Imputati: FABIANI – REALI ROSCINI
DIFESA AVV. TRUPIANO AL TRIB. DEL RIESAME (riunione ancora
in corso- 12.11.07 -h 16)
Vittorio Trupiano
TRIBUNALE DEL RIESAME DI PERUGIA
N. 673/07 R.M.C. PERS. FABIANI MICHELE
N.674/07 R.M.C. PERS. REALI ROSCINI FABRIZIO
Udienza del 12.11.07
Motivi a sostegno delle richieste di riesame pervenute il 27.10.07
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La misura cautelare emessa dal Gip presso il Tribunale di Perugia in data
18.10.07, e sostituita nei confronti del solo Reali Roscini con quella degli
arresti domiciliari dallo stesso Gip Dr.ssa N.F. Restivo, va annullata in
quanto al capo A) per i motivi di seguito dispiegati:
Insussistenza della fattispecie di cui art. 270 bis c.p. con riferimento al
comportamento processuale degli indagati ed alla personalità degli stessi
Il Tribunale del Riesame deve, infatti, tener di conto anche dei fatti
sopravvenuti all'emissione della oo.cc.
Orbene, trattandosi di reato c.d. "politico", almeno per distinguerlo
dai reati propri della criminalità comune, organizzata o meno che quest'ultima
sia, è da evidenziare come entrambi gli indagati, accusati, con riferimento al
capo di imputazione che stiamo esaminando, nello specifico di "azioni
rivolte nei confronti delle Istituzioni dello Stato italiano", sia pure in
modo diverso, non si siano avvalsi della facoltà di non rispondere,
prerogativa, quest'ultima, propria dei terroristi, di coloro, cioè, che hanno
dichiarato guerra alla Stato ed alle sue Istituzioni democratiche con la
finalità di un sovvertimento violento delle stesse.
Riconoscendo, pertanto, la Magistratura, sia quella Giudicante, sia quella
Inquirente ( cfr.: doppio interrogatorio da parte del Gip e del P.M. ), quale
loro interlocutore, essi hanno già manifestato di accettare incondizionatamente
le regole dell'Ordinamento Giudiziario dello Stato italiano, e per ciò stesso
lo Stato italiano.
Non si sono dichiarati prigionieri politici, hanno risposto, hanno contestato
gli addebiti loro rivolti, non li hanno rivendicati.
Possono essere considerati tali indagati aderenti ad un gruppo
anarchico-insurrezionalista?
E' questa la loro "insurrezione"?
Se la fattispecie loro contestata è da rapportare nell'ambito dell'art. 270 bis
c.p., se questi sono terroristi, potremo tirare finalmente un sospiro di
sollievo ed affermare di aver domato la bestia terrorista non tramite il
pentimento ( più o meno interessato che lo stesso possa essere essere ), bensì
tramite il riconoscimento da parte dei presunti terroristi del loro nemico: lo
Stato!
Ovviamente, queste considerazioni non possono non avere un riverbo anche sotto
l'ottica della persistenza delle esigenze cautelari, esigenze che, da simile
comportamento processuale posto in relazione alla accusa di eversione
dell'ordine democratico, sono obiettivamente ed inequivocabilmente allo stato
insussistenti.
Essi, pertanto, hanno il sacrosanto diritto di essere giudicati a piede libero,
la qualcosa, posta in relazione al capo di accusa, consentirebbe un loro totale
recupero del principio della legalità, mentre il protrarsi della carcerazione
preventiva, aggravata dall'Alta Sorveglianza a cui gli stessi sono sottoposti,
a giudizio dello scrivente che li ritiene innocenti, potrebbe produrre
l'effetto contrario, e, cioè, l'astio da parte di due incensurati nei
confronti delle Istituzioni.
Se processo politico è, come è, il Giudicante deve tener di conto anche delle
finalità che l'esercizio dell'azione penale si propone e che non devono essere
esclusivamente repressive in ossequio al principio della "giustizia
sostanziale".
Comunque, a scanso di equivoci, questo era il "salto di
qualità" che la presunta cellula anarchico-insurrezionalista si
riprometteva: dialogare con la Magistratura, riconoscere lo Stato e le sue
Istituzioni?
E c'è chi, come Reali Roscini, lo ha dichiarato esplicitamente nel corso
dell'interrogatorio da parte del Gip, depositando anche la ricevuta di
versamento di 1 euro per aver partecipato alla votazione delle primarie del
nuovo Partito Democratico, specificando di avere sempre esercitato il proprio diritto
di voto, sempre!
