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Paolo Dorigo
15 maggio 2005
APPUNTI DI LETTURA DA LA NUOVA BANDIERA
La lettura di La Nuova
Bandiera, che in carcere ho potuto leggere e tenere tra i libri più cari, mi ha
dato immediatamente la misura di qualcosa che si muove nella classe operaia, a
partire da essa, e non dagli scranni di qualche facoltà o ambiente d’élite. Ciò
è molto importante, la nascita del PCm è un dato politico rilevante nel nostro
paese, anche se ovviamente il regime di
polizia/mystificazione/controrivoluzione/fascismo e censura borghese
imperialisa non ne ha affatto parlato. Ma di questo è da mo’ che non mi curo,
da quando ho capito che ciò che leggo o meno è oggetto di indagini.
Ciònonostante, mi è stato chiesto di esprimere delle opinioni e appunti su
questa importante rivista, e lo faccio con molto piacere.
INTRODUZIONE
I comunisti non hanno bisogno
di analisi perfette e di competizioni professorali, ma di contributi legati
alla pratica, e discesi da essa.
La critica non è demarcata
dal settarismo, ma da argomentazioni non millenaristiche né dogmatiche (es.La
Voce del nPci). Tantomeno si risparmia per comodità di orticelli vicini, la
critica serrata e la denominazione di neorevisionismo a ciò che tale è.
Il Parlamento borghese non è
l’approdo di una politica comunista, né il punto di partenza di una
rivoluzione. In determinati periodi storici, i comunisti vi hanno partecipato,
come i socialdemocratici alla fine del XIX, inizio del XX. Poi però vi fu la
prima guerra mondiale, con lo scioglimento della Internazionale socialista, a
cui persino macellai imperialisti contemporanei ancora si rifanno, proprio
perché guerrafondai nel sangue, filo-Bernstein-noske mussolini, intimamente
fascisti nell’educazione ricevuta, nella cultura di base, negli assiomi
culturali, nell’origine, pur mascherati da democratici… Vi partecipò il POSDR nel 1908, ma non il
PCC in Cina, vi partecip il PC(m) del Nepal, prima di iniziare la rivoluzione,
ma ciò costituisce un’eccezione, non la regola. Parteciparvi per Gramsci non
significò organizzare meglio la resistenza antifascista prima dell’arresto dei
compagni rimasti in Italia appartenenti allo stato maggiore del PC d’Italia.
Il comunismo in URSS è
cessato come movimento diretto dal Partito al potere, nel 1955, ma come
esperienza di movmento internazionalista, già lo scioglimento dellìI.C. nel
maggio 1943, pone grosse ipoteche negative e nefaste. La scelta di
“nazionalizzare” anche nel nome i PC, fu una scelta conseguente a una decisione
forse inevitabile allora, ma che rifletteva una insufficiente comprensione del
movimento rivoluzionario nel Tricontinente. Mao Tse-Tung ed il PLA dell’Albania
negli anni sessanta attaccarono lo stato maggiore del revisionismo senza peli
sulla lingua, pur essendo tutti i popoli del mondo debitori dell’URSS, che tale
non era più se non di nome. Che Guevara dette altri colpi di maglio al
socialsciovinismo, con il Discorso di Algeri. Franz Fanon, il BPP, la guerra
rivoluzionaria vietnamita, le rivoluzioni nel Tricontinente, la nascita della
rivoluzione Palestinese, determinarono un riassestamento rivoluzionario che
venne fermato proprio dalla incompleta ed immatura comprensione della
situazione nuova del mondo, contemporaneamente alla nuova crisi generale del
capitalismo, data dalla impossibilità di dare crescita all’estrazione di
plusvalore a fronte di una massa di capitale sempre crescente. È in quell’epoca
che il maoismo viene represso in Cina dal revisionismo di Hua Kuo-Feng e Deng
Tsiao-Ping, porci assassini del popolo rivoluzionario della Cina, incarceratori
e torturatori dei compagni che dirigevano la Grande Rivoluzione Culturale
Proletaria, affossatori della linea proletaria e contadina nel PCC, generatori
della casta dei funzionari di partito, leccaculo del sistema egoistico e
privatistico sociale del capitalismo, confuciani in definitiva.
La fondazione del Movimento
Internazionalista Rivoluzionario e l’inizio delle guerre popolari nel mondo, a
partire da quella del Perù, diverse per concezioni (non lotte di indipendenza
nazionale, non guerriglie fochiste destinate alla sconfitta, alla trattativa od
alla convivenza con logiche compatibili all’imperialismo) dalle altre
esperienze in corso, e per questo ignorate, silenziate, diffamate, mistificate,
sinanche dai nostri “comunisti” nostrani, docenti compresi.
La guerra imperialista che è
iniziata nel 1991 (che oramai possiamo chiamare 3° guerra mondiale), e che è
all’origine dell’uso bushiano di bin laden il 11 settembre 2001, è la risposta
del capitalismo al crollo della sua struttura portante, che si reggeva sui “tre
mondi”, capitalismo occidentale, capitalismo di stato sovietico (dopo il 1955)
e “terzo mondo”.
