15 nov 2005, 06:21:16 |
Libertà
e informazione a Tunisi, intervista ad Ayachi Hammami
15/11/2005
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di
Calibano
Si apre il prossimo 16 novembre a Tunisi, in una città blindata, il Summit
internazionale sulla società dell'informazione, sotto l'egida delle Nazioni
Unite, che vedrà la partecipazione di centosettanta paesi. Il vertice tratterà
il tema dei diritti alla libertà di espressione e di informazione. La sede del
vertice naturalmente ha provocato numerose polemiche visto la natura oppressiva
e censorea del regime del Presidente Ben Ali ininterrottamente al governo da 18
anni. Il governo tunisino continua a limitare la libertà di associazione,
riunione e accesso alle informazioni. Come denunciato da numerose associazioni
non governative, negli ultimi mesi c'è stato un ulteriore irrigidimento dei
controlli e un'escalation di minacce contro i difensori dei diritti umani: un
attacco proprio a quei diritti che il Summit intende promuovere.
In occasione di questo importante appuntamento che sposterà i riflettori verso
la Tunisia, da ventinove giorni un gruppo di militanti democratici tunisini
sono in sciopero della fame per attirare l'attenzione internazionale sulle
drammatiche condizioni in cui versa la libertà di parola e di lotta politica in
Tunisia.
Questa mattina avrebbe dovuto tenersi, presso il Goethe Institut, una
conferenza stampa dei militanti tunisini in sciopero della fame per informare
la stampa estera sul summit, da loro promosso, parallelo a quello ufficiale.
L'istituto è stato circondato e gli attivisti sono stati picchiati brutalmente
dalla polizia governativa prima dell'arrivo della stampa estera.
Calibano ha intervistato uno dei digiunatori, l'avv. Ayachi Hammami, segretario
generale della sezione di Tunisi della Lega Tunisina dei diritti dell'uomo e
membro del partito Iniziativa Democratica.
- Sig. Hammami da quanto tempo siete in sciopero della fame?
Lo sciopero è iniziato il 18 Ottobre.
- Cosa volete ottenere con questa iniziativa?
Abbiamo i seguenti obiettivi: Libertà di espressione, libertà di stampa,
libertà di associazione, mettere fine alle sofferenze e soprattutto alla
tortura dei prigionieri politici, amnistia generale per tutti i prigionieri
politici.
- La vostra iniziativa è partita da Tunisi, si è allargata anche ad altre
città? Si, ci sono gruppi che hanno aderito alla nostra iniziativa, dando vita
ad altrettanti scioperi della fame in altre undici città: Beja, Bizerte,
Mehdia, Sousse, El Kef, Medenine, Gabes, Gasserine, Siliana, Gafsa, Sidi
Bousid. Inoltre, per solidarietà con noi, altri tunisini stanno facendo lo
sciopero della fame a Londra, Parigi, Berlino, Copenaghen.
- Quali sono i rischi che corrono gli oppositori al regime di Ben Ali? - La
prigione prima di tutto. A volte a seguito di un processo-farsa, altre volte
senza neanche un processo. Inoltre intimidazioni, pressioni di ogni genere sui
familiari amici e parenti. Perdita del lavoro e via di seguito. Spesso viene
ritirato il passaporto. Quasi sempre chi è in odore di opposizione al regime è
oggetto di violazione costante dei più elementari diritti umani. Telefono sotto
controllo, sorveglianza a vista 24 ore su 24, provocazioni continue da parte
della polizia politica, con aggressioni fisiche e chi più ne ha più ne metta.
- Quanti sono i partiti, le associazioni, non autorizzate e clandestine? - Ci
sono circa dieci testate di giornali in attesa di un'autorizzazione che non arriva
da anni, cinque radio libere che attendono l'autorizzazione ad esercitare la
loro attività, più di duecento associazioni di laici e democratici si sono
viste rifiutare l'autorizzazione. C'è da sottolineare che tutte le associazioni
sono sottomesse alla necessità di un'autorizzazione speciale da parte del
ministero degli interni. Fra queste associazioni ci sono certamente i movimenti
di base di formazioni politiche di opposizione. Da segnalare, infine che la
costituzione di un sindacato dei giornalisti tunisini, per la quale è stata
presentata istanza di riconoscimento al ministero degli interni, è stata
vietata.
- Gli oppositori politici arrestati, vengono sottoposti a torture? Nonostante
che il governo neghi in modo deciso, siamo a conoscenza di fatti documentati
che dimostrano senza ombra di dubbio come la tortura sia il metodo ordinario di
trattamento dei prigionieri politici. Anche le fonti più accreditate nella
denuncia di abusi e soprusi in tal senso, quale ad esempio Amnesty
International, ha sempre riservato alla Tunisia un posto eccellente nella
graduatoria dei paesi dove la tortura dei prigionieri politici è prassi
ordinaria.
