BREVI NOTE DI UN BILANCIO SULLA PROPRIA POSIZIONE POLITICA

 

 

    Ritengo importante l’esperienza del Partito Comunista del Perù per due motivi: dopo la presa del potere da parte dei revisionisti in Cina dopo la morte di Mao è stato il primo partito comunista (nel 1983) a proclamare il maoismo come terza tappa del pensiero comunista e nel 1980 lanciare la guerra popolare di lunga durata, che è stato l’inizio del lancio delle altre guerre popolari in atto nel mondo 1°.

   Il riconoscere al Partito Comunista del Perù il ruolo di essere faro per il Movimento Comunista del Perù non significa fare del terzomondismo, ma riconoscere invece che il PCP si batte su dei principi universali per il movimento comunista quali:

1° La contraddizione, legge fondamentale e unica dell’incessante trasformazione.

2° Le masse fanno la storia.

3° Lotta di classe, dittatura del proletariato e internazionalismo proletario.

4° Necessità del Partito Comunista Marxista Leninista Maoista che applichi con fermezza l’indipendenza, l’autodecisione e l’autosostentamento.

5° Combattere l’imperialismo, il revisionismo e la reazione congiuntamente e implacabilmente.

6° Conquistare e difendere il potere con la guerra popolare.

7° Militarizzazione del partito e costruzione concentrica dei tre strumenti della rivoluzione (Partito, Esercito e Fronte).

8 Lotta fra le due linee, come forza stimolatrice dello sviluppo del Partito.

9° Trasformazione ideologica costante.

10° Servire il popolo e la rivoluzione proletaria mondiale.

  Inoltre il PCP è stato il primo e forze unico Partito Comunista dei Tricontinente ad appoggiare senza esitazione alcuna i movimenti di lotta amata nell’occidente imperialista (Intervista a Gonzalo pubblicata dai Quaderni di Controinformazione e da Rossoperaio).

   Per questi motivi sono d’accordo con la tesi che ora la contraddizione principale è quella di popoli oppressi/imperialismo (principalmente quello U.S.A.). Contraddizione che si sta fondendo con quella classe operaia/capitale in quanto la classe operaia si è allargata a livello mondiale in termini assoluti, dovuto al fatto nei paesi della periferia, vale a dire nei paesi che fino alla seconda guerra mondiale erano sottoposti ad un domino formale e spesso parziale da parte dei paesi imperialisti, oggi si sono sviluppate aree di sviluppo capitalistico e di industrializzazione.  Questo significa che ora le nazioni oppresse dell’Asia, dell’Africa e dell’America Latina sono la zona principale dove si sta sviluppando la rivoluzione proletaria mondiale, grazie soprattutto allo svilupparsi delle guerre guidate da partiti comunisti marxisti – leninisti – maoisti. Il proletariato e le masse popolari di molti di questi paesi combattono e infligge colpi all’imperialismo. Ma il problema è che in molte

 di queste nazioni come l’Iraq, l’Afghanistan, la Palestina, la Palestina ecc., mancano di autentici Partiti Comunisti, capaci di dirigere le masse popolari di questi paesi verso la vittoria contro l’imperialismo, la distruzione degli apparati statali dominati dal capitalismo burocratico, come si sta facendo in Perù e in Nepal.

   La contraddizione borghesia/imperialista rimane tuttora quella fondamentale. In ogni paese in cui la borghesia è la classe dominante, si svolge una vera e propria guerra non dichiarata da parte della Borghesia Imperialista, classe in decadenza, contro la classe operaia e le masse popolari. E’ un attacco progressivo,quotidiano e capillare. Questa guerra fa ogni giorno le sue vittime che sono: gli oltre 1200 morti l’ano che muoiono sul lavoro, delle decine di migliaia contratte sul lavoro, dal precariato diffuso, dai licenziamenti, dagli affitti impossibili da pagare, dalle torture con mezzi tecnologicamente avanzati ecc., una guerra fatta in sostanza da atti che determinano a peggiorare le condizioni di vita e di lavoro.

   A tutto questo la classe oppone una resistenza. Che qui in Italia è fatta alle lotte degli operai di Porto Marghera che hanno attuato blocchi stradali e delle portinerie, dalla lotta degli operai di Melfi, da quella degli autoferrotranviari e di esempi come questi se ne potrebbero farne tanti. Lotte che spesso travalicano la legalità esistente (legalità che serve ad imbavagliare la classe), che creano problemi di ordine pubblico, in altre parole diventano un problema politico.

   E da qui che nasce la repressione in tutti i paesi imperialisti, contro chiunque individuo od organismo che è o potrebbe diventare centro d’orientamento, promozione, organizzazione o direzione della classe. Repressione che si manifesta anche con leggi repressive, con il pretesto di “difendere la popolazione dal terrorismo islamico”, “per la difesa del territorio”.

