NEWS ANARCOTICO 23-2-2006 Anche i mercenari italiani hanno torturato i prigionieri in Iraq. Gente pagata tanti
dollari per sparare, uccidere e fare la guerra sotto la bandiera Usa ha condotto interrogatori e seviziato i prigionieri
nel carcere di Abu Ghraib. A rivelarlo è "l'incappucciato di Abu Ghraib", l'uomo ritratto nella fotografia che ha fatto
il giro del mondo ed è divenuta il simbolo di quegli eventi. Ali Shalal al Kaisi, in un'intervista esclusiva a Rainews24
(realizzata da Sigfrido Ranucci), racconta per la prima volta in televisione le terribili torture a cui è stato sottoposto
nel carcere iracheno. L'intervista, nell'ambito dell'inchiesta sulle torture in Iraq, andrà in onda giovedì alle 7:40,
anche su Raitre, e alle 17:45, e aggiunge nuovi particolari sugli abusi subiti dai prigionieri iracheni. «Ogni volta
che usavano gli elettrodi - è l'agghiacciante racconto - sentivo gli occhi che fuoriuscivano dalle orbite. Una
scossa è stata talmente forte che mi sono morso la lingua e ho cominciato a sanguinare. Sono quasi svenuto.
Hanno chiamato un dottore, che ha aperto la mia bocca con gli stivali, ha visto che il sangue non veniva dallo
stomaco ma dalla lingua e ha detto: continuate pure», ricorda Alì, che, mostrando la sua mano deturpata,
aggiunge: «Con gli stivali calpestavano continuamente la mia mano ferita». Al Kaisi, incontrato ad Amman, in
Giordania, mentre seguiva un corso per Non violent action for Iraqi, tenuto da alcune Ong europee, è il fondatore
dell'Associazione delle vittime delle prigioni americane. Tra le testimonianze da lui raccolte anche quella di un ex
diplomatico iracheno, Haitham Abu Ghaith, secondo il quale, come racconta Al Kaisi nell'intervista a Rainews24, a
condurre i tremendi interrogatori dei prigionieri c' erano anche contractors italiani ingaggiati da ditte americane. Ali
dice all'inviato di Rainews24 di aver assistito personalmente ad abusi sessuali su uomini e donne. I suoi racconti
sono tremendi: «Una soldatessa ha interrogato un religioso, gli ha chiesto di fare sesso con lei. Lui si è opposto,
allora la donna è tornata, indossava un fallo finto e lo ha violentato...abbiamo sentito delle donne portate in
prigione che venivano violentate, che strillavano e chiedevano il nostro aiuto, ma l'unica cosa che potevamo fare
è gridare: "Dio è rande e vincera"». Al Kaisi sarebbe dovuto venire in Italia a raccontare la sua storia ma gli è stato
negato il visto.