Contro il carcere e l’isolamento

Assemblea a Parma il 21 gennaio 2006

Il 31 dicembre un articolo su un giornale locale riportava la notizia di tre suicidi avvenuti nel carcere di Parma tra novembre e dicembre. Gravissimo il fatto che la notizia sia stata riportata con parecchio ritardo (taciuta dai quotidiani di maggiore diffusione e tv cittadine), e che un membro della Commissione Giustizia avesse appena effettuato un’ispezione, esaltando a mezzo stampa l’efficienza dell’istituto di via Burla. Gravissimo, infine, che due dei suicidi siano avvenuti nella “strana” sezione 1B.

Il carcere di Parma non è nuovo a questo tipo di “suicidi”, passati costantemente sotto silenzio: queste morti rappresentano la punta dell’iceberg di una situazione che negli ultimi tempi è drasticamente peggiorata.

Come ci scriveva un detenuto nel 2000: “All’interno del carcere di Parma il verbo della sicurezza ha congelato tutta la struttura (…) gente chiusa in cella dalla direzione a non far niente per 21 ore al giorno, assenza del lavoro, attività trattamentali vicine allo zero”. In poche parole, il duro regime detentivo previsto dall’articolo 41 bis, in vigore in una sezione del carcere di Parma, permea di sé l’intero carcere e viene fatto ricadere su tutti i prigionieri di via Burla.

Negli ultimi anni l’Emilia Romagna ha assunto le caratteristiche di un vero e proprio “laboratorio di detenzione”: qui, nelle “roccaforti rosse” si cerca di tutelare la “pace sociale” anche attraverso l’insediamento di una pluralità di apparati carcerari che svolgono funzioni differenti nel controllo e nella repressione. Oltre al carcere di Parma, infatti, vanno tenuti presenti, il manicomio criminale di Reggio Emilia – con buona pace della legge 180 che ne prevedeva l’abolizione –, i CPT (Centri di Permanenza Temporanea) presenti a Modena e a Bologna, il carcere per tossicodipendenti di Castelfranco, il quale è un’estensione del modello S. Patrignano, del carcere dato in gestione a privati, ancor più feroce, se possibile, del carcere statale (come i prigionieri linciati a S. Patrignano hanno dimostrato).

A queste considerazioni, di carattere territoriale, aggiungiamo il fatto che, ultimamente, per molti/e compagni/e, in ragione delle lotte portate avanti, si sono aperte le porte del carcere, spesso sulla base di aggravanti (reati associativi, eversione, ecc) che, la gran parte delle volte, in sede di riesame, sono poi venute a cadere.

Il fatto grave qui è che la maggior parte degli arrestati hanno trascorso e trascorrono tuttora parecchi mesi in carcere sotto custodia cautelare o in seguito a processi per direttissima e che viene loro applicato un regime particolarmente duro e afflittivo fondamento sull’isolamento (pensiamo, ad esempio, alle recenti inchieste sulle COR, all’inchiesta “Cervantes”, ai compagni e alle compagne arrestati a Lecce). Questo trattamento, del resto, è riservato da sempre a migliaia di prigionieri che quotidianamente lottano e resistono contro la violenza carceraria ai quali va senz’altro la nostra solidarietà e sostegno militante.

In particolare, infine, consideriamo sia necessario far uscire dal silenzio le micidiali condizioni d’isolamento e le restrizioni previste e dall’articolo 41 bis cui sono sottoposti da anni oltre 600 prigionieri. Queste condizioni comportano un drastico aggravamento della vita quotidiana sotto tutti i punti di vista, il cui scopo esplicito è l’annientamento dell’identità umana e politica del prigioniero.

Da alcuni mesi questo regime è stato imposto anche ad alcuni compagni. E’ la prima volta che ciò accade. L’obiettivo, più che evidente, è quello di costruire, in questo modo, un deterrente da opporre al movimento antagonista e di resistenza.

Sulla base di queste considerazioni, proponiamo a tutti coloro che in regione, ma non solo, hanno costruito percorsi di lotta sul carcere, che sono sensibili all’argomento e/o ne riconoscano la valenza politica, di determinare uno spazio di dibattito comune per costruire un percorso di lotta, altrettanto comune, contro il carcere in tutte le sue forme.

La situazione specifica del carcere di Parma – dove, nella sezione del 41 bis, è stato di recente trasferito anche un militante delle Br Pcc, recentemente condannato nel processo Biagi – può essere affrontata e modificata, pensiamo, soltanto se viene riportata su un piano complessivo, nel contesto di campagne di più ampio respiro.

Per tutto questo convochiamo una prima riunione di confronto per:

Sabato 21 gennaio alle ore 15

c/o sede Rdb di via Baratta – Parma

per info 329 8648057 – 320 3469192

 

Per arrivare

Dalla Stazione FS: autobus n°12, 6 o 9 in direzione v.le Piacenza, scendere fermata Conad, girare a destra via Lanfranco poi prima a sinistra via Baratta.

Dall’autostrada uscita Parma Ovest: prendere via Emilia Ovest direzione Ospedale, percorrere via Gramsci, proseguire fino p.le S. Croce (rotonda) girare destra via Pasini, al semaforo girare a sinistra via Lanfranco. Parcheggio sulla destra difronte Toyland.

Dall’autostrada uscita Centro: rotonda, prendere via S. Leonardo, sempre dritto via Trento, proseguire fino al sottopasso della Stazione, al semaforo girare a destra, passare ponte Bottego sempre dritto su v.le Piacenza dopo la Conad al semaforo girare a destra via Lanfranco. Parcheggio sulla destra difronte Toyland.