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CONSULTA: ITALIA RIAPRA PROCESSO SE PER STRASBURGO NON EQUO
ORA REVISIONE CASO DORIGO; INTERVENTO DOPO INTERZIA LEGISLATORE
(ANSA) - ROMA, 7 APR - Va riaperto il processo italiano
conclusosi con una condanna ma rispetto al quale la Corte
europea dei diritti dell'uomo ha sentenziato la non equità del
giudizio. Lo ha stabilito la Corte Costituzionale, bocciando
l'art.630 del codice di procedura penale nella parte in cui non
prevede un diverso caso di revisione della sentenza o del
decreto penale di condanna per conformarsi a una sentenza
definitiva della Corte di Strasburgo. La Consulta è così
intervenuta, per la seconda volta in tre anni, sul caso di Paolo
Dorigo, il militante comunista veneziano condannato a 13 anni di
carcere per un attentato alla base Usaf di Aviano nel 1993.
Nel settembre del 1998, infatti, la Corte europea dei diritti
dell'uomo aveva accertato la non equità della sentenza con cui
la Corte di Assise di Udine, nel 1996, aveva condannato Dorigo.
Con la decisione della Consulta (n.113 depositata oggi in
cancelleria) si apre la strada alla revisione del processo a
carico di Dorigo, come sollecitato dalla Corte di Appello di
Bologna che aveva fatto ricorso alla Corte Costituzionale. Già
una volta, nel 2008, la questione era arrivata all'esame dei
giudici costituzionali che - viene ricordato nella sentenza di
oggi - avevano «rivolto un pressante invito al legislatore
affinché colmasse, con provvedimenti ritenuti più idonei, la
lacuna normativa». Ciò però non è avvenuto. E la Consulta è
ora intervenuta. (SEGUE).
(ANSA) - ROMA, 7 APR - Il 'pasticcio' del caso Dorigo e
della lacuna italiana si trascina da anni. A seguito della
sentenza della Corte di giustizia europea, che aveva accertato
l'iniquità di una condanna basata sulle dichiarazioni di tre
coimputati non esaminati in contraddittorio, Dorigo, maestro
elementare veneto e con un passato di militante in Autonomia
operaia e Lotta Continua, è tornato libero dopo diversi anni di
carcere: nel 2005 ha ottenuto gli arresti domiciliari; nel
marzo del 2006 la Corte di appello di Bologna ha sospeso la
pena; nel dicembre dello stesso anno, la Corte di Cassazione ha
ordinato la sua liberazione definitiva perché la prolungata
inerzia dell'Italia a conformarsi a quanto stabilito da
Strasburgo rende la sentenza di condanna ineseguibile.
Nel frattempo, però, Dorigo ha presentato istanza di
revisione del processo alla Corte di appello di Bologna, che per
due volte ha sollevato questione di legittimità costituzionale
dell'art. 630 del cpp. Il codice, infatti, consente la revisione
del processo solo nel caso in cui si scoprano elementi nuovi che
possano portare al proscioglimento del condannato. Ma non per
adeguarsi alle norme della Corte di Strasburgo che, come invece
stabilito dalla Consulta in riferimento all'art. 117 della
Costituzione, «impone la conformazione della legislazione
interna ai vincoli derivati dagli 'obblighi internazionali'».
Dal momento che - si legge nella sentenza scritta dal giudice
costituzionale Giuseppe Frigo - la Corte si è trovata di fronte
a un «vulnus costituzionale non sanabile in via
interpretativa» è pertanto «tenuta a porvi rimedio»
bocciando in parte l'art. 630 del codice di procedura penale.
Ora la strada che si apre è duplice: da un lato «spetterà
ai giudici comuni trarre dalla decisione i necessari corollari
sul piano applicativo, avvalendosi degli strumenti ermeneutici a
loro disposizione»; dall'altro, sarà compito del «legislatore
provvedere eventualmente a disciplinare, nel modo più sollecito
e opportuno, gli aspetti che - scrive la Corte - apparissero
bisognevoli di apposita regolamentazione». Nel primo caso la
Consulta rileva come sia «di tutta evidenza» che «non darà
comunque luogo a riapertura» del processo «l'inosservanza del
principio di ragionevole del processo» dal momento che «la
ripresa delle attività processuali approfondirebbe l'offesa».
Il giudice della revisione, infatti, dovrà valutare anche
«come le cause della non equità del processo rilevate dalla
Corte europea si debbano tradurre, appunto in vizi degli atti
processuali alla stregua del diritto interno, adottando nel
nuovo giudizio tutti i conseguenti provvedimenti per
eliminarli». Quanto infine a un eventuale intervento normativo,
la Corte sottolinea che il legislatore resta «ovviamente libero
di regolare con una diversa disciplina (recata anche
dall'introduzione di un autonomo e distinto istituto) il
meccanismo alle pronunce definitive della Corte di Strasburgo,
come pure di dettare norme su specifici aspetti di esso».
aspetti come ad esempio la previsione di un termine di decadenza
della domanda per la riapertura del processo, la Consulta
precisa di non poter intervenire in quanto di stratta di
«scelte discrezionali» del legislatore. (ANSA).