da Opere di Mao Tse-Tung vol.25
Ed.Rapporti sociali, Milano
(opera curata collettivamente da tanti
compagni)
(aprile
1975)
Scritto di
Chang Chun-chiao. Questo testo è uno di quelli che la redazione delle Opere
di Mao
Tse-tung ha ritenuto utile pubblicare assieme ai testi redatti da Mao
Tse-tung o
redatti
sotto la sua direzione. Essi sono redatti da organismi o portavoci della linea
e
protagonisti
delle iniziative politiche dirette da Mao Tse-tung e, a parere della redazione,
aiuteranno
il lettore a conoscere meglio sia la lotta di classe nel cui contesto si
inserisce
il pensiero
di Mao Tse-tung sia la comprensione che di essa ebbero i suoi più vicini
compagni di
lotta. È tuttavia probabile che questo testo sia stato per lo meno approvato
da Mao Tse-tung.
La
questione della dittatura del proletariato è da molto tempo il punto cruciale
della
lotta tra
marxismo e revisionismo. Lenin dice: “Marxista è soltanto colui che estende
il
riconoscimento della lotta delle classi sino al riconoscimento della dittatura
del
proletariato”.
È proprio allo scopo di farci applicare il marxismo e non il revisionismo,
sia in
teoria che in pratica, che il presidente Mao fa appello a tutta la nazione
perché
comprenda
chiaramente la questione della dittatura del proletariato.
Il nostro
paese attraversa un periodo importante del suo sviluppo storico. Dopo
oltre
vent’anni di rivoluzione ed edificazione socialiste, in particolare dopo che
sono
stati
abbattuti durante la grande Rivoluzione culturale proletaria i due quartieri
generali
borghesi di Liu Shao-chi e di Lin Piao, la nostra dittatura del proletariato è
quanto mai
solida e la nostra causa socialista è in pieno sviluppo. Il popolo dell’intero
paese,
pieno di combattività, è deciso a trasformare la Cina in un potente paese
socialista
entro questo secolo. Poter esercitare la dittatura del proletariato nel corso
di tutta
questa fase e nell’intero periodo storico del socialismo è una questione vitale
che
condiziona l’ulteriore sviluppo del nostro paese. La lotta di classe ora in
corso
esige
anch’essa che tale questione sia ben compresa. Il presidente Mao ha detto: “La
mancanza di
chiarezza su questa questione condurrà al revisionismo”. Non è
sufficiente
che questo venga compreso soltanto da pochi: “Ciò deve essere fatto
sapere a
tutta la nazione”. Il successo in questo studio ha, per la fase attuale e per
il futuro,
un’importanza che non va mai sottovalutata.
Già nel
1920, basandosi sull’esperienza pratica acquisita nel guidare la grande
Rivoluzione
socialista d’Ottobre e nel dirigere il primo Stato a dittatura del
proletariato,
Lenin sottolineò con acutezza: “La dittatura del proletariato è la guerra
più eroica
e più implacabile della classe nuova contro un nemico più potente, contro
la
borghesia, la cui resistenza è decuplicata dal fatto di essere stata rovesciata
(sia pure
Mao Tse-tung
- OPERE
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in un solo
paese) e la cui potenza non consiste soltanto nella forza del capitale
internazionale,
nella forza e nella solidità dei suoi legami internazionali, ma anche
nella forza
dell’abitudine, nella forza della piccola produzione, poiché, per disgrazia,
la piccola
produzione esiste tuttora nel mondo in misura molto, molto grande e la
piccola
produzione genera incessantemente il capitalismo e la borghesia, ogni
giorno,
ogni ora, in modo spontaneo e in vaste proporzioni. Per tutte queste ragioni,
la
dittatura del proletariato è necessaria”. Lenin precisò che tale dittatura è
una lotta
tenace,
cruenta e incruenta, violenta e pacifica, militare ed economica, pedagogica
e
amministrativa, contro le forze e le tradizioni della vecchia società; che essa
è una
dittatura
completa sulla borghesia. Egli indicò ripetutamente che è impossibile
trionfare
sulla borghesia senza esercitare su di essa una dittatura prolungata e
completa.
Queste parole di Lenin, specialmente quelle che egli stesso sottolineò,
sono state
confermate dalla pratica negli anni seguenti. In effetti nuovi elementi
borghesi
sono apparsi, gli uni dopo gli altri. Sono rappresentati dalla cricca rinnegata
di Kruscev
e Breznev. Questi individui hanno generalmente una buona origine di
classe;
quasi tutti sono cresciuti sotto la bandiera rossa e dal punto di vista
organizzativo
sono membri del partito comunista; hanno ricevuto un’istruzione
universitaria
e sono diventati dei cosiddetti esperti rossi. Ma sono nuove erbe
velenose
nate sul vecchio terreno del capitalismo. Dopo aver tradito la propria classe,
usurpato la
direzione del partito e dello Stato e restaurato il capitalismo, sono divenuti
i caporioni
della dittatura della borghesia sul proletariato, riuscendo così in
un’impresa
in cui Hitler aveva fallito.
