riceviamo dai Carc e volentieri pubblichiamo
Solidali col popolo basco in lotta-Parigi ha tradotto il
seguente testo, Tre vittorie dopo il cessate il fuoco permanente,
scritto da Iñaki Gil de San Vicente [in francese, da cui noi abbiamo tratto la
traduzione italiana, N. d. T.]. Nonostante sia stato scritto ormai da parecchie
settimane, poco dopo il cessate ili fuoco dell’Eta, non è stato sorpassato dai
fatti e resta d’attualità.
Abbiamo deciso di diffonderlo il
più ampiamente possibile, credendo che contenga delle importanti chiavi di
lettura per la comprensione di un fenomeno che è stato più spesso commentato
che analizzato.
Non esitate a comunicarci i
vostri commenti.
Questo documento sarà
prossimamente accessibile sul sito internet di SPBL-Paris.
Buona lettura
Solidali col
popolo basco in lotta-Parigi (SPBL-Paris)
Non è passato molto tempo da quando l’Eta ha dichiarato il
cessato il fuoco permanente e non disponiamo ancora della «distanza» necessaria
per fare un’analisi più precisa. Tuttavia possiamo avventurarci in qualche
riflessione.
1. È chiaro che con il suo comunicato l’Eta ha aperto il
vaso di Pandora. In altri termini, ha svelato le contraddizioni, i limiti, gli
egoismi e gli interessi particolari di numerose forze politiche. Bisogna
ricercarne la ragione sia nella portata della decisione dell’Eta, innegabile,
che - soprattutto - nel suo contesto, nelle sue ragioni strategiche e nelle
forze sociali sulle quali si appoggia [la decisione]. Bisogna considerare il
fatto che l’Eta è stata - ed è
tuttora - qualcosa di più di
un’organizzazione politica che si è vista nella necessità di ricorrere alla
violenza politica di reazione. È anche una forza simbolica profondamente
radicata nella coscienza collettiva basca; è, in più, parte integrante di una
vasta e dinamica forza sociale creativa, nell’espressione più forte e diretta
del termine: senza l’universo referenziale mobilitato e generato dalla lotta
dell’Eta, il massiccio recupero culturale, psicologico ed etico-morale del
popolo basco - e particolarmente delle
sue masse lavoratrici e popolari - si
sarebbe difficilmente prodotto. Resta tuttavia molto da fare in certi campi
decisivi: il regresso dell’uso dell’euskara in certe zone del nostro paese non
si è arrestato; su altri aspetti non abbiamo avanzato tanto quanto avremmo
bisogno ma, comparando la situazione attuale a quella di mezzo secolo fa, i
progressi sono apprezzabili.
2. Nessuna analisi storica può
prescindere da una comparazione tra le fasi della realtà - realtà sempre in movimento - delle
contraddizioni sociali. Senza entrare nei dettagli, il punto di comparazione
più recente deve essere la situazione basca di mezzo secolo fa, quando fu
fondata l’Eta, tra la passività delle organizzazioni antifranchiste e l’attivo
collaborazionismo della borghesia basca. All’epoca il nostro popolo veniva da
più di un secolo e mezzo di fallimenti in tutte le guerre di resistenza
nazionale nate dalle invasioni spagnole e francesi e, verso la metà del XX
sec., tutto sembrava perso definitivamente.
Non appariva nessuna alternativa. Allo stesso modo l’impressionante
esperienza della lotta di classe, gli scioperi operai e le insurrezioni armate,
così come le gloriose - benché
fugaci - esperienze di potere
operaio e popolare, tutto quello che era rimasto di queste lotte - le ultime ebbero luogo nei più duri anni di piombo della
trionfante dittatura franchista -, tutto
questo negli anni Cinquanta sembrava scomparso. Lo stesso è successo al sistema
linguistico-culturale basco, al folclore e ai costumi e tradizioni popolari. In
Ipparalde (Paesi Baschi del Nord) la situazione non era migliore, se non
peggiore.
3. È in questo contesto di quasi
imminente estinzione in quanto popolo che è intervenuto il sorgere dell’Eta,
ponendo con sincerità cruda e diretta alcune questioni decisive: il
diritto/necessità all’autodifesa e il rigetto del monopolio di Stato della
violenza; il diritto/necessità alla creatività popolare autorganizzata accanto
agli apparati di potere, per la costruzione da parte della base, da parte delle
basi sociali, della nuova società basca; il ruolo chiave che, in tutto questo,
avrebbero dovuto giocare le masse lavoratrici, dal momento che era indubitabile
che la borghesia non vi si sarebbe adoperata. Questi elementi non apparivano da
nessuna parte e non erano stati ancora formulati, ma esprimevano delle costanti
storiche e, a loro volta, si sono formati e arricchiti nella lotta. La prassi
militante era decisiva e la legittimità che è stata conquistata da questa militanza
esprimeva e sintetizzava tutte le ragioni storiche. In mezzo secolo tutte le
forze che non si assumevano mai rischi, che non si sono mosse se non alla fine
del franchismo ma con scopo di ottenere benefici particolaristici e che, in
seguito, hanno vissuto della manna di Stato, hanno fatto il loro possibile per
distruggere la legittimità dell’Eta o per indebolirla. Ma la realtà è una:
«L’Eta uccide ma non mente», come ha riconosciuto Mayor Oreja.
