Comunicato diffuso da RIVOLUZIONE, bimestrale pubblicato a Padova

NO ALLE DEPORTAZIONI E ALLO STATO DI POLIZIA

Come Coordinamento di lotta per la Palestina di Milano esprimiamo la nostra ferma condanna delle recentissime deportazioni di cittadini stranieri, tutti arabo-islamici, effettuate sulla base del recente decreto pisanu (minuscolo redazionale del sito) contro il “terrorismo”. Tali deportazioni avvengono sulla base di sospetti e non meglio precisate prove di attività “pericolose per la sicurezza dello Stato” da parte di queste persone, e si sposano col clima di terrore, questo sì reale e non “sospetto”, che lo stato italiano assieme a quelli europei (della “unione europea”, nota redazionale) e statunitense sta imponendo alle popolazioni, dentro e fuori i confini nazionali. Un terrore fatto di bombardamenti, guerre e saccheggi nei paesi da depredare (Iraq e Afghanistan in cima) e di annientamento delle possibili opposizioni all’interno delle cittadelle imperialiste, nelle quali la popolazione viene artificiosamente mantenuta in un costante stato di paura per possibili “attentati” in modo da mettere sfruttati contro sfruttati, in particolare autoctoni contro immigrati, e trovare così degli utili capri espiatori su cui far convergere le fobie e l’odio popolare.

In una situazione, anche nei paesi imperialisti, di crescente miseria, di precarietà totale di vita, di pochissime speranze per un futuro migliore, causate dalla crisi planetaria del modello capitalista, è chiaro che cresca l’insicurezza sociale da assopire o con le promesse di spartizione del bottino delle guerre sempre più evidentemente di rapina, o da deviare sapientemente verso i settori più deboli del proletariato, mantenendo diviso il fronte di classe che potrebbe opporsi invece alle politiche imperialiste.

Queste operazioni da vero e proprio stato di polizia con cui, sulla base di semplici sospetti, si viene svegliati nel cuore della notte e deportati lontano dalle proprie famiglie e dalla vita che faticosamente ci si è riusciti a costruire, riguardano persone come l’imam Bourichi Bouuchta di Torino, conosciute e stimate dalla propria comunità ma anche per aver preso pubblicamente posizione contro le aggressioni in Iraq e Afghanistan o per aver mobilitato i propri concittadini (immigrati e non) in solidarietà al popolo palestinese. Se questi sono gli estremi per tacciare una persona di “terrorismo”, allora l’obiettivo di questo giro di vite non sono tanto i presunti “guerrieri di Allah” ma tutti coloro che in maniera coerente e non opportunista hanno manifestato e manifestano la propria opposizione all’imperialismo e al sionismo. Poi, chissà, toccherà a chi difenderà in maniera non ritual-sindacale il proprio posto di lavoro che i padroni vogliono chiudere e spostare altrove alla ricerca di maggiori profitti, o a chi occupa una casa per non dover vivere in strada o in balia dei rapinatori-padroni di casa e così andando: per lo stato e per il capitalismo, “terroristi” sono tutti i proletari che lottano e che non subiscono passivamente l’oppressione.

Coordinamento di lotta per la Palestina

MI 11-9-2005