“Gli sputnik
salivano verso il cielo mentre la bandiera rossa cadeva per terra”:
non
dobbiamo mai dimenticare questa esperienza storica, soprattutto nel
momento in
cui siamo impegnati nella costruzione di un paese potente.
Dobbiamo
essere pienamente coscienti che la Cina è ancora esposta al pericolo
di cadere
nel revisionismo. Questo perché non solo l’imperialismo e il
socialimperialismo
non hanno mai abbandonato le loro mire di aggressione e di
sovversione
contro di noi e i vecchi proprietari terrieri e i borghesi esistono ancora
e non si
rassegnano alla loro sconfitta, ma anche perché, come diceva Lenin, nuovi
elementi
borghesi vengono generati ogni giorno, ogni ora. Alcuni compagni
affermano
che Lenin si riferiva a una situazione esistente prima della formazione
delle
cooperative. Questa opinione è del tutto errata. Le tesi di Lenin non sono
superate.
Questi compagni possono rileggere Sulla giusta soluzione delle
contraddizioni
in seno al
popolo che il presidente Mao ha scritto nel 1957. Egli vi analizza
concretamente
la situazione del nostro paese dove, dopo la vittoria fondamentale
riportata
nella trasformazione socialista del sistema della proprietà (che include
l’istituzione
della cooperazione), esistono ancora le classi, le contraddizioni di classe
e la lotta
di classe e dove i rapporti di produzione e le forze produttive, come pure
la
sovrastruttura e la base economica, sono al tempo stesso in accordo e in
contraddizione.
Facendo il bilancio della nuova esperienza della dittatura del
proletariato
acquisita dopo Lenin, il presidente Mao risponde in modo sistematico
alle
questioni sorte dal cambiamento del sistema della proprietà, definisce i
compiti
183
e le misure
politiche della dittatura del proletariato e getta così le basi teoriche della
linea
fondamentale del partito e della continuazione della rivoluzione sotto la
dittatura
del proletariato. La pratica di questi ultimi 18 anni, e in particolare quella
della
grande Rivoluzione culturale proletaria, prova che la teoria, la linea e le
misure
politiche
avanzate dal presidente Mao sono completamente giuste.
Il
presidente Mao ha recentemente affermato: “In una parola, la Cina è un paese
socialista.
Prima della Liberazione era pressoché la stessa cosa di un paese
capitalista.
Ancora oggi essa pratica un sistema di otto livelli salariali, la
distribuzione
a ciascuno secondo il suo lavoro e lo scambio attraverso la moneta
e tutto ciò
non è molto differente da quanto accadeva nella vecchia società. Ciò
che è
diverso è che il sistema di proprietà è cambiato”. Per comprendere meglio
questa
direttiva del presidente Mao, diamo uno sguardo ai cambiamenti avvenuti
in Cina nel
sistema di proprietà e alla parte che i diversi settori economici hanno
occupato
nell’industria, nell’agricoltura e nel commercio nel 1973.
In primo
luogo, l’industria. Il settore della proprietà di tutto il popolo
comprende
il 97 per cento degli immobilizzi, il 63 per cento del numero dei
lavoratori
e l’86 per cento del valore totale della produzione industriale. Quello
della
proprietà collettiva è del 3 per cento negli immobilizzi, del 36,2 per cento
nel numero
dei lavoratori e del 14 per cento nel valore globale della produzione.
Infine, il
numero degli artigiani individuali rappresenta lo 0,8 per cento.
In secondo
luogo, l’agricoltura. Per quanto riguarda i mezzi di produzione, sono
sotto la
proprietà collettiva circa il 90 per cento dei campi coltivati e delle
attrezzature
per l’irrigazione e il drenaggio e circa l’80 per cento dei trattori e degli
animali da
tiro. La parte della proprietà di tutto il popolo è invece molto piccola.
Oltre il 90
per cento della produzione nazionale dei cereali e delle colture
industriali
proviene perciò dall’economia collettiva e le fattorie statali non vi
intervengono
che per una piccola percentuale. D’altra parte, esistono ancora, sia
pure in
proporzioni limitate, i piccoli appezzamenti riservati all’uso privato dei
membri
delle comuni popolari e alcune occupazioni sussidiarie familiari.