4. Uno dei principi della
dialettica marxista afferma che la verità è sempre rivoluzionaria, e quando l’Eta
ha reso pubblico il suo comunicato sul cessate il fuoco permanente, mezzo
secolo di lotte, di sacrifici, di eroismi, si sconfitte e di vittorie, di
progressi e di assestamenti, un mezzo secolo che, in realtà, ha sintetizzato
due lunghi secoli, ha fatto irruzione grazie ai propri meriti, con la forza
della ragione critica e la critica innegabile della ragione militante. E coloro
che godono di promozioni, privilegi e diritti esclusivi ed escludenti sono
stati presi dalla vertigine della paura, non solamente perché una nuova tappa
iniziava in una continuità, ma specialmente perché comprendevano che ciò che
era stato negato, represso e perseguitato per anni usciva alla luce grazie alla
paziente accumulazione di legittimità sociale.
5. La crisi isterica del PP e il
balbettamento ansioso dell’UPN, il nervoso e la mancanza di concentrazione
iniziale del PNV, la bocca aperta dell’IU, l’incertezza dell’EA, la amara e
colpevole cecità di Aralar, l’opportunismo della Chiesa, il sudore del
patronato, la foga dei media fino all’insicurezza contenuta del PSOE, questo ed
altro ancora è scoppiato qualche secondo dopo la diffusione del comunicato
dell’Eta. La prima vittoria di questa organizzazione politica doveva ancora
prodursi - una volta in più - perché se era vox populi che stava per succedere
qualcosa, già la sua sola apparizione ha costituito un terremoto per le false
verità costruite nel corso dei decenni. Niente è stato più uguale a prima; e
l’innominabile, cioè la ragione storica di un movimento globale che struttura
la società basca dal suo interno, di cui non si poteva parlare perché proibito,
apriva porte e finestre perché la marcia dimora della sottomissione e del
tradimento fosse rinfrescata con il vento della dignità di chi non si è mai
inginocchiato.
6. A questa prima vittoria
dell’Eta ne è seguita un’altra poco tempo dopo. Malgrado il fatto che, qualche
attimo dopo il “terremoto”, i migliori agenti della stampa e dei partiti
politici abbiamo avviato una sistematica campagna di indottrinamento secondo la
quale sarebbe la debolezza dell’Eta a costringerla a questo passo o che l’Eta
sarebbe stata sconfitta, la realtà smentiva questa bugia. Nei mesi precedenti
l’Eta si era manifestata nello Stato e nei Paesi Baschi, mettendo piccoli
ordigni qua e là, dimostrando una consistenza, una forza e una visione
teorico-politica che faceva perdere credibilità alla menzogna della sua
debolezza. In più il fatto che le sue azioni non producessero morti mentre il
sistema repressivo spagnolo si irrigidiva; il fatto che gli ordigni non
consistessero che di pochi grammi d’esplosivo quando avrebbero potuto trattarsi
di cariche devastanti in risposta alla repressione spagnola - in odiosa ascesa -; un
tale sangue freddo, in una prassi così rischiosa come la lotta politica armata,
dimostrava il contrario di quanto avanzato dalla propaganda ufficiale. Questo
dimostrava, prima di tutto, che esisteva una strategia politica lucida e
metodica dietro queste azioni. Questo è apparso talmente chiaro negli ultimi
tre anni da far tacere tutte le menzogne sulla deriva dell’Eta.
7. Questa seconda vittoria è
stata rinforzata e confermata, in più, dalla coerenza dimostrata dalla sinistra
indipendentista durante questi anni e, particolarmente, dopo il comunicato e
durante il tempo trascorso da allora. Lo Stato e il PSOE, con il sostegno del
PP e della stampa, senza sminuire i meriti dell’IU che fa da cassa di risonanza
al PSOE per tutto ciò che riguarda la repressione, hanno rafforzato, allargato,
amplificato e intensificato i loro attacchi contro la sinistra indipendentista.
Hanno bisogno che i loro amici e quelli che sono loro alleati credano che la
sinistra indipendentista sostenga il passo dell’Eta per debolezza o per paura.