Reali Roscini, anche se ciò non risulta dal verbale riassuntivo del suo
interrogatorio, ha pure specificato di riconosce "soprattutto" la
Costituzione della Repubblica Italiana.
Può essere costui annoverato fra i presunti fondatori di una cellula
terroristica?
Il Fabiani, culturalmente profondamente preparato, studente universitario
iscritto al 2° anno della Facoltà di Filosofia, elabora nel corso dei due
interrogatori la sua contrapposizione allo Stato, ma essa è una contrapposizione
concettuale alle Istituzioni, in senso critico delle stesse, e mai
rivendicatrice del metodo violento e sovversivo dell'ordine democratico.
Allora qui si stanno processando, sia pure
"travestite" dalla formulazioni di plurimi capi di imputazione, il
suo libero pensiero, la sua ideologia, in buona sostanza, la filosofia ed il
credo politico anarchico, e ciò è quanto di più incostituzionale possa
esistere!
Nell'impugnata oo.cc., i riferimenti a Paolo Dorigo, alla associazione dallo
stesso fondata in difesa delle presunte vittime di controlli mentali, l'Avae-m,
al libro "La tortura nel bel paese" ( libro la cui prefazione porta
la firma del Senatore Giovanni Russo Spena, nonché l'intervento dello scrivente
Avv. Vittorio Trupiano ) sono continui, ripetuti e gratuiti ed alimentano il
sospetto del Fabiani di essere stato destinatario di particolare attenzione da
parte dell'Arma dei Carabinieri proprio nel momento in cui inizia a caldeggiare
la protesta del detenuto comunista Paolo Dorigo.
Fabiani, infatti, partecipa a diversi sit-in all'esterno del carcere di
Spoleto, scrive a Dorigo, sottoposto a censura e detenuto in E.I.V., e lo fa
mentre oltre 40 fra Senatori e Deputati della Repubblica italiana, nonché
Consiglieri regionali umbri, si avvicendano nel rendergli visita e
manifestargli la propria solidarietà ( anche il Sindaco Brunini fu solidale )!
Ma chi è Dorigo e perché suscita tanto interesse nell'allora nemmeno
diciottenne Michele Fabiani?
E' opportuno porci questo quesito, esso è pertinente ai fatti oggetti del
presente procedimento penale, perché Dorigo, così come la sua predetta
associazione, al parti di diversi personaggi che gravitano nella sua orbita
politica, come Maurizio Bassetti, e non solo, rappresentanto una costante fissa
nelle informative dei ROS, trasumate integralmente nella oo.cc. e come tali
costituenti parte integrante della stessa.
Di certo la sua storia, quella scritta con la privazione della sua libertà per
ben 12 anni, scritta col suo sangue a causa delle molteplici violenze anche
fisiche che ha dovuto sopportate durante la detenzione e fatte oggetto anche di
inchiesta da parte del Comitato anti-tortura presso la Commissione europea,
costituisce la pagina meno "gloriosa" dell'amministrazione della Giustizia
italiana.
Condannato in Patria nel '93 proprio per il reato di cui all'art. 270 bis c.p.,
nel '98 la Corte europea gli riconosceva il diritto ad un giusto processo (
quello celebrato dalla Corte di Assise di Udine giusto non fu, dal momento che
il suo accusatore si sottrasse al libero esame nel contraddittorio delle parti
processuali, mentre le sue accuse entrarono nel processo e furono utilizzate ex
art. 513 c.p.p. ).
Altri 8 anni (!) sono passati per vedere riconosciuto il suo diritto alla
celebrazione di un nuovo processo in Italia.
Egli venne scarcerato nel 2006 in quanto la Corte di Appello di Bologna,
competente per il giudizio di revisione, riconobbe fondata la eccezione,
sollevata dallo scrivente avvocato Vittorio Trupiano, di illegitimità costituzionale
dell'art. 630 lett. a) nella parte in cui non prevedeva la sentenza della Corte
europea quale titolo per poter richiedere la revisione di sentenza di condanna
in diritto interno.
Solo così è chiusa una interminabile fra lo Stato membro Italia ed il Comitato
dei Ministri presso il Consiglio d'Europa ( Organo preposto alla esecuzione
delle sentenze della Corte europea ).
E' doveroso rappresentare tutto ciò in quanto le informative di carattere
generale dei ROS, prodromiche alla misura cautelare, si sono occupate a lungo
di Dorigo che però viene "presentato" quale terrorista, piuttosto che
come vittima delle conseguenze di un non giusto processo.