- Ci spieghi cosa è successo fra il governo e l'associazione dei magistrati
Tunisini? Da cinque o sei anni un'associazione di magistrati tunisini ha
ricevuto l'autorizzazione ad esistere da parte del ministero degli interni. Il
nome è "Associazione dei magistrati Tunisini". Questi magistrati si
sono ribellati alle "indicazioni" politiche "suggerite" per
certi processi, rivendicando in modo esplicito e chiaro l'indipendenza della
magistratura dal potere politico. A seguito di tale atteggiamento agenti della
polizia politica, solitamente in borghese, hanno cominciato a provocare questi
magistrati, ad insultarli pubblicamente, ad accusarli di corruzione, fino a
giungere alla violenza fisica. Tutto questo ha prodotto l'effetto contrario a
quello previsto. Alla fine, soprattutto a partire dall'anno scorso, questa
situazione si è tradotta in un vero e proprio braccio di ferro. Un magistrato
appartenente all'associazione (lo stesso che sta facendo lo sciopero della fame
a Tunisi) è stato dimesso dalle sue funzioni da parte del ministro della
giustizia perché ha costituito in Francia un comitato internazionale in difesa
dei diritti dei prigionieri politici in Tunisia. E' stato accusato di
tradimento, di complotto contro la patria et similia. Circa tre mesi orsono la
polizia politica è entrata di forza nottetempo nei locali dell'associazione
(all'interno dello stesso palazzo di giustizia di Tunisi). Gli agenti hanno
cambiato le serrature dei locali dell'associazione ed hanno impedito il giorno
dopo, al presidente ed ai membri del consiglio direttivo dell'associazione, di
entrare nei locali. Il presidente dell'associazione si è recato dal Procuratore
Generale della Repubblica per ottenere spiegazioni ed è stato informato che a
partire da quel giorno un nuovo consiglio direttivo dell'associazione stessa ha
eletto un nuovo presidente e che tutti i vecchi membri dell'associazione
dovevano considerarsi "dimissionati". Credo non ci sia bisogno di
ulteriore commento.
- Dal 1999 al 2003 la Tunisia ha ricevuto aiuti dall'Unione Europea per circa
400 milioni di euro. Alcuni parlamentari europei hanno chiesto che gli aiuti
fossero condizionati dal rispetto dei diritti umani da parte del governo di
Tunisi. Come gli europei, possono aiutarvi? La Comunità Europea può prendere
l'iniziativa di chiedere ufficialmente attraverso la delegazione della
Commissione della Comuntà Europea di Tunisi, che vengano non solo permessi,
bensì incoraggiati e sostenuti tutti gli interventi di cittadini sia europei
sui tunisini vòlti a favorire il libero scambio di informazione e di idee,
nonché di concreta e fattiva cooperazione per l'esercizio comune di ogni forma
di libertà di stampa e di difesa dei diritti civili e politici.
- Qual'è la situazione dei diritti umani in Tunisia? Ufficialmente i diritti
dell'uomo sono dichiarati sacri e inviolabili. Di fatto sono sistematicamente
ignorati. Il colmo del ridicolo è che in Tunisia c'è la figura istituzionale di
un Ministro dei diritti dell'uomo e che ai diritti umani è intitolata persino
una piazza del centro della capitale.
- Avete avuto contatti con forze poltiche all'estero? Per la Francia ci sono
stati dei rappresentanti del partito comunista francese e della Lega comunista
rivoluzionaria che sono venuti a visitare i protagonisti di questo sciopero. Il
ministro tedesco per le politiche comunitarie, accompagnato dall'ambasciatore
di Germania, è venuto a visitare le persone in sciopero della fame. Il primo
segretario incaricato degli affari politici dell'ambasciata degli Stati Uniti
ha fatto la stessa cosa. La sinistra francese ha organizzato a Parigi davanti
all'ambasciata della Tunisia una manifestazione di sostegno. Il movimento
democratico laico a Londra ha fatto la stessa cosa davanti all'ambasciata
tunisina in Gran Bretagna. La sinistra marocchina ha organizzato una
manifestazione davanti all'ambasciata di Tunisia in Marocco.
- I giornalisti sono liberi di esercitare il proprio mestiere? Neanche un po'.
Il governo tunisino ha annientato la libertà di stampa. Di fatto la Federazione
mondiale della stampa ha radiato la federazione tunisia (in quanto è stata
ritenuta totalmente controllata dal governo di Tunisi).
- Internet, i giornali on line, sono una risorsa utilizzabile per i gruppi
dissidenti? In teoria si. Di fatto l'ATI (Agenzia Tunisina Internet, in poche
parole una sorta di cyberpolizia inquisitoria e censoria) sorveglia 24 ore su
24 ogni sito del quale giunga segnalazione che si parla della Tunisia o del suo
presidente. I siti vengono sistematicamente chiusi con il solito messaggio
"Not found page" etc... Tuttavia il numero dei siti interessati è
talmente grande che neanche Torquemada nella sua più splendida forma
riuscirebbe a porre rimedio alla situazione. (La censura ha colpito anche i
siti italiani di Amisnet.org, Lettera22.it e del Partito Radicale, che avevano
promosso un appello a sostegno degli oppositori al regime. I siti non sono più
visibili dalla Tunisia n.d.r.).
- In Italia ci sono Tunisini dissidenti ? supportano la vostra lotta e come? Al
momento non abbiamo notizie al riguardo.
- La legislazione antiterrorismo voluta dal presidente Ben Alì, quali effetti
ha provocato concretamente nella limitazione della libertà di espressione e
nell'esercizio dei diritti politici e civili? La limitazione delle libertà
fondamentali e dell'esercizio dei diritti civili e politici è sempre stata un
fiore all'occhiello dell'attività di questa persona anche prima di arrivare ai
vertici dello stato. Certamente la possibilità di "agganciare", in
modo certo assai seducente, questo esercizio del despotismo alla necessità di
garantirsi contro il fondamentalismo islamico non è stata mancata dal
furbissimo dittatore che, in questo modo ha tenuto buoni, almeno sino ad ora,
gli osservatori americani ed europei che non gli avevano risparmiato critiche.
Oggi la situazione si sta rivelando per quella che è. E molti sostengono che
proprio questo esercizio tirannico del potere finirà per favorire un ritorno di
fiamma delle frange più estreme del fondamentalismo.