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I FASCISTI NELLA sinistra. UN ESEMPIO VENEZIANO PER CAPIRE LE INFAMIE DEL REVISIONISMO

 

Per combattere le tendenze alla VIOLANTE (parificazione morale dei combattenti), BETTIN (schieramento con i fascisti sul palco in occasione della mistificazione sulle foibe), PANSA (revisionismo più recente) ecc.

 

Per capire certe cose, bisogna saperne altre.

Se non si sanno queste, non si capiscono quelle.

Partendo da questa semplice constatazione, ricordiamo un dato.

La “Politica” piace a chi la fa per potere, e costa a chi la fa per rigore.

Tra coloro che la fanno per il potere, i fascisti sono la categoria più pericolosa nel nostro paese sino all’incirca alla caduta del muro di Berlino.

A cavallo di questo evento infausto eppure necessario (il revisionismo in seno ai partiti comunisti dell’Europa Orientale aveva preso piede sin dalla scomparsa del compagno Stalin), sorgono in Italia fenomeni apparentemente “nuovi” dei nazi-skin e leghismo.

I primi sono rispondenti ad un adeguamento organizzativo e tecnico delle modalità di branco vigenti in maniera mafiosa dagli anni ’80 in numerosi gruppi politici, e questo riadeguamento parte dai “punti alti” dell’estrazione di plusvalore in un momento storico in cui il Sud del mondo non ha ancora acquisito la parte maggiore della estrazione di plusvalore dalla produzione materiale ed immateriale di merci, punto che invece oramai è stato certamente raggiunto per la produzione materiale ed è in corso di raggiungimento e sorpasso per la produzione immateriale.

I secondi sono una maniera popolare e qualunquista, ma motivata profondamente dal disgusto per le speranze tradite dalla sinistra borghese in seno al movimento operaio e popolare, che a seguito della sconfitta del principale tentativo rivoluzionario post-Resistenza, si traducono appunto in sfiducia, opportunismo, arrivismo, yuppismo (poi divenuto sessismo e retrogusto sociale).

Entrambe lasciano spazio e “motivazioni” (basti pensare alla polizia preventiva negli stadi di calcio, ed alle contemporanee ricerche psico-poliziesche sul controllo di massa istantaneo [vedasi pagina “Progetti NSA-CIA di controllo mentale”, http://www.associazionevittimearmielettroniche-mentali.org/www.avae-m.org/www.associazionevittimearmielettroniche-mentali.org/trufax1.htm la parte relativa al progetto avviato nel 1997-1998, o lo spazio illecito dato nelle Università ad agenti dei servizi o a vere e proprie facoltà di “investigazione” con alla testa un magistrato, come all’Aquila !].

Accanto al revisionismo “politico” nella sinistra borghese, si ha uno sfiancamento costante della classe operaia [basti pensare al battage mediatico sulla gonfiatissima cifra dei “quadri” in pratica dei lecchini del padron Agnelli, nel 1980, che serve a “riportare la normalità” a Torino, episodio che fa il paio lo stesso anno con il tradimento del vendutissimo infame P.Peci, che manda in galera un’ottantina di compagni-e in gran parte operai Fiat, e ne fa fucilare altri quattro a Genova, tra i quali due operai Fiat e Lancia], che serve a dare spazio alle merde nella sinistra, e a liquidare i dirigenti del sindacato più vicini, in ogni caso, alle istanze di classe.

In questo contesto, a Venezia la “sinistra” è all’avanguardia, e lo si vede dal comportamento di De Michelis, che prima gioca a Monopoli con la Montedison, e poi lancia la moda sado-maso nelle discoteche (la donna appesa alla gabbia durante una sua kermesse dentro locali inutilizzati, uno tra i moltissimi con i quali i padroni tengono ferma la economia della gente, in nome della economia “di mercato”), per finire ingloriosamente cestinato, ma non del tutto, quando la misura è talmente colma da trovare dei referenti nella magistratura (“Tangentopoli”), al che poi, ma è un’altra pagina, entra in gioco lo stragismo di stato appaltato alla mafia siciliana nelle sue varie componenti (Palermo-Trapani, Messina, Catania).