Così come particolare attenzione è stata dedicata nella oo.cc. al fenomeno del
gruppo della COOP/FAI, nella sua genesi e nella sua evoluzione, esattamente
"ad colorandum" la contestata fattispecie criminosa che, al
contrario, ricondotto l'operare del cinque indagati nella sua realtà,
obiettivamente si appalesa lontana mille miglia da ogni forma di terrorismo (
pag. 74 oo.cc. MICHELE: "..io che ce sò state queste azioni l'ho
saputo l'altro ieri..non sapevo niente prima, quindi niente.." ).
I profili politico-giuridici dell'art. 270 bis c.p. nel diritto sostanziale
Si tratta dei reati di Associazione Sovversiva ( così come concepiti dalla
dittatura fascista, che promulgò l'art. 270 nel 1930 ), associazione sovversiva
con finalità terroristica ( art. 270 bis ) rivista e corretta, con aumento di
pene, esclusione dai benefici e infinite possibilità preventive, dopo l'11
settembre 2001.
Questa involuzione è tutta in linea con le misure emergenziali oggi in voga in
mezzo mondo, sulla fasa riga del Patriot Act americano.
Il reato associativo ex art. 270 c.p., proprio per la sua logica
antidemocratica, doveva essere abrogato non appena l'Italia si liberò dalla
dittatura, questo articolo rimase invece in vigore, anche se con scarsa
applicazione, per ricomparire in grande stile nel corso del conflitto sociale e
politico degli anni settanta.
Un'emergenza, che, poi, nel nostro Paese non è mai finita.
Attraverso l'art. 270 e derivati ( 270 bis, tir, quater, quinquies,essties. ),
è possibile condannare il reo prima di avere compiuto il reato, in pratica il
reato eversivo, così come concepito, si compone della sua, peraltro presunta,
intenzione.
Carta bianca, dunque, ai più fantasiosi teoremi e ai manovratori
dell'emergenza, per un nulla possono essere colpiti movimenti politici ( A
Manca in Sardegna, Iniziativa Comunista e vari altri raggruppamenti colpiti da
simili provvedimenti in questi anni ) o comunità nazionali, in generale è
l'intera società e la possibilità stessa di una sua trasformazione a subire
questa metafisica cappa repressiva.
La dinamica stessa della war on terrorism si è sovrapposta a questa emergenza
infinita tutta italica, portando sia ad un peggioramento legislativo,
riscontrabile oltre che nell'aumento delle pene anche nella sopressione, in
vigore dal 2003, dei benefici penitenziari e delle misure alternative alla
detenzione altrimenti previste dalla legge Simeone.
Dal 2003 i detenuti condannati in via definitiva per art. 270 bis dovranno
scontare per intero la pena in carcere, in barba ai principi di reinserimento
sanciti dalla nostra Costituzione.
La pena, per questi reati marcatamente ideologici, è cioè esclusivamente
afflittiva e punitiva, finalizzata a punire il compimento di un reato, cioè
l'eversione e sovversione dell'ordine costituzionale, un reato che agli effetti
della condanna è tutto nella coscienza dei soggetti perseguiti.
E' abbastanza incontestabile, e tra l'altro ben analizzato da autorevoli
esponenti degli apparati di controllo, che nella realtà delle cose non vi è
alcun pericolo per la stabilità dell'ordine costituzionale e dunque questa
emergenza, così concepita, sia destituita di ogni fondamento.
Ben altri sono i pericoli, e i condizionamenti terroristici ed eversivi operati
dagli anni settanta in avanti, in quella che può essere definita una democrazia
a metà: dalle troppe "stragi di stato", ai progetti pidduisti, ai
tentativi secessionisti del Nord Italia, tutti episodi che hanno condizionato
sensibilmente la dialettica democratica, ma verso i quali è stata usata ben
altra delicatezza.
Eppure è con questa strategia eversiva degli apparati che si è impedito
l'accesso agli strumenti democratici a una parte del popolo italiano, che ne è
rimasta così esclusa, ed è attraverso questo tipo di terrorismo che si è
colpito a fondo lo sviluppo del movimento popolare e di classe nei decenni
passati.
Non è un caso forse che negli ultimi tempi mentre aumentavano le pene per i
reati associativi, peggiorando anche le condizioni di detenzione nei reparti
speciali ad Elevato Indice di Vigilanza già dichiarati illegittimi dalla Corte
europea di Strasburgo per i diritti dell'uomo, si ponesse mano al codice per
dare notevoli sconti e riduzione di pena per i reati a sfondo razziale e contro
l'unità dello Stato.
