminale che ha operato nel Nord Est tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta. Guidata da Felice Maniero, organizzò grosse rapine a laboratori orafi, banche e uffici postali e sequestri di persona, oltre a controllare bische clandestine e il traffico di stupefacenti. Quasi parallelamente, a Milano, agiva Renato Vallanzasca, noto per le sue evasioni. È stato autore di rapine, sequestri e omicidi e attualmente sta scontando una condanna a quattro ergastoli e 260 anni di reclusione.

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ROMA. Vasta operazione antidroga dei Ros in Veneto, Lombardia, Liguria e altre regioni che ha portato all'emissione di 20 ordinanze di custodia cautelare per associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti.

Altre 36 persone, indagate a piede libero, sono state sottoposte a perquisizione. Tra gli indagati vi sono ex esponenti di Ordine Nuovo e dei Nar, mentre tra altri arrestati figurano ex appartenenti della mala del Brenta di Felice Maniero e della banda della Comasina di Renè Vallanzasca. L’organizzazione criminale movimentava ingenti quantitativi di droga nel Nord Italia con modelli organizzativi tipici dei gruppi eversivi. Anche un ex brigatista rosso, residente a Peschiera del Garda (Verona), risulta tra gli indagati dell'operazione antidroga dei Ros. Tra il materiale sequestrato nella sua abitazione, vi sono anche vecchi volantini con la stella a cinque punte, che questi conservava nostalgicamente. L'operazione, avviata dai carabinieri nel 2006, aveva già portato nel tempo al sequestro di quasi 10 kg di cocaina e 15 di hascisc. Nelle perquisizioni portate a termine la notte scorsa, sono stati recuperati complessivamente un altro mezzo chilo di cocaina ed un chilo di hascisc, oltre ad una pistola con silenziatore e documenti falsi. A capo della banda c’era il pregiudicato, Angelo Manfrin, 64 anni, condannato nel 1990 dalla Corte d'Assise d'Appello di Venezia per associazione per delinquere in concorso con Gilberto Cavallini, Giusva Fioravanti e Francesca Mambro, e altri complici della banda responsabile, tra l'altro, dell'omicidio dei carabinieri Enea Codotto e Luigi Maronese, uccisi a Padova il 5 febbraio 1981.