   Questa guerra non dichiarata si esprime alcune volte in forma aperta, come nell’autunno 2005 in molte città della Francia. Qui si sono espresse da parte delle masse proletarie e sottoproletarie forme di lotta che andavano dalla resistenza contro la polizia agli assalti contro i commissariati tanto che l’organizzazione dello Stato per un breve periodo di tempo perse il controllo di alcune zone metropolitane. In sostanza si sono espressi due poteri, quello dello Stato borghese, e quello disorganizzato di proletari (in particolare giovani) che hanno spinto verso l’organizzazione spontanea per esercitare il diritto alla ribellione, alla violenza contro il sistema.

   Perciò il compito di noi comunisti, è l’organizzazione scientifica della classe, per sviluppare la guerra popolare.

   Lo sviluppo della lotta di classe nei paesi imperialisti è un potente impulso alla costituzione di un partito comunista di tipo nuovo.

   Partito che si deve basare sul marxismo-leninismo-maoismo, principalmente maoismo, che deve essere militarizzato, che possa dirigere la lotta del proletariato per darle un salto  e trasformala in guerra popolare stabilire un Nuovo Potere, il nuovo Stato di dittatura del proletariato.

   Sono d’accordo con la tesi che anche nelle metropoli imperialiste la forma che assumerà la rivoluzione socialista sarà quella della Guerra Popolare di Lunga Durata. La Guerra Popolare di lunga durata non è solo per le campagne, le montagne asiatiche o andine, ma anche per le metropoli e realtà urbane (prendiamo come esempio il parro amato – sciopero armato – che si attuò a Lima). In Italia disponiamo di una ricca esperienza di lotta rivoluzionaria dalla quale possiamo trarre insegnamenti: il biennio rosso 1919-1920, gli arditi del popolo, i volontari italiani nelle Brigate Internazionali nella Spagna del 1936-1939, la resistenza, le lotte degli anni ’70 e in particolare la lotta armata per il comunismo.

   Ma in un paese imperialista come il nostro come possiamo intendere costruire il nuovo potere? Significa dal mio punto vista saper applicare la linea di massa, imparare a fare inchiesta nelle fabbriche nei quartieri, negli uffici, in tutti i luoghi dove vivono e lavorano i proletari e le masse popolari ma principalmente saper sviluppare organismi del Nuovo Potere (Consigli di fabbrica, di quartiere, comitati che sorgono da esigenze dalle esigenze della classe). In sostanza questo deve significare che anche nei paesi imperialisti è possibile stabilire il Nuovo Potere. Negare la possibilità del Nuovo Potere significa  negare la validità della guerra popolare 2°.

  Bisogna evitare un errore politico su una posizione che avevo fatto mia, ossia la politica dei due tempi, vale a dire prima costruire accumulando forze e in seguito avviare una prassi rivoluzionaria. Questa posizione, in realtà, maschera una prassi opportunista e neorevisionista che tende verso scorciatoie elettorali e non aiuta certo ad inserirsi nella lotta di classe in atto. Per questi motivi ritengo corretta la decisione di Proletari Comunisti del boicottaggio delle elezioni, decisione che crea le premesse indispensabili per un lavoro che sviluppi l’autonomia della classe operaia 3°. L’autonomia di classe significa avere un pensiero operaio autonomo per non essere subalterni all’ideologia borghese, avere un’organizzazione autonoma degli operai (sia nel campo politico sia sindacale).

  L’altro aspetto che ritengo bisogna sviluppare la lotta ideologica, contro l’ideologia borghese, il revisionismo e il neorevisionismo. Bisogna ricordarsi che il marxismo non ha mai fatto un passo in avanti senza lotta. La lotta tra marxismo e revisionismo ha sempre attraversato tutta la storia del Movimento Comunista Internazionale. Imperialismo e revisionismo sono collusi, favoriscono se necessario la costituzione di falsi comunisti per impedire la nascita di autentici partiti comunisti e lo svilupparsi delle guerre popolari.

 

 

Note

 

1° L’avanzamento del maoismo nel Movimento Comunista Internazionale e nel M.R.I. – nel 1993 tutto il M.R.I. ha riconosciuto il maoismo come terza tappa del pensiero comunista,coincide con l’inizio e lo sviluppo delle guerre popolari in Nepal, Turchia e lo sviluppo del nuovo potere in India.

2° Prendiamo come esempio il caso dell’India dove i comunisti di questo paese hanno dovuto risolvere il problema di trasformare le ampie e massicce lotte armate che c’erano dagli anni ’60 in guerra popolare, in questo processo il problema delle basi d’appoggio ha avuto un ruolo centrale.

3° Le critiche a Proletari Comunisti sul boicottaggio delle elezioni rifacendosi a Lenin (citando Estremismo malattia infantile del comunismo) sono in malafede. Per Lenin le forme variano a secondo delle situazioni, non c’è in lui nessun feticismo né da un punto di vista organizzativo né dal punto di vista delle forme di lotta. Chi si rifà all’autorità di Lenin per criticare la scelta di sviluppare il sindacato di classe attraverso i Cobas, in realtà vogliono mascherare il loro opportunismo perché magari fanno l’entrismo dentro la C.G.I.L. .