Infine, il
commercio. Il settore statale rappresenta il 92,5 per cento nel volume
totale
delle vendite al dettaglio, quello della proprietà collettiva il 7,3 per cento
e quello
dei piccoli commercianti individuali lo 0,2 per cento. Inoltre, nelle zone
rurali, il
commercio che si svolge durante le fiere ha ancora un certo peso.
Le cifre
suddette dimostrano che la proprietà socialista di tutto il popolo e la
proprietà
socialista collettiva delle masse lavoratrici hanno riportato effettivamente
delle
grandi vittorie nel nostro paese. La prevalenza della proprietà di tutto il
popolo si è
grandemente accresciuta e nell’economia delle comuni popolari
anche la
parte riguardante i tre livelli di proprietà, la comune, la brigata di
produzione
e la squadra di produzione, ha subito dei cambiamenti. Nei dintorni
di
Shanghai, per esempio, il reddito al livello della comune è passato dal 28,1
per
cento nel
1973 al 30,5 per cento nel 1974; al livello della brigata è passato in questo
stesso periodo
dal 15,2 al 17,2 per cento, mentre al livello di squadra si è ridotto
dal 56,7 al
52,3 per cento. Così, per il suo più vasto campo di attività e per il suo
La dittatura
completa sulla borghesia
Mao Tse-tung
- OPERE
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più alto
grado di socializzazione, la comune popolare ha dimostrato sempre più
chiaramente
la sua superiorità. Negli ultimi 25 anni abbiamo eliminato passo dopo
passo le
proprietà dell’imperialismo, del capitalismo burocratico e del feudalesimo,
trasformato
gradualmente le proprietà del capitalismo nazionale e dei lavoratori
individuali
e sostituito poco a poco a queste cinque forme di proprietà privata le
due forme
di proprietà pubblica socialista. Possiamo perciò dichiarare con
fierezza
che nel nostro paese il sistema della proprietà è cambiato, il proletariato
e gli altri
lavoratori si sono liberati in linea di massima dal giogo della proprietà
privata e
la base economica socialista si è gradualmente consolidata e sviluppata.
La
Costituzione adottata alla quarta Assemblea popolare nazionale prende atto in
modo
esplicito di queste grandi vittorie da noi riportate.
Dobbiamo
tuttavia considerare che il problema della proprietà non è stato
completamente
risolto. Se diciamo spesso che “è stato risolto in linea di massima”,
ciò vuol
dire che non è stato risolto completamente e che neanche il diritto
borghese è
stato totalmente abolito nell’ambito del sistema della proprietà. Le cifre
sopra
citate dimostrano che la proprietà privata sussiste parzialmente
nell’industria,
nell’agricoltura
e nel commercio, che la proprietà pubblica socialista si
presenta
sotto due forme, e non unicamente sotto la forma di proprietà di tutto
il popolo,
e che la parte di questa proprietà di tutto il popolo è ancora molto
debole
nell’agricoltura che è la base della nostra economia nazionale. Quando
prevedevano
che in una società socialista il diritto borghese non sarebbe più
esistito
nel campo della proprietà, Marx e Lenin presupponevano che tutti i mezzi
di
produzione appartenessero già all’intera società. Ovviamente non siamo
ancora
giunti a questo stadio. Non dobbiamo perdere di vista il fatto che a questo
riguardo,
sia sul piano teorico che su quello pratico, la dittatura del proletariato
deve ancora
affrontare dei compiti molto ardui.
Inoltre
dobbiamo considerare che, sia per quanto riguarda la proprietà di tutto il
popolo che
la proprietà collettiva, si pone la questione della direzione a cui esse sono
sottoposte,
cioè a quale classe appartengono, non nominalmente, ma di fatto.
Il 28
aprile 1969, alla prima sessione plenaria del nono Comitato centrale del
partito, il
presidente Mao disse: “Apparentemente, non potevamo fare a meno della
grande
Rivoluzione culturale proletaria, perché la nostra base non era solida.
Giudicando
da ciò che ho osservato, non dico in tutte né nella stragrande
maggioranza,
ma temo in una maggioranza abbastanza grande di fabbriche, la
direzione
non era nelle mani di veri marxisti né delle masse operaie. Tra coloro che
dirigevano
le fabbriche non mancavano i buoni elementi. Ce n’erano tra i segretari,
i
vicesegretari e i membri dei comitati di partito e tra i segretari di cellula.