E non è un caso che per lo stragismo e i disegni eversivi finalizzati alla
stabilizzazione moderata non è mai stato individuato nessun mandante o serio
colpevole.
Da notare infine che sia per episodi riguardanti atti legati all'estremismo di
destra, anche di eclatante pericolo, che per disegni decisamente eversivi come
l'ambigua vicenda del DSSA nel 2005, non sia stato applicato in questi ultimi
anni il criterio dell'art. 270, ciò nonostante il rinvenimento di armi,
esplosivi, pratiche eversive finalizzate a procurare allarme e destabilizzare
il Paese con attività illecite entro le forze armate e di polizia (anche con
l'accesso ai dati del Ministero degli Interni e complicità mai chiarite).
Come a dire che in pratica gli articoli di legge sono di parte nella loro
applicazione, e l'art. 270-270 bis è "prerogativa" di chi non
rinuncia a lottare per una trasformazione della nostra società, contro guerre
illegali e violazioni di diritti di cui le nostre Istituzioni dovrebbero invece
essere garanti.
Un dato sociologico piuttosto banale ma che è sempre bene ribadire è che il
rapporto tra società e criminalità è caratterizzato da uno stretto dinamismo
parallelo.
Così una società arretrata viene caratterizzata da forme arcaiche di
criminalità, mentre a società avanzate e complesse corrispondono forme sempre
più articolate di aggressione ai beni umani.
Per farvi fronte, il legislatore deve adottare mezzi di contrasto normativi e
giudiziari che devono seguirne e mutarne necessariamente la complessità, senza
indulgere a semplificazioni pericolose sul piano delle garanzie, che potrebbero
far scivolare gli ordinamenti più avanzati verso l'ingiustizia e l'arbitrio.
Viceversa, un esempio di come il nostro legislatore possa esprimere, in momenti
di particolare emotività connessa ad eventi straordinariamente traumatici,
norme irragionevoli, vacuamente semplificatorie, di mero effetto simbolico e
pertanto di difficile applicazione ( a meno di non piegare il diritto ad
esigenze metagiuridiche conducenti a risultati opposti rispetto a quelli di
giustizia ) è dato dalla modifica dell'art. 270 bis c.p. all'indomani della
tragedia dell'11 settembre 2001.
Questa norma addirittura punisce le associazioni con finalità di terrorismo
"anche quando gli atti di violenza sono rivolti contro uno stato estero,
un'istituzione e un organismo internazionale"!
Mentre non è ancora decollato il mandato di cattura europeo, osteggiato proprio
dal nostro Paese, l'art. 270 bis c.p. e certe sue interpretazioni estreme non
supportate da elementi probatori adeguati rischiano di introdurre
surrettiziamente una sorta di mandato di cattura globale, in contrasto con i
fondamentali principi costituzionali e ordinamenti di garanzia.
L'art. 270 bis c.p. è già espressione di una legislazione penale speciale, da
stato d'eccezione, e l'unica tutela è costituita dal prudente apprezzamento
interpretativo del giudice.
Ciò mentre le garanzie processuali appaiono essere sempre più nel nostro
sistema "a geometria variabile" e orientabili a seconda di
imputazioni e imputati: massimo grado per gli imputati eccellenti ( politica,
finanza, alta criminalità organizzata ), azzerate per la devianza marginale e
gli immigrati minori, meglio ancora se accusati di contatti con l'area
dell'integralismo islamico.
Dovrebbe ancora essere ricordato che secondo l'art. 3 della Costituzione la
legge è uguale per tutti i cittadini senza distinzioni di razza o religione o
di credo politico, e che le garanzie processuali non sono enfatizzabili per
sfuggire al processo quando serve, o azzerabili per condanne scontate, ma per
un mezzo ordinario e tendenzialmente uguale per tutti, che serve a dare
credibilità e affidabilità sociale alla decisione del giudice.
Soprattutto non devono essere a geometria variabile o politicamente orientabili
a seconda delle convenienze e delle opportunità.
