ARRESTATO UN AGENTE PENITENZIARIO
Avrebbe fornito il telefono cellulare all'ergastolano Timpani
La Sappe: "Poca sicurezza a Siano"

Giornale di Calabria, 2 settembre 2005

CATANZARO. È finito in carcere, con l'accusa di concorso in tentata estorsione, l'agente di polizia penitenziaria della sezione "collaboratori di giustizia" del carcere Siano di Catanzaro, che avrebbe fornito il cellulare e consentito l'uso di un computer a Santi Timpani, l'ergastolano messinese che continuava a controllare le attività dei suoi uomini dalla cella, dov'è detenuto, anche grazie a un telefono cellulare ottenuto illegalmente. Il provvedimento cautelare firmato dal gip, Daria Orlando, su richiesta del sostituto della Dda di Messina, Giuseppe Verzera. Attilio Peppino Iannazzo, 35 anni, originario di Lamezia Terme è ora detenuto nel carcere di Santa Maria Capua Vetere dopo l'arresto effettuato dalla squadra mobile della Questura di Messina. Si è scoperto che Timpani dalla sua cella aveva potuto persino ricattare un imprenditore di Milazzo (Messina), sotto procedimento per concorso esterno in associazione mafiosa, pretendendo 25 mila euro per pilotare le sue dichiarazioni e quelle di altri pentiti. Un ricatto compiuto grazie con una falsa citazione della Direzione nazionale antimafia realizzata con il computer a disposizione. "Il responsabile che avrebbe portato il cellulare in carcere, se gli indizi saranno confermati, oltre ad essere severamente condannato dovrà essere destituito dal Corpo perché ha tradito lo Stato e la fiducia di tutti i colleghi di Catanzaro". Lo afferma il sindacato autonomo di polizia penitenziaria (Sappe) della Calabria, in merito alla vicenda del bosso mafioso siciliano, condannato all'ergastolo, che dal carcere di Siano a Catanzaro controllava, via telefonino, i suoi affari illeciti. "Non ci si può comunque esimere - affermano i sindacalisti -dal fare un'analisi più approfondita, della situazione del carcere di Catanzaro e più in generale di tutto il sistema carcere. Intanto, bisogna ricordare che già l'anno scorso, nello stesso periodo, nell'istituto di Catanzaro furono rinvenuti alcuni telefoni cellulari e fu proprio la polizia penitenziaria a ritrovarli. Oggi, però, il carcere di Catanzaro, rispetto a qualche anno fa, è diventato molto più bello agli occhi di chi vi entra. Sono state piantate tante palme, al punto che ormai nemmeno i mezzi dell'amministrazione riescono a fare le necessarie manovre, le pareti sono variopinte e coperte di quadri, ma sono stati adottati alcuni provvedimenti che evidentemente complicano, aggravano eccessivamente i compiti degli addetti alla vigilanza. Tutto questo non giova alla sicurezza della struttura e, probabilmente, è stato anche percepito dai reclusi come un segnale di allentamento dell'attenzione. Che ben venga tutto questo, non siamo contrari, ma stiamo attenti alla sicurezza. Purtroppo, ci si preoccupa solo dell'aspetto esteriore e si dà l'impressione di curare poco la sicurezza; anzi, la sicurezza viene spesso percepita come ostacolo alle attività. Niente di più sbagliato". Nel carcere di Siano di Catanzaro sono reclusi circa 650 detenuti, moltissimi dei quali ad alto indice di pericolosità, a fronte dei quali sono assegnati circa 380 agenti, di cui solo 140 vengono impiegati nella sorveglianza dei detenuti. "Fermo restando eventuali responsabilità personali - afferma Giovanni Battista Durante, segretario generale aggiunto del Sappe, il sindacato di categoria con circa 13.000 iscritti a livello nazionale e circa 600 in Calabria - è necessario invertire rotta. Basta con i teatrini e le operazioni di facciata. Bisogna fare soprattutto sicurezza, perché in carcere e al Sud in particolare ci sono fior di delinquenti. Si deve affidare definitivamente la sicurezza ai funzionari della polizia penitenziaria, che hanno dimostrato di essere in grado di controllare i detenuti e tutto il personale che opera all'interno della struttura, eliminando anche le eventuali mele marce che ci sono in ogni buona famiglia". "Mentre vengono varati provvedimenti eccezionali per far fronte al terrorismo ed alla criminalità organizzata - aggiunge Durante - le carceri si stanno lentamente trasformando in colabrodo, dove può succedere di tutto: detenuti che comunicano all'esterno con i telefoni cellulari, detenuti ammazzati o suicidi, continue aggressioni al personale, agenti affetti da stress per il super lavoro cui sono costretti. A fronte di tutto questo, l'unica cosa fatta dal governo è stata l'approvazione di una legge che ha permesso l'accesso alla dirigenza a circa cinquecento funzionari amministrativi la cui carriera è stata equiparata a quella diplomatica e prefettizia. Intanto, 500 agenti ausiliari, a fine anno, lasceranno il servizio e il governo non ha fatto nulla per la loro definitiva assunzione. Ci sono iniziative legislative di riorganizzazione del sistema penitenziario, come la proposta di legge del presidente della commissione giustizia Gaetano Pecorella, ma non interessa ai burocrati del sistema che alla sicurezza probabilmente preferiscono il teatrino". "Le condizioni di lavoro del personale di polizia penitenziaria a Catanzaro, ma anche in altri istituti penitenziari della regione sono pesanti - sottolinea, dal canto suo, il segretario regionale del Sappe Calabria, Damiano Bellucci - a fronte di un continuo aumento dei reclusi si registra una ininterrotta diminuzione del personale in servizio in tutti gli istituti che sommata alla chiusura per lavori degli istituti di Cosenza e Locri rende la situazione in alcuni momenti incandescente, con carenza di personale all'interno delle strutture che determinano l'utilizzo di una sola unità di polizia penitenziaria in sezioni detentive che ospitano anche un centinaio di detenuti, per non parlare degli altri servizi come quello svolto dai nuclei traduzioni e piantonamenti che assolvono al loro compito con pochissimo personale e mezzi fatiscenti. Purtroppo da tempo le segnalazioni del sindacato, ma anche dei singoli operatori sembrano non trovare la giusta attenzione. Sulla questione relativa all'utilizzo abusivo di telefonini e di altra strumentazione tecnologica che può permettere comunicazioni non consentite - afferma Bellucci - è chiaro che sono necessari interventi che permettano di dotare le strutture penitenziarie di apparecchiature tecnologiche adeguate a fronteggiare la continua innovazione tecnologica, senza escludere, la possibilità di "schermare" gli istituti penitenziari al fine di neutralizzare la possibilità di utilizzo di qualsiasi mezzo di comunicazione non consentito".