Ma essi
seguivano
la linea di Liu Shao-chi, che significava semplicemente ricorrere agli
incentivi
materiali, mettere il profitto al posto di comando e, invece di promuovere
la politica
proletaria, distribuire premi, ecc.”, “Tuttavia, ci sono ancora dei cattivi
elementi
nelle fabbriche”, “Ciò dimostra che la rivoluzione non è terminata”. Le
osservazioni
del presidente Mao spiegano non solo quanto fosse necessaria la grande
Rivoluzione
culturale proletaria, ma ci fanno anche comprendere più chiaramente
185
che sul
problema della proprietà, come anche su ogni altra questione, non dobbiamo
limitarci a
guardare la forma esteriore, ma occorre considerare il contenuto reale. È
perfettamente
giusto attribuire importanza al ruolo decisivo della proprietà nei
rapporti di
produzione. Ma non è corretto non dare importanza alla questione se il
problema
della proprietà sia stato risolto in apparenza o effettivamente, non è
corretto trascurare
l’azione esercitata a loro volta sul sistema della proprietà dagli altri
due aspetti
dei rapporti di produzione, i rapporti tra gli uomini e il sistema di
distribuzione
e l’azione della sovrastruttura sulla base economica; questi due aspetti
e la
sovrastruttura svolgono, in determinate condizioni, un ruolo decisivo. La
politica
è
l’espressione concentrata dell’economia. La linea ideologica e politica e la
classe
che
esercita la direzione sono i fattori che determinano a quale classe appartiene
in
realtà una
fabbrica. I compagni possono ricordare come un’impresa nelle mani del
capitalismo
burocratico o del capitalismo nazionale sia diventata un’impresa
socialista.
Non è stato forse inviandovi un rappresentante del controllo militare
o un
rappresentante dello Stato per trasformarla in conformità con la linea e con
la politica
del partito? Nel corso della storia ogni cambiamento importante del
sistema di
proprietà, sia la sostituzione del sistema schiavistico con il feudalesimo,
che del
feudalesimo con il capitalismo, è invariabilmente cominciato con la
conquista
del potere politico, il quale è stato poi usato per la trasformazione su
larga scala
della proprietà e per il consolidamento e lo sviluppo del nuovo sistema
di
proprietà. Ciò vale ancora di più per la proprietà pubblica socialista, la
quale
non può
nascere sotto la dittatura della borghesia. Il capitale burocratico, che
controllava
l’80 per cento dell’industria nella vecchia Cina, ha potuto essere
trasformato
in proprietà di tutto il popolo solo dopo che l’Esercito popolare di
liberazione
ha sconfitto Chiang Kai-shek. Ugualmente, una restaurazione del
capitalismo
comincia inevitabilmente con la conquista del potere e con un
cambiamento
della linea e della politica del partito. Non è stato forse così che
Kruscev e
Breznev hanno cambiato il sistema di proprietà nell’Unione Sovietica?
Non è stato
forse così che Liu Shao-chi e Lin Piao hanno cambiato, in varia misura,
la natura
di un certo numero di nostre fabbriche e imprese?
Dobbiamo
anche considerare che noi pratichiamo ancora oggi il sistema
mercantile.
Il presidente Mao ha detto: “Il nostro paese pratica oggi il sistema
mercantile,
neppure il sistema salariale è su base egualitaria poiché esso comprende
otto
livelli, ecc. Sotto la dittatura del proletariato, ciò può essere soltanto
limitato. Per
questo, se
gente come Lin Piao prendesse il potere, sarebbe molto facile per essa
instaurare
il sistema capitalista”. Questo stato di cose di cui parla il presidente Mao
non può
essere cambiato in breve tempo. Per esempio, nelle comuni popolari rurali
alla
periferia di Shanghai, dove lo sviluppo economico al livello delle comuni e
delle
brigate di
produzione è stato relativamente rapido, negli immobilizzi concernenti i
tre livelli
di proprietà, la comune conta per il 34,2 per cento, la brigata solo per il
15,1
per cento e
la squadra per il 50,7 per cento. Perciò, considerando unicamente le
condizioni
economiche delle comuni, occorrerà ancora molto tempo perché la
funzione di
unità di base della contabilità possa passare dalla squadra alla brigata e
La dittatura
completa sulla borghesia
Mao Tse-tung
- OPERE
186
poi alla
comune. Anche quando la comune sarà diventata l’unità della contabilità,
si tratterà
ancora di un sistema di proprietà collettiva; quindi la situazione
caratterizzata
dall’esistenza sia della proprietà di tutto il popolo sia della proprietà
collettiva
non potrà essere fondamentalmente modificata in un breve periodo.