L'inconfigurabilità della fattispecie prevista dall'art. 270 bis c.p. nel caso
di specie, la giurisprudenza al riguardo
a) natura giuridica
Il delitto di cui all'art. 270-bis c.p. va inserito nella categoria dei reati
di pericolo e postula soltanto l'esistenza di un'associazione che abbia il fine
di eversione dell'ordine democratico, con il compimento di atti di violenza,
strumentalmente diretti, perciò, alla realizzazione di detta finalità e quindi
del programma di sovversione che costituisce il pericolo previsto dalla norma
incriminatrice: tale fine bene può essere desunto dalla convergenza di diversi
elementi, quali la personalità degli associati con la loro accertata
qualificazione ideologica ( Reali Roscini: quale? ), la disponibilità di
appartamenti destinati alle riunioni clandestine ( non rinvenuti ), il possesso
di armi occultate in detti appartamenti ( non rinvenute ), il rinvenimento di
documenti falsi ( non rinvenuti ) o di altri arnesi o strumenti sintomatici di
attività illegali, la detenzione di carte e stampanti e scritti vari, a
contenuto chiaramente (?) sovversivo, destinati all'utilizzo ed alla
diffusione, la disponibilità di somme non giustificate ( nemmeno
rinvenute ) e da qualunque altro elemento logicamente utilizzabile, per
una diagnosi tecnico-giuridica del tipo indicato. ( Cass., sez. II, 14 febbraio
1985 - 14 giugno 1985, n. 5831, GP 86,II, 85; CP 86, 1532; Cass., sez. I, 4
novembre 1987 - 15 giugno 1988,n. 6952,CP 87, 977 cit. Nel senso che il reato è
di pericolo presunto, v, anche Cass., sez. I, 11 maggio 2000 - 20 giugno 2000,
n. 3486, CP 01, 1996 ).
Il reato di cui all'art. 270-bis c.p. è un reato di pericolo presunto, per la
cui configurabilità occorre, tuttavia, l'esistenza di una struttura organizzata
( ? ), che deve presentare un grado di effettività tale da rendere almeno
possibile l'attuazione del progetto criminoso, correlata alla idoneità della
struttura al compimento di una serie di reati per la cui realizzazione
l'associazione è istituita ( Cass., sez. I, 11 ottobre 2006 - 17 gennaio 2007,
n: 1072, CED 235289 ).
b) elemento oggettivo
Il reato di cui all'art. 270-bis c.p., è un reato di pericolo presunto,
per la cui configurabilità occorre, tuttavia, l'esistenza di una struttura
organizzata, con un programma comune fra i partecipanti, finalizzato a
sovvertire violentemente l'ordinamento dello Stato e accompagnato da progetti
concreti ed attuali di consumazione di atti di violenza. Ne consegue che la
semplice idea eversiva, non accompagnata da propositi concreti ed attuali di
violenza, non vale a realizzare il reato, ricevendo tutela proprio dall'assetto
costituzionale dello Stato che essa, contraddittoriamente, mira a travolgere.
Analoghe considerazioni vanno fatte per il reato di cui all'art. 272 c.p. per
il quale è necessario che l'azione sia idonea a suscitare consensi in un numero
indeterminato di persone relativamente non ad un'idea bensì ad un programma
violento di eversione ( ?! ) ( Cass., sez. I, 11 maggio 2000 - 20 giugno 2000,
n. 3486; CP 01, 1196 ).
c) elemento soggettivo
La finalità di terrorismo e quella di eversione dell'ordine
costituzionale sono concettualmente distinte. Costituisce finalità di
terrorismo quella di incutere terrore nella collettività con azioni criminose
indiscriminate, dirette, cioè, non contro le singole persone ma quello che esse
rappresentano o, se dirette contro la persona, indipendentemente dalla sua
funzione nella società, miranti ad incutere terrore per scuotere la fiducia
nell'ordinamento costituito ed indebolirne le strutture. La finalità di
eversione si identifica, invece, nel fine più diretto di sovvertire
l'ordinamento costituzionale e di travolgere l'assetto prularistico e
democratico dello Stato disarticolandone le strutture, impedendone il
funzionamento o deviandolo dai principi fondamentali che costituiscono
l'essenza dell'ordinamento costituzionale ( Cass., sez. I, 11 luglio 1987 - 5
novembre 1987, n. 11382, CED 176946 ).
d) circostanze
I cinque indagati, invero, non possono essere assolutamente definiti
portatori né dell'una, né dell'altra finalità, nonstante che al capo a) vengano
contestate loro entrambe le finalità ( ! ), senonaltro in relazione ai presunti
singoli comportamenti criminosi dettagliatamente descritti nei reati fine.
D'altra parte, manca nei loro confronti la contestazione dell'aggravante del
fine di terrorismo privista dall'art. 1 l. 6 febbraio 1980, n. 15.