Del resto la “sinistra” anche qui non sta a guardare, e mutua la tesi sottoscritta informalmente in uno scritto mai reso pubblico del sottoscritto, sulle “Multinazionali mafiose” del 1985 (ben noto a chi mi controllava), per lanciare uno “specialista”, il quale accusa poi di connivenza con il narcotraffico internazionale (tesi che poi viene data per buona dalla stampa interessata alla complessiva “operazione di rimodellamento della sinistra”, partita con “Reporter” di Sofri Deaglio e Craxi, operazione non a caso collegata tramite Craxi e non solo, e moltissime merde massoniche, alla P2 ed al suo progetto) i guerriglieri la cui lotta è oggetto di prassi genocide coperte dal “socialismo internazionale” di Craxi ed Olof Palme (il primo a sperimentare in forma diffusa il controllo mentale nelle galere), e siamo al 19 giugno 1986 ed ai genocidi di Belaunde, Garcia Perez, che anticipano il fujimorismo [il Perù non è un paesucolo, ed è molto integrato culturalmente ed economicamente all’occidente, ed è un paese-chiave che, come il Cile di Allende e l’Argentina nei ‘70, poteva rappresentare negli anni ’80-’90 un pericoloso dato politico).

In questo quadro non può stupire l’inserimento “culturale” di una persona come Monica Centanni nella “sinistra”.

Chi è innanzitutto il padre di Monica Centanni ?

È per prima cosa il proprietario di un appartamento la cui porta di casa è la più bruciata in assoluto d’Italia.

È un fascista che girava armato, di notevole stazza e di carattere aggressivo, che nel 1969 dava la hall dell’Hotel Plaza di Mestre (di fronte alla stazione) al gruppo di Freda per le sue preparazioni stragiste.

Come alleva la famigliola ?  (due o tre figlie, un figlio) ?

Alla camicia nera, con l’aiuto della sua gentile consorte, una donna che a 40 anni non esita a spaccare una bottiglia di vetro per minacciare un futuro parlamentare della repubblica, che di anni ne aveva 13.

Non è una questione “personale” anche se i torturatori di Paolo Dorigo hanno battuto molto su questo chiodo, innanzitutto perché il Centanni abitava dall’altra parte di Venezia (dove studiava questo ragazzino poi parlamentare), e secondariamente perché tutta Venezia sapeva chi era costui, e non solo Venezia, ma anche l’allora pm antifascista di Padova Pietro Calogero, poi divenuto “fascista democratico” con la montatura picista del 7 aprile 1979; un pm che all’epoca si nascondeva dietro una scaletta di ferro della passerella della stazione, per sbirciare dentro l’albergo: vi era ancora democrazia, non c’era ancora il controllo mentale tecnologico a distanza).

Ora, la Monica Centanni può ben fare la studiosa, a parte che non si sa ben di che, comunque che “il Diario della settimana” ed altra stampa di “sinistra” la abbia ospitata, la dice ben lunga, se si pensa che era una delle militanti più attive del fronte “della gioventù” negli anni ’70 e che i suoi principali compagni di ventura erano accoltellatori noti in tutta Venezia, cacciati da una scuola e fuggiti di fatto dalla città negli anni ’70, per andare a studiare a Mestre in una scuola privata, almeno uno di loro, ove conobbero ben altri malandrini . . .

È certo solo un esempio, e in clima di revisionismo non si può più di tanto prendersela se una ex-fascista è ora diessina, però a me fa schifo.

Uno può anche cambiare idee e svolgere una attività professionale, ma solo nella pratica può correggere gli “errori del passato”.

E quale pratica operano questi ambienti ?

Non è dato sapere, a noi comuni mortali o nemici giurati del capitale.

25-10-2006

Paolo Dorigo