Finché
queste due forme di proprietà continueranno a esistere, la produzione delle
merci, lo
scambio attraverso la moneta e la distribuzione a ciascuno secondo il suo
lavoro
saranno inevitabili. Poiché “sotto la dittatura del proletariato, ciò può
essere
soltanto
limitato”, lo sviluppo dei fattori capitalisti sia nelle città che nelle
campagne
e
l’apparizione di nuovi elementi borghesi sono ugualmente inevitabili. Se non si
impongono a
essi dei limiti, il capitalismo e la borghesia si svilupperanno ancora più
rapidamente.
Per questa ragione non dobbiamo in alcun caso allentare la vigilanza
per il
fatto che abbiamo riportato una grande vittoria nella trasformazione del
sistema
di
proprietà e abbiamo condotto la grande Rivoluzione culturale proletaria.
Dobbiamo
renderci conto che la nostra base economica non è ancora solida, che il
diritto
borghese non è stato completamente abolito nel sistema di proprietà, che esso
si
manifesta ancora seriamente nei rapporti tra gli uomini e occupa una posizione
dominante
nella distribuzione. Nei diversi campi della sovrastruttura, infatti, la
borghesia detiene
ancora certi settori e vi ha la supremazia; se alcuni di questi settori
sono stati
trasformati, i risultati non sono ancora consolidati e le vecchie idee e la
forza
dell’abitudine
cercano di impedire ostinatamente lo sviluppo delle nuove realtà
socialiste.
In seguito allo sviluppo dei fattori capitalisti nelle città e nelle campagne,
nuovi
elementi borghesi fanno la loro apparizione gli uni dopo gli altri. La lotta di
classe tra
il proletariato e la borghesia, tra le diverse forze politiche e tra l’ideologia
del
proletariato e quella della borghesia sarà ancora lunga e tortuosa e talvolta
potrà
diventare
molto acuta. Anche quando tutti i proprietari terrieri e i borghesi della
vecchia
generazione saranno morti, la lotta di classe non sarà ancora finita e se gente
come Lin
Piao prende il potere, una restaurazione borghese potrà ancora verificarsi.
Nel
discorso La situazione e la nostra politica dopo la vittoria nella Guerra di
resistenza
contro il Giappone, il presidente Mao disse che nel 1936, vicino a Pao-an,
dove aveva
sede il Comitato centrale del partito, c’era un villaggio fortificato tenuto
da un pugno
di controrivoluzionari armati che rifiutavano ostinatamente di
arrendersi
e fu solo quando l’Esercito rosso lo spazzò via che la questione fu risolta.
Questo
aneddoto ha un significato universale poiché ci insegna che “tutto ciò che
è
reazionario è identico: se non si colpisce, è impossibile farlo cadere. È come
quando
si spazza:
là dove non passa la scopa, la polvere non se ne va mai da sola”. Oggi ci
sono ancora
molti “villaggi fortificati” tenuti dalla borghesia; quando ne eliminiamo
uno, ne
sorgerà un altro e anche quando ne sarà rimasto soltanto uno, esso non
sparirà mai
da solo se non sarà passata la scopa di ferro della dittatura del proletariato.
Lenin ha
detto giustamente che “per tutte queste ragioni, la dittatura del proletariato
è
necessaria”.
L’esperienza
storica ci dimostra che è indispensabile continuare a esercitare la
dittatura
completa sulla borghesia, in tutti i campi e in tutte le fasi dello sviluppo
della
rivoluzione,
in modo da garantire che il proletariato trionfi sulla borghesia e che la
187
Cina non
divenga revisionista. Che cos’è la dittatura completa sulla borghesia? La
formulazione
più concisa si trova in un passo tratto da una lettera scritta nel 1852 da
Marx a J.
Weydemeyer, che tutti noi stiamo studiando. Marx disse: “Per quello che
mi
riguarda, a me non appartiene né il merito di aver scoperto l’esistenza delle
classi
nella
società moderna né quello di aver scoperto la lotta tra di esse. Già molto
tempo
prima di me
degli storici borghesi avevano esposto l’evoluzione storica di questa lotta
delle
classi e degli economisti borghesi avevano esposto l’anatomia economica delle
classi.
Quel che io ho fatto di nuovo è stato di dimostrare: 1. che l’esistenza delle
classi
è soltanto
legata a determinate fasi dello sviluppo storico della produzione; 2. che
la lotta di
classe necessariamente conduce alla dittatura del proletariato; 3. che questa
dittatura
stessa costituisce soltanto il passaggio alla soppressione di tutte le classi e
a una
società senza classi”. Con questa straordinaria osservazione, diceva Lenin,
Marx
mette
perfettamente in luce l’essenza della sua teoria sullo Stato e la differenza
essenziale
e radicale tra questa e quella della borghesia. Bisogna notare che Marx
divide la
sua formulazione sulla dittatura del proletariato in tre punti, che sono
correlati e
inseparabili. È impossibile accettarne uno e respingere gli altri due: questa
frase
spiega nella sua integrità l’intera evoluzione della dittatura del
proletariato,
nascita,
sviluppo e scomparsa, e ne riassume tutti i compiti e il contenuto concreto.