Tale finalità, infatti, non è elemento costitivo del reato, ma circostanza
aggravante dello stesso ( Cass., sez. VI, 10 febbraio 1998 - 13 marzo 1998, n.
3241, CP 99, 1104 ).
Il rapporto intercorrente tra la fattispecie dell'art. 270 bis c.p. e quella
dell'associazione sovversiva ( art. 270 c.p. ): la non configurabilità, nel
caso di specie, della fattispecie prevista dall'art. 270 bis c.p.
In seguito all'intervento riformatore del 2005 viene ad essere alterato,
anche, il rapporto intercorrente tra la fattispecie dell'art. 270-bis c.p. e
quella dell'associazione sovversiva (ex art. 270 c.p.), recentemente
modificata dalla cd. legge sui reati di opinione.
In precedenza, pur presentando elementi comuni quali la struttura organizzativa
ed il compimento di atti di violenza, si differenziavano per lo scopo ( in un
caso la finalità di terrorismo o di eversione e, nell'altro, la volontà di
sopprimere violentemente gli ordinamenti economici o sociali dello Stato
) e per la circostanza che la condotta dell'art. 270 c.p. doveva
realizzarsi nel territorio dello Stato italiano.
Già sotto la vigenza della precedente normativa la giurisprudenza aveva
affermato la configurabilità di un concorso apparente di norme, in quanto le
due fattispecie presentavano la stessa obiettività giuridica ed aveva stabilito
l'applicabilità del solo art. 270-bis c.p. in caso di associazioni operanti in
Italia.
Tale soluzione avrebbe comportato un'abrogazione implicita dell'art. 270 c.p.
ed un'interpretazione ampia e compatibile con i canoni europei della finalità
di terrorismo, in cui sono ravvisabili elementi propri della sovversione e
dell'eversione.
Con la riforma dei reati di opinione il nuovo art. 270 c.p. si sovrappone in
maniera parziale all'art. 270-bis c.p., nell'ipotesi in cui entrambe le
fattispecie incriminano le associazioni sovversive contro lo Stato italiano e
l'art. 270-bis c.p. troverà applicazione invia esclusiva nel solo caso di
associazioni con finalità di terrorismo internazionale. ( in: Criminalità
organizzata trasnazionale e sistema penale italiano, a cura di Elisabetta Rossi
)
Come è stato agevole rilevare, l'imputazione di cui al capo a) con riferimento
all'art. 270-bis c.p. è assolutamente carente sotto il profilo della natura
giuridica dello stesso e dei suoi elementi, oggettivo e soggettivo, oltre a non
poter essere configurabile, come appena visto, nel caso de qua, il tutto comportando,
tra l'altro, l'insussistenza dei gravi, precisi e concordanti indizi di
colpevolezza, o, nella peggiore delle ipotesi, l'insussistenza attuale della
misura cautelare ( v. comportamento processuale degli indagati, loro
personalità ).
In tal senso, quindi, l'oo.cc. va annullata
I precedenti giudiziari specifici:
Il precedente del Tribunale del Riesame di Bologna: la "FAI" (
informale ) non esiste, la Cassazione conferma
Con dispositivo reso all'udienza dell'11 giugno 2005 e motivazione depositata
il 25 successivo 25 agosto, il Tribunale del Riesame di Bologna, presieduto
dalla Dr.ssa Liliana Gabbi, annullò l'ordinanza di custodia cautelare nei
confronti degli anarchici, Bertoni Mattia, Speziale Valentina, Cremonese
Danilo, Caroli Elsa, Tavarnese Tirteo, e Bisesti Carlo, tutti imputati del
reato previsto e punito dall'art. 270-bis c.p., per aver costituito una
associazione con finalità di terrorismo e di eversione dell'ordine democratico
denominata "Cooperativa Artigiana Fuochi ed Affini", aderente alla
"F.A.I. INFORMALE".
Gli imputati erano accusati, tra l'altro, di aver collocato un ordigno
esplosivo nei pressi della Questura di Bologna, di aver inviato plichi espolisi
ai Carabinieri, al Prefetto di Genova, al Tg4, alla Betton di Treviso e al
sindacato degli agenti della polizia spagnola.
La FAI ( informale ) non esiste, motiva il Tribunale del Riesame:
"Non è dato sapere se la Fai abbia effettivamente preso vita né chi si
celi dietro le sigle federate..non esistono indizi convergenti per poter
affermare che detta federazione si sia dotata di una struttura stabile ed
organizzata".