Dal momento che è chiaro che questa non è stata sconfitta, che qualcuno creda
che lo sarà presto! Ma non si tratta solamente di recuperare posizioni nella
guerra di propaganda, si tratta anche -
fondamentalmente - di cercare di indebolire
praticamente la sinistra indipendentista per rendere il più difficile possibile
la buona attuazione della strategia annunciata e sintetizzata nella
Proposizione di Anoeta. È questo l’obiettivo nelle intenzioni della repressione
praticata dallo Stato e dal PSOE. E lo stesso è per il PNV che sa che deve
indebolire la sinistra indipendentista e che, per questo, ha dato libero corso
ai reazionari della Ertzaintza. L’innegabile azione del PNV e della Ertzaintza
si inscrive in questa logica di obbedienza a Madrid e alla promozione
autonomista.
8. È qui, precisamente, che si
produce la terza vittoria dell’Eta, vittoria che consiste nella presa di
coscienza collettiva del fatto che il processo aperto sarà complesso,
prolungato, teso, con degli alti e bassi, combattuto con le unghie e coi denti
e con degli strascichi repressivi. Di fatto tutti i processi di questo genere
sono stati così. Solo le riedizioni incondizionate sono automatiche e, per il
momento, il potere spagnolo non restituisce né riconosce i diritti baschi o
quelli di altri popoli e classi sociali. Il PSOE, con Rodriguez Zapatero come
portavoce, ha già dichiarato pubblicamente che questo sarà un processo lungo,
duro e teso; l’ha fatto per avvertire i suoi sostenitori, la borghesia e
l’iberismo, che devono cedere poco a poco, resistendo fin quando possibile,
indebolendo quanto possibile l’avanzata della liberazione basca. C’è un
principio di strategia militare che dice che il prerequisito fondamentale
perché una ritirata non degeneri in sbando caotico è che siano mantenute, oltre
alla disciplina, un numero di lotte e di controffensive locali ravvivanti il
morale delle truppe in ritirata. Il PSOE e lo Stato applicano questo principio:
cederemo facendo loro il maggior danno possibile. La Spagna ha abbandonato Cuba
dopo aver sterminato diverse centinaia di migliaia di cubani.
9. Ma a differenza dell’avviso
del PSOE, quello dell’Eta - dicendo
apparentemente la stessa cosa - è
opposto. La terza vittoria dell’Eta consiste nell’accorgersi del fatto che la
mobilitazione popolare è la sola a potere dare l’impulso al completamento del
processo perché le forze conservatrici e reazionarie vi porranno tutti gli
ostacoli possibili. Mentre l’avviso del PSOE è difensivo, quello dell’Eta è
offensivo nel duplice senso di mantenere l’iniziativa e dare impulso alla
mobilitazione sociale. Una critica ingiusta e parziale che il riformismo di
sinistra ha sempre mosso all’Eta è stata quella di dire che la sua lotta
politica armata paralizzasse le persone e rompesse l’autorganizzazione
popolare. Oltre all’esperienza passata che ha dimostrato il contrario,
l’esperienza attuale conferma di nuovo la vitalità della dialettica
dell’interrelazione di tutte le forme tattiche di lotta, di modo che una forma
tattica – la lotta armata per esempio - possa
passare all’inattività perché altre tattiche - non
armate - si sono rafforzate,
divenendo più efficaci in un dato momento. L’avviso dell’Eta secondo il quale
il processo sarà lungo indica che bisogna continuare a rafforzare ed allargare
l’autorganizzazione su scala nazionale basca, in uno spirito creativo,
d’avanzata, offensivo e non definitivo e passivo. Si tratta di una vittoria
molto importante perché garantisce l’accrescimento della certezza della
vittoria, dell’autostima collettiva, dello spirito della lotta e della
coscienza che siamo noi, è il nostro popolo, che deve dirigere il suo futuro.
10. Le tre vittorie non sono
irreversibili. In quanto prodotto della lotta, e se il processo non continua ad
avanzare, possono annegare nelle mareggiate della sconfitta. Esse devono essere
rinforzate da altre, che si produrranno col tempo e che possono e devono
materializzarsi in un salto significativo nella strutturazione del nostro
popolo in nuove istituzioni nazionali che sorpassino l’attuale frammentazione
imposta dagli Stati che ci opprimono. Naturalmente nel corso del poco tempo
trascorso sono apparsi fallimenti, lacune e vuoti che devono essere corretti e
colmati, ma parlare di queste nuove situazioni esige, oltre ad un altro
articolo, anche e soprattutto un dibattito collettivo in seno al nostro popolo
e in seno alla sinistra indipendentista. Non ci sbagliamo; uno dei segreti che
spiegano i successi baschi risiede nell’essenza collettiva della prassi
rivoluzionaria, distintiva sia dell’Eta che dell’identità del movimento
indipendentista. Continuiamo ad esercitare questo sano pensiero collettivo
prima di qualsiasi elucubrazione individuale.
Tradotto dal francese da Solidali col popolo basco in
lotta-Parigi (SPBL-Paris)