In Le
lotte di classe in Francia dal 1848 al 1850, Marx precisa ancora che “la
dittatura
del
proletariato costituisce una fase di transizione necessaria per arrivare
all’abolizione
delle differenze
di classe in generale, all’abolizione di tutti i rapporti di
produzione su cui esse
si basano, all’abolizione di tutte le relazioni sociali che
corrispondono
a questi rapporti di produzione, al sovvertimento di tutte le idee che
germogliano
da queste relazioni sociali”. Marx utilizza qui le parole tutto o in
generale
quattro
volte. Egli non dice una parte, o una gran parte, o la maggior parte, ma dice
in modo
totale. Non c’è niente di sorprendente in questo, perché il proletariato potrà
emanciparsi
definitivamente solo emancipando tutta l’umanità. Per arrivare a ciò,
bisogna
necessariamente esercitare una dittatura completa sulla borghesia e
continuare
sino in fondo la rivoluzione sotto questa dittatura fino a quando i quattro
obiettivi
summenzionati saranno stati raggiunti su tutta la terra, così che sia
impossibile
per la borghesia e per tutte le altre classi sfruttatrici esistere o rinascere;
non
dobbiamo mai fermarci a metà strada nel processo di transizione. Secondo noi,
solo
attraverso tale comprensione si potrà assimilare l’essenza della teoria di Marx
sullo
Stato. Riflettiamo un po’, compagni. Se non si comprendono le cose in questo
modo e se,
in teoria come in pratica, si limita, si mutila e si deforma il marxismo, se
si fa della
dittatura del proletariato una parola vuota, o si limita la dittatura completa
sulla
borghesia esercitandola solo in alcuni campi ma non in tutti, o solo in una
certa
fase (per
esempio, prima della trasformazione del sistema della proprietà) ma non
in tutte,
in altre parole, se non si distruggono tutti i “villaggi fortificati” della
borghesia,
ma se ne
conserva qualcuno e si lascia che essa allarghi le sue file, ciò non significa
preparare
le condizioni per la restaurazione borghese? Non significa fare della
dittatura
del proletariato un paravento per la borghesia, in particolare per quella
nuovamente
generata? Ogni operaio, ogni contadino povero e contadino medio
La dittatura
completa sulla borghesia
Mao Tse-tung
- OPERE
188
dello
strato inferiore e ogni altro lavoratore che rifiuta di ricadere nella miseria
e nelle
sofferenze
di un tempo, ogni comunista che è deciso a dedicare tutta la vita alla lotta
per il
comunismo, ogni compagno che non vuole che la Cina diventi revisionista,
deve
incidere nella propria mente questo principio fondamentale del marxismo:
bisogna
esercitare una dittatura completa sulla borghesia e non fermarsi mai a metà
strada. È
innegabile che alcuni nostri compagni hanno aderito al partito comunista
solo sul
piano organizzativo, ma non sul piano ideologico. La loro concezione del
mondo non
ha ancora superato i limiti della piccola produzione e della borghesia.
Essi sono
per la dittatura del proletariato in determinate fasi e in campi particolari
e si
rallegrano di certe vittorie del proletariato perché vi trovano qualche
vantaggio.
Ma una
volta acquisiti tali vantaggi, essi ritengono che sia tempo di installarsi e di
sistemare
confortevolmente il loro nido. Dittatura completa sulla borghesia? Primo
passo di
una lunga marcia di 10.000 li? Spiacente! Che altri lo facciano; io sono
giunto
alla
fermata e scendo. A questi compagni vogliamo dare un consiglio: è pericoloso
fermarsi a
metà strada; la borghesia vi fa già un cenno. Raggiungete dunque le nostre
file e
continuate ad avanzare!
L’esperienza
storica ci dimostra inoltre che davanti alle vittorie che la dittatura del
proletariato
riporta una dopo l’altra, la borghesia finge di accettare questa dittatura,
ma in
realtà essa continua a lavorare per la restaurazione della dittatura borghese.
È
precisamente ciò che hanno fatto Kruscev e Breznev. Essi non hanno cambiato il
nome dei
soviet, né quello del partito di Lenin, né quello della repubblica socialista,
ma sotto la
copertura di questi nomi da essi conservati hanno svuotato la dittatura
del
proletariato del suo contenuto e ne hanno fatto una dittatura della borghesia
monopolista
contro i soviet, contro il partito di Lenin e contro la repubblica socialista.
