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A cura di Paolo Dorigo
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SPERANZE DI UN RIFORMISTA TRADITO
DIRETTE AD UN INTERLOCUTORE INESISTENTE:
L’ONESTA’ POLITICA DELLA BORGHESIA
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Wladimiro Dorigo
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1992
APPUNTO POLITICO -SENZA TITOLO- SENZA
DESTINATARIO-
3 ff.MEMO
titolo redazionale:
QUALE RESPONSABILITA’ POLITICA
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Uscire dalla crisi della
repubblica per entrare in una fase transizionale di lento risanamento [NON: di
stravolgenti “trasformazioni tecnologike”, ndR] è il compito massimo che
ci si può proporre in questo momento, e il minimo indispensabile per conservare
le speranze [dimostrazione di residualita’ del ceto autentico
democratico viziato dalle emergenzialita’ impostesi, ndr], una
prospettiva, e la possibilità di evitare l’impazzimento collettivo e scontri
violenti.
Per conseguire questo fine occorre
aver chiare in testa, da parte dei pochi che decideranno in questi giorni
opzioni decisive –irrimediabili se sbagliate-
alcune elementarità che non sembrano
presenti nel dibattito in corso, e men che meno nella consapevolezza dei pochi
responsabili.
1° La crisi può precipitare sotto
il profilo istituzionale, con coinvolgimenti avvelenati anche più alti, di
quelli avvenuti fino al 29 marzo; e sotto il profilo dell’ordine pubblico, in
qualcosa delle sedi deputate a conservarlo; o sotto il profilo finanziario
–economico, dalle borse alle bande al debito pubblico al fisco e alle aziende;
o sotto i tutti i profili insieme.
2° Durante la crisi e il suo
svolgimento, caratterizzato ormai da eventi e svolte quotidiani oggettivamente
‘destabilizzanti’ rispeto a una auspicata tregua fino al 18 aprile, le forze
decisive –quelle cioè che possano ritenere di avere armi adeguate alla difesa
degli interessi in gioco: la chiesa, le forze armate, la grande concentrazione industriale
e i gruppi bancari –stanno con le mani in mano, anche se regna qualche
incertezza strategica e tattica, e anche se ruoli e alleanze non sono chiari e
definiti-.
3° Occorre impedire che la crisi precipiti, avvolgendosi su se stessa, e che
alleanze pericolose, improvvisate ma decisive, si saldino come estremo rimedio,
sia che esse tardano ad agire per tramiti
costituzionali e attraverso le poche persone che oggi incarnano le istituzioni,
sia che ad un certo punto le forze decisive scendano in campo per vie
irrituali. Quando il capo del governo evoca l’8
settembre, è possibile tutto.
4° Occorre
però subito un governo di salute pubblica, che non pretenda di
promettere miracoli economico-sociali improvvisi e impossibili, ma che si
prefigga soltanto di salvare la repubblica mediante una transizione ordinata e nuove elezioni generali, al massimo in un semestre, a partire
dal referendum.
A questo governo bisogna chiamare
tutte le parti costituzionali –Lega inclusa e MSI escluso- evitando per quanto
possibile pronunciamenti programmatici finalizzati all’esclusione dell’uno o
dell’altra. Le ultime fasi delle inchieste giudiziarie in corso lasciano
intendere fra l’altro che una vittoria del SI il 18 aprile non può più aprire
le porte a una maggioranza gonfiata dalla DC, e anche l’uscita di Segni accerta
che dopo il 18 aprile la chiesa non riuscirà a risaldare l’unità politica dei
cattolici nella DC, o attorno ad essa. Forse, allo stato attuale, si potrebbe tentare di concordare l’abolizione immediata
dell’immunità parlamentare per i reati noti, come elementi di fiducia da
parte dell’opinione pubblica.
5° È necessario
evitare che un governo sofferto riesca per mallaveria, intromissione,
condizionamento delle grandi “forze decisive” (chiesa, esercito, sistema industriale-bancario):
delle forze, cioè, che hanno avuto responsabilità decisive nel mantenimento,
nella copertura, nella ossificazione del sistema che
sta crollando. Queste forze dovrebbero
decentemente tacere: ma con esse è comunque necessario che parlino oggi
il meno possibile le parti politiche che sono interessate a un radicale
rinnovamento nella tranquillità politica, sociale e istituzionale, fino alle
nuove elezioni.
COME
E’ NOTO, NUOVE ELEZIONI NON SIGNIFICARONO GRANDI CAMBIAMENTI:
BERLUSCONI 1994-1996, PRODI E D’ALEMA 1996-2001, BERLUSCONI 2001-2006, ORA
PRODI 2006. LA GRAVITA’ ERA CIO’ CHE MIO PADRE AVEVA E CHE GLI IMPEDIVA DI
PARTECIPARE AL BALLETTO. UN SENSO DELLA RESPONSABILITA’ CHE NON AVEVA A CHE
FARE CON ANELLI E GIOCHETTI, NE’ CON MERCI AVARIATE. UNA ILLUSORIETA’ CHE NON
PREVALEVA SU UN SENSO TRAGICO DELLA REALTA’: QUELLA DEI PROLETARI.