Infatti il crollo del
revisionismo nel 1989-1991 (cfr. Rapporti sociali 7/8 e i fatti e la testa,
1983, buoni strumenti ancora oggi al di là delle scelte oramai
neorevisionistedi questo collettivo editoriale) nei paesi dell’Est Europa ha
portato il capitale occidentale, inizialmente ad esultare, ma quasi subito (a
partire dalla Germania) a rendersi conto delle problematiche insite in questi
paesi, sicchè serviva una guerra mondializzata per coinvolgere i paesi della
fascia a occidente della Russia, nella Nato, serviva eliminare la anomalia
Jugoslava, serviva riclonizzare l’Albania, serviva spingere gli stati dell’ex
Urss allo sfacelo attraverso l’arma islamica già usata con successo
dall’imperialismo per mezzo del terrorismo islamico (fiancheggiato da certi garantisti
italici),e questo è dimostrato al di là delle motivazioni storiche che i ceceni
hanno potuto utilizzare per spingere la propria lotta, dopo lo sfacelo
dell’URSS e non certo prima. Così per il crimine, divenuto senza regole, e in
doppiopetto, statale, in occidente, tollerante la schiavizzazione di donne e
bambini, nonostante qualche blitz periodico, e selvaggio, legato ai padroni non
nascostamente come da noi ma esplicitamente, come in Russia.
Tutto ciò non ha fatto ancora
riflettere i neorevisionisti di ognuna delle cento campane (dai filocinesi agli
exfilorussi, dagli estensori di opuscoli inneggianti ad un combattimento non
praticato, sino agli expci nostalgici, ed ai professorini d’economia politica,
fino ai compagni che han perso la speranza in una strada e anzich cercarsene
una di propria, si rifanno a cose già viste, perché forse meno costose e più
praticabili, il che peraltro con lo squilibrio di forze economiche tra
rivoluzione e controrivoluzione, -la RIVOLUZIONE E’ DELLA CLASSE O NON E’-
diventano peraltro ridicole), che suonano le stesse litanie da anni ed anni in
questo paese, neppure purtroppo chi al neorevisionismo sta approdando per incapacità
di analisi di classe ed inadempienza al lavoro politico di massa, elitarismo e
culto della personalità dei propri capi.
Neorevisioniste si stanno
dimostrando anche certe tesi combattenti che ignorano quanto sopra, e questo
per infelice origine dopo le batoste del 1982, dato il rifiuto di considerare
la situazione concreta determinante e non incidentale alla propria startegia.
APPUNTI (da leggersi insieme
ale parti analitiche del testo Per il marxismo-leninismo-maoismo
CINA VERSUS U.S.A.
Sono d’accordo,
l’imperialismo principalmente USA non è solo USA, Europa, Giappone, Cina,
Russia, Australia, israele*, Turchia, Pakistan, India, perseguono anch’essi
politiche imperialiste.
Vi sono poi paesi capitalisti
arretrati a dittatura spietata, come Indonesia, Birmania, ecc., con i quali non
si capisce come certi antimperialisti a parole possano dirsi solidali perché
“antiamericani”. Vi sono talmente tanti casi nel passato di paesi dove si
massacravano i comunisti (come in Irak, dove beninteso certi islamisti non è
che non cerchino di ammazzare i compagni, solo questo passa in secondo piano
perché c’è la guerra agli americani) che erano anti-americani, ma questo non
significava certo che difendessero gli interessi dei loro popoli. I diritti umani, al di là di essere
sul piano generale il terreno più alto di scontro totale (politico, militare,
economico, culturale, psichico, repressivo, sociale) tra il capitalismo allo
sfacelo e la prospettiva comunista attraverso la realizzazione del socialismo
in tutto il pianeta dopo lunghe rivoluzioni quale trampolino sociale mondiale
per il comunismo (che per definizione marxiana non può che essere mondiale) ,
sanciscono il livello di contraddizione su cui la stessa lotta di classe sul
piano nazionale si attesta. Non a caso la UE è una cosa, con i suoi progetti
più o meno giudaico-sciovinisti che siano, e il Consiglio d’Europa, una sorta
di ONU europea, è un’altra cosa. In sede di CE, sono possibili contraddizioni
che in sede UE non sono possibili. La Cina non ha una realtà analoga, e questa
è la sua debolezza, è troppo grande. Ma proprio perché il socialismo in Cina
era andato più avanti, ha subito una maggiore repressione neorevisionista.
Tuttavia il maoismo in Cina non è mai morto, ed è presente ovunque nelle
rivolte contadine, nelle lotte operaie, nelle contestazioni studentesche, tanto
che si mettono in carcere i compagni solo perché criticano le cricche del
partito con dei volantini inneggianti a Mao Tse-Tung.
La guerra imperialista, che i
comunsiti autenticamente conseguenti prevedevano come vicina nel tempo, già
negli anni ’80, un decennio dopo l’inizio della seconda crisi generale del
capitalismo imperialista, è una realtà sin dal 1991, ma in qualche modo i paesi
imperialisti non si sono certo uniti con questa guerra (Irak, Somalia,
Jugoslavia, Afghanistan, Irak, estensione virtuale del conflitto in Palestina
ed in Kurdistan alle stanze dei bottoni italiane, americane, inglesi, francesi,
tedesche, ecc.), pur impegnandovi i propri eserciti, peraltro con compiti e
zone in genere diverse e non con truppe miste (e non a caso, essendo guerre di
predoni e non certo di liberazione).
In campo scientifico e
militare la Cina sta risalendo la china anche se gli USA mantengono il
predominio, in pratica la Cina revisionista sta rifacendo gli errori di
competizione con l’imperialismo dell’URSS revisionista post-1955. Non sono
certo solo questi due paesi comunque a coltivare segretamente le proprie armi
biologiche e tecnologiche militari al riparo dalla propria opinione pubblica
(israele ne è un esempio calzante), specie quelli legati al colosso USA.
La guerra inter