Tradendo
apertamente il marxismo, essi hanno formulato il programma revisionista
dello
“Stato di tutto il popolo” e del “partito di tutto il popolo”. Ma quando il
popolo
sovietico
si solleva contro la loro dittatura fascista, essi innalzano la bandiera della
dittatura
del proletariato per reprimere le masse. Casi simili sono accaduti anche in
Cina. Liu
Shao-chi e Lin Piao non si sono limitati a diffondere la teoria dell’estinzione
della lotta
di classe, ma hanno issato la bandiera della dittatura del proletariato
quando
reprimevano la rivoluzione. Lin Piao non aveva forse il suo prontuario in
quattro
punti? Uno di questi era “non dimenticare mai la dittatura del proletariato”.
In realtà
non se la dimenticava mai, ma occorre aggiungervi la parola “rovesciare”,
ciò che dà:
“non dimenticare mai di rovesciare la dittatura del proletariato”. Secondo
la
confessione della sua stessa banda, si trattava di “attaccare le forze del
presidente
Mao
innalzando la bandiera del presidente Mao”. Talvolta, individui di questo tipo
si mostrano
“sottomessi” al proletariato e pretendono perfino di essere più
rivoluzionari
di chiunque altro, lanciando parole d’ordine “di sinistra” per creare
confusione
e compiere attività di sabotaggio; ma essi conducono costantemente una
lotta
implacabile contro il proletariato. Voi volete la trasformazione socialista?
Essi
dicono che
occorre consolidare l’ordine di nuova democrazia. Voi volete l’istituzione
delle
cooperative e delle comuni? Essi dicono che è troppo presto. Voi ritenete che
occorre
fare la rivoluzione nella letteratura e nell’arte? Essi sostengono che
presentare
189
sulla scena
dei fantasmi non farà alcun danno. Voi volete limitare il diritto borghese?
Essi dicono
che tale diritto è un’ottima cosa e che bisogna invece estenderlo. Maestri
nel
difendere le vecchie cose, ronzano sempre come uno sciame di mosche attorno
a quelli
che Marx chiamava le “macchie” e i “difetti” residuati dalla vecchia società.
Mostrano un
interesse particolare nel predicare tra i giovani, approfittando della loro
inesperienza,
che l’incentivo materiale è come il formaggio di soia fermentato, che
ha un buon
sapore malgrado il cattivo odore. Tutte queste spregevoli attività, essi
le
camuffano sotto un’etichetta socialista. Alcune canaglie impegnate nella
speculazione,
la
concussione e il furto non dicono di fare della cooperazione socialista? Gli
istigatori
che avvelenano la mente dei giovani non ostentano “sollecitudine e amore
verso i
successori della causa del comunismo”? Noi dobbiamo studiare le loro tattiche
e fare il
bilancio della nostra esperienza per esercitare ancora più efficacemente la
dittatura
completa sulla borghesia.
“Volete far
soffiare un ‘vento di comunismo’”? Alcune persone sono ricorse di
recente
alla tattica di porre questioni di tal genere per creare confusione e allarmismo.
Noi
possiamo rispondere loro esplicitamente: un “vento di comunismo” come quello
voluto da
Liu Shao-chi e Chen Po-ta non permetteremo mai che si alzi di nuovo. Noi
abbiamo
sempre sostenuto che il nostro paese, anziché avere troppe merci, non ne
ha ancora
in abbondanza. Finché le comuni popolari non ne avranno in misura
sufficiente
per poter praticare “la comunione dei beni” con le brigate e le squadre
di
produzione e finché le imprese in proprietà di tutto il popolo non offriranno
un’abbondanza
di prodotti tanto grande da applicare, tra i nostri 800 milioni di
abitanti,
il principio della distribuzione secondo i bisogni, noi dobbiamo conservare
la
produzione delle merci, lo scambio attraverso la moneta e la distribuzione
secondo
il lavoro.
Quanto agli effetti nocivi che ne derivano, abbiamo preso e continueremo
a prendere
le misure appropriate per limitarli. La dittatura del proletariato è una
dittatura
esercitata dalle masse. Noi siamo convinti che, sotto la direzione del partito,
le larghe
masse hanno la forza e la capacità di lottare contro la borghesia e infine
di
vincerla. La vecchia Cina era un paese sommerso in un oceano di piccola
produzione.
L’educazione socialista di parecchie centinaia di milioni di contadini è
sempre
stato un problema grave che richiederà gli sforzi di parecchie generazioni.
