Mi scuso con i compagni ma l’originale non posso scansionarlo causa sabotaggi infamatici che mi hanno messo ko un pc desktop senza modem né LAN o reti di alcun genere e quindi ho ricopiato il documento

 

PROCURA DELLA REPUBBLICA

Presso il Tribunale di Udine

N.33/1996 R.Es.                                                  Alla Corte d’Assise – Udine

 

Il Pubblico Ministero

Visti gli atti del procedimento di esecuzione a carico di Dorigo Paolo, nato a Venezia il 24/10/1959, attualmente ristretto in regime di detenzione domiciliare presso l’abitazione in Mira (VE), Via Corridoni n.4/5, ARRESTATO IL 23-10-1993 IN QUESTO PROCEDIMENTO;

Rilevato:

-     che il Dorigo è stato condannato dalla Corte d’Assise di Udine alla pena di anni tredici e mesi sei di reclusione per i reati di associazione con finalità di terrorismo, ricettazione, banda armata, detenzione e porto illegale di armi, attentato per finalità terroristiche e rapina aggravata;

-     che la sentenza, confermata dalla Corte d’Assise d’Appello di Trieste, è divenuto irrevocabile il 27/3/1996;

-     che l’esecuzione DEFINITIVA è iniziata  CONTINUATA con provvedimento del P.M. d Udine in data 4/4/1996, notificato al condannato detenuto il 12/4/1996 A NOVARA;

-     che, con ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Perugia. in data 23-25/3/2005, il Dorigo è stato ammesso alla detenzione domiciliare per motivi di salute;

Rilevato, altresì:

-     che la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, con decisione del 9/9/1998, ha stablito, su ricorso del condannato Dorigo, la “non equità” del processo per violazione dell’art.6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo;

-     che, in particolare, la Corte ha ritenuto “non equo” il processo perché, per pronunciare la condanna del Dorigo, i giudici italiani hanno utilizzato quale “principale elemento di prova”, le dichiarazioni rese nelle indagini preliminari dai tre coimputati, i quali, esaminati nel dibattimento, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere (art.513 c.p.p. nel testo vigente prima della riforma del 1997);

-     che più volte lo Stato italiano è stato richiamato all’osservanza della sentenza della Corte: osservanza che impone, da un lato, l’adozione di misure legislative generali dirette a rimuovere il contrasto tra norme italiane e principi della Convenzione Europea, e, dall’altro, il compimento di atti idonei ad eliminare, nel caso specifico, la situazione di ingiustizia rilevata dalla Corte (“restituito in integrum”);

Osservato:

-     che la Corte di cassazione, con sentenza 22/9-3/10/2005, ha posto, sia pure in termini dubitativi, la questione relativa alla configurabilità, nel nostro ordinamento, del divieto di eseguire una sentenza di condanna giudicata “non equa” della Corte  europea “… se la disposizione di cui all’art.5, comma 2, lettera a) della Convenzione europea (“Nessuno può essere privato della libertà personale salvo che nei casi e nei modi previsti dalla legge: “a) se è divenuto regolarmente in seguito a condanna da parte di un tribunale competente;” precluda l’esecuzione nell’ordinamento italiano di una sentenza di condanna emessa in esecuzione di un processo giudicato “non equo” dalla Corte di giustizia a norma dell’art.6 della Convenzione ovvero se, in assenza di apposito rimedio previsto nell’ordinamento interno, debba comunque prevalere il giudicato”;

-     che presupposto della questione è l’immediato vigore nell’ordinamento italiano delle norme di Convenzione europea dei diritti dell’uomo, direttamente applicabili e per di più “in suscettibili di abrogazione o di modificazione da parte di disposizioni di legge ordinaria” (così la Cassazione);

-     che, io quest’ottica, dalla disposizione dell’art.5, comma 2, lettera a) della Convenzione (“Nessuno può essere privato della libertà personale ...”) si potrebbe desumere il divieto, per gli organi dell’esecuzione penale, di dare attuazione a titoli per i quali sia intervenuta una statuizione europea di “non equità” (ciò in forza della specialità della precitata disposizione rispetto agli artt.649, 655 e 656 c.p.p.);

Osservato, ancora:

-     che la tesi prospettata –pur suscettibile di ulteriore approfondimento- merita di essere esaminata e vagliata nel contraddittorio delle parti, come ritenuto dalla Suprema Corte nella precitata sentenza 22-9/3-10/2005;

-     che, allo scopo, mezzo necessario è l’incidente di esecuzione ex 666 c.p.p.;

-     che tale rimedio è, in ogni caso, idoneo a configurare “restituito in integrum” nel confronti del condannato Dorigo;

Visti gli artt.73 Ord.Giud. – 665, 666, 670 c.p.p.;

chiede

che la Corte d’Assise di Udine quale sindaco dell’esecuzione instaurato il contraddittorio con il condannato Dorigo Paolo, sentito lo stesso ed assunti gli elementi di prova ritenuti necessari (??? Ovviamente mi asterrò dall’incontrare il giorno prima come previsto per legge nelle udienze di esecuzione fuori circondario detentivo, il Magistrato di sorveglianza; NOI ABBIAMO CHIESTO UNA LEGGE CHE ESTENDA I CASI DI REVISIONE AI CASI CASSATI DALLA CEDU, NON DI DIALETTIZZARCI IN MANIERA VINCOLANTE E PRIVA DI DIFENSORI IN CASI NON INERENTI MIEI RECLAMI O DENUNCE !!!) voglia verificare la perdurante efficacia del titolo esecutivo a carico del Dorigo e di conseguenza la legittimità della sua detenzione.

Allega il fascicolo dell’esecuzione.

Udine 11/11/05

Il Pubblico Ministero Sost.Procuratore della Repubblica Dott.LEONARDO BIANCO