"Il quadro indiziario resta ben lontano dallo standard normativo che
legittimi l'emissione di una misura cautelare.. non sono stati rinvenuti mezzi
o documenti sintomatici di attività illegali, né è stata accertata la stabile
disponibilità di mezzi, di basi logistiche, di fonti di
finanziamento..nonostante la serrata attività investigativa e l'attività
captativa che dal gennaio 2004 ha interessato gli indagati e nonostante
le plurime perquisizioni a loro carico non si è giunti ad acquisire un quadro
indiziario idoneo a sostenere, con dovuta gravità, una qualche diretta
partecipazione dei sodali a uno o più fatti delittuosi che vengono ricondotti
alla Cooperativa prima e alla Fai dopo".
Né, tantomeno, è stato accolto il ricorso per Cassazione presentato dalla
Procura della Repubblica bolognese ( 21 dicembre 2005 ), anzi, allo stesso si è
addirittura opposta proprio la Procura generale presso la Suprema Corte!
Se, quindi, l'accusa formulata nei confronti degli attuali ricorrenti al capo
a) dell'oo.cc è quella di aver costituito, organizzato, un gruppo di
ispirazione "anarchico-insurrezionalista" denominato COOP/FAI
"aderente alla F.A.I.-FEDERAZIONE ANARCHICA INFORMALE", tale accusa è
minata di credilità e di riscontri proprio nel momento genetico della misura
cautelare per la palese inesistenza, o quanto meno per la non dimostrata
esistenza, di tale Struttura Federale.
L'ordinanza del Tribunale del Riesame di Bologna, d'altronde, non fa altro che
recepire integralmente l'orientamento giurisprudenziale del Supremo Collegio di
legittimità, quanto ai presupposti indispensabili ( disponibilità di
appartamenti clandestini per le rionioni degli aderenti, disponibilità da parte
degli stessi di fonti di finanziamento, disponibilità di armi, disponibilità di
basi logistiche) per potersi configurare l'esistenza di una associazione
terroristica o eversiva che dir si voglia, come già abbondantemente trattato in
precedenza.
In mancanza, infatti, di siffatti presupposti non è dato assolutamente di
asserire e di configurare un gruppo avente finalità di terrorismo e di
eversione dell'ordine democratico, non può assolutamente sussistere l'ipotesi
di reato di cui all'art. 270-bis
c.p.
I precedenti giudiziari specifici, segue: Val di Susa, non basta un
volantino per essere terroristi
Cassazione, I Sez. Pen., sentenza n° 5578 del 12.2.2002
La Cassazione ha stabilito che le azioni dimostrative contro l'Alta Velocità
non si possono considerare atti terroristici, perché non avevano obiettivi che
mirano al cuore dello Stato.
Le azioni dimostrative contro l'Alta Velocità in Val di Susa non sono punibili
come atti terroristici, anche se gli "anarco-insurrezionalisti" le
hanno apertamente rivendicate con un volantino.
La Cassazione ha dichiarato nulla la sentenza di condanna per terrorismo
inflitta al gruppo anarchico che in Val di Susa aveva preso di mira il progetto
dell'Alta Velocità incendiando enti locali e manomettendo l'impianto di
illuminazione di una galleria autostradale ( gli attuali indagati, per la
verità, anche a voler assecondare il teorema accusatorio, avrebbero fatto molto
di meno.. ).
In sostanza la riflessione della Suprema Corte è la seguente: non possono
essere condannati per terrorismo perché non avevano obiettivi che miravano al
cuore dello Stato (lo è forse, a mò di campionatura, il quadro generale
dell'impianto elettrico del cantiere edile dell'impresa di costruzioni Zaffini
s.r.l.? Esso è il cuore dello Stato?)
Anche i volantini con le rivendicazioni che contenevano affermazioni eversive
non sono sufficienti a dimostrare l'intento terroristico.
L'ipotesi di reato di terrorismo, spega la Cassazione rimproverando il dispositivo
della sentenza del Tribunale di Torino, ricorre solo quando ad essere colpiti
sono "specifici organi, istituzioni, organismi di portata nazionale, la
cui incolumità e normalità ddi funzionamento è necessaria per la sopravvivenza
dell'ordinamento democratico italiano".
In caso contrario si tratta solo di gruppi delinquenziali con "velletarie
intenzioni insurrezionali".
La Cassazione ha colto l'occasione per invitare gli inquirenti a non
"ingigantire" la portata di certe inchieste ( ! ! ! )
Questa conclusione è perfettamente in linea con il progetto della Commissione
Grosso di riforma al codice penale.
Al secondo comma dell'art. 2 del progetto si legge che "le norme
incriminatrici non si applicano ai fatti che non determinano una offesa al bene
giuridico protetto" ( in questo caso lo Stato, tutelato dall'art. 270 bis
del codice penale ).
L'accusa di terrorismo decade nel momento in cui lo Stato "centrale"
non è stato toccato dalle azioni criminose.
I Supremi Giudici hanno ritenuto già applicabile
"questo parametro di interpretazione essendo pienamente consonante con i
principi costituzionalmente garantiti di libertà di associazione e di tipicità
dei comportamenti sanzionabili penalmente".
Quindi non basta a far sussistere il reato di terrorismo la sola intenzione
proclamata dai membri di una organizzazione, di essersi associati per
sovvertire violentemente l'ordinamento dello Stato.
Anche se gli aderenti all'associazione commettono illeciti penali violenti
definendoli azioni eversive, questi atti restano "di per sé stessi,
inidonei, a porre in pericolo il bene tutelato da detta norma".
"Aldilà delle proclamate intenzioni ( peraltro miranti, con metodi
illeciti, a sollecitare l'attenzione della pubblica opinione e a protestare in
merito al degrado ecologico della Val di Susa per la progettata costruzione
della linea ferroviaria al alta velocità ) le azioni contestate all'imputato,
essendo rimaste circoscritte all'offesa di beni, di proprietà privata o di enti
pubblici locali, situati soltanto nella zona circoscritta e periferica dello
Stato e non avendo, invece, colpito specifici organi, istituzioni, organismi di
portata nazionale, la cui incolumità e normalità di funzionamento è necessaria
per la sopravvivenza dell'ordinamento democratico italiano, si sono dimostrate
inidonee a produrre l'evento del reato in questione, di guisa che detto
comportamento associativo non può essere assunto nell'illecito di cui all'art.
270 bis c.p."
Può, ex converso, argomentarsi e sostenere che, al pari della ZAFFINI S.R.L.,
il cantiere edile "POSTERNA" sia un organismo nazionale necessario
per la sopravvivenza del nostro ordinamento democratico?
Così come quelle scritta sulle mura, come i volantini, integrano gli estremi
della citata norma?
Orbene, questa sentenza appena richiamata corrisponde, in tutta onestà
intellettuale da parte dello scrivente, all'esatta fotografia del procedimento
penale di cui all'impugnata oo.cc.
Si impone, pertanto, l'annullamento dell'oo.cc. relativamento al capo a).
Per quanto, viceversa, attiene agli altri capi di imputazione, per i quali
tutti pure è stata disposta l'estrema misura cautelare e nei quali tutti
risulta essere indagato Michele Fabiani, nel capo g) unitamente anche a Reali
Roscini, viene contestualmente depositata altra memoria difensiva sottoscritta
da entrambi i difensori ai cui motivi ed alle cui conclusioni espressamente ci
si riporta.
Qui basterà evidenziare come in tutti i detti capi sia sempre trascritto:
"perché, in concorso fra di loro, con più azioni esecutive del medesimo
disegno cirminoso, perseguendo le finalità eversive di cui al precedente capo
A"
Ciò nonostante, particolare attenzione sarà dedicata al capo g).
Disegno criminoso?
L'art. 270-bis c.p., che, come detto, è già reato di pericolo
"presunto", non prevede l'ammissibilità della forma tentata.
Proprio perché reato di pericolo presunto non è dato all'interpetre di operare
un ulteriore arretramento della soglia di rilevanza penale.
In effetti, sussiste un rapporto di genus ad speciem tra il disposto di cui
all'art. 270 bis e quello contenuto nell'art. 270, per il quale il tentativo è
solo astrattamente ipotizzabile.
Ciò penalizza ulteriormente l'approccio difensivo con una fattispecie che di
per sé è gia figlia della legislazione penale "speciale".
S I C O N C L U D E
Pertanto, per l'annullamento totale dell'impugnata oo.cc.
In via subordinata:
Fabiani Michele: per la sostituzione della impugnata misura cautelare con
quella meno afflittiva degli arresti domiciliari;
Reali Roscini Fabrizio: per la sostituzione dell'attuale misura degli arresti
domiciliari con quella meno affliitiva dell'obbligo di dimora nel comune di
Spoleto e/o con quello giornaliero della firma presso organo di P.G.
Deposita: estratto da internet di parte della motivazione del Tribunale del
Riesame di Bologna.
Perugia, lì 12 novembre 2007
( Avv. Vittorio Trupiano )