Di queste
centinaia di milioni, i contadini poveri e i contadini medi dello strato
inferiore
costituiscono la maggioranza ed essi hanno compreso attraverso la pratica
che per
loro l’unica via luminosa è quella di seguire il partito comunista e di
continuare
sulla strada del socialismo. Appoggiandosi su di essi per realizzare
l’unione
con i contadini medi, il nostro partito ha permesso ai contadini di procedere
tappa dopo
tappa dai gruppi di mutuo aiuto alle cooperative di produzione agricola
inferiori e
superiori e infine alle comuni popolari e noi siamo sicuramente in grado
di guidarli
perché essi continuino ad avanzare.
Noi
richiamiamo piuttosto l’attenzione dei nostri compagni sul fatto che sta
soffiando
oggi un altro tipo di vento, quello dell’“imborghesimento”. Si tratta dello
stile di
vita borghese di cui ha parlato il presidente Mao, del vento nefasto che ha
fatto
degenerare in elementi borghesi alcune “parti” della popolazione. Fra queste
La dittatura
completa sulla borghesia
Mao Tse-tung
- OPERE
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diverse
“parti”, il vento dell’“imborghesimento” che arreca il danno maggiore è
quello che
soffia tra i comunisti e particolarmente tra i quadri dirigenti. Avvelenati
da questa
sinistra corrente, alcuni individui imbevuti di idee borghesi si affannano
dietro gli
onori e il guadagno e invece di provare vergogna se ne vantano. Alcuni
sono giunti
al punto da considerare tutto come merce, inclusa la loro stessa
persona.
Anche la loro adesione al partito comunista e quello che fanno per il
proletariato
per loro sono merci, sono cose che fanno solo per ottenere in cambio
delle
promozioni e farsi pagare dal proletariato ai prezzi più alti. Costoro non sono
comunisti
che di nome e sono in realtà nuovi elementi borghesi, presentano le
caratteristiche
della borghesia decadente e moribonda nel suo insieme. Nel corso
della
storia, quando le classi dei proprietari di schiavi o la classe dei proprietari
terrieri o
la borghesia erano in ascesa, esse dettero un certo contributo all’umanità.
I nuovi
elementi borghesi agiscono oggi diametralmente all’opposto dei loro
antenati;
essi non sono che un “nuovo” mucchio di rifiuti e non svolgono che un
ruolo
nocivo per l’umanità. Tra coloro che fanno correre delle voci circa il “vento
di
comunismo” figurano alcuni nuovi elementi borghesi che si sono appropriati
dei beni
pubblici e temono che il popolo se li riprenda proprio attraverso il “vento
di
comunismo”; altri sono individui che vorrebbero approfittare dell’occasione
per
guadagnare qualche vantaggio. Queste persone hanno un fiuto più fine che
molti dei
nostri compagni. Mentre alcuni nostri compagni considerano lo studio
un compito
facoltativo, esse sentono d’istinto che lo studio attuale è un compito
imperioso
sia per il proletariato che per la borghesia. Può darsi che esse sollevino
veramente
un qualche “vento di comunismo” o creino qualche disordine
prendendo
deliberatamente una delle nostre parole d’ordine per confondere i due
diversi
tipi di contraddizioni. Questo è un punto che merita la nostra attenzione.
Sotto la
direzione del Comitato centrale del partito con a capo il presidente Mao,
il nostro
grande esercito rivoluzionario proletario, forte di centinaia di milioni di
uomini,
continua ad avanzare. Abbiamo 25 anni di esperienza di dittatura del
proletariato,
e anche l’esperienza acquisita sul piano internazionale dalla Comune
di Parigi
in poi. Se le centinaia di membri del Comitato centrale del nostro partito e
le migliaia
di quadri dirigenti superiori danno l’esempio, leggono e studiano
seriamente
insieme con i quadri e le masse, conducono inchieste e ricerche e fanno
il bilancio
delle loro esperienze, arriveremo a realizzare l’appello del presidente Mao,
ad avere
una chiara comprensione del problema della dittatura del proletariato e a
garantire
che il nostro paese avanzi vittoriosamente lungo la via indicata dal
marxismo-leninismo-maoismo.
“I proletari non hanno nulla da perdere in questa
rivoluzione
fuorché le loro catene e hanno un mondo da guadagnare”. Questa
prospettiva
infinitamente radiosa non cesserà di incoraggiare un numero sempre
maggiore di
operai e di lavoratori coscienti e la loro avanguardia, i comunisti, a
seguire la
linea fondamentale del partito, a esercitare la dittatura completa sulla
borghesia e
a continuare fino in fondo la rivoluzione sotto la dittatura del proletariato!
La
borghesia e tutte le altre classi sfruttatrici saranno eliminate e il comunismo
trionferà;
questo è inevitabile, certo e indipendente dalla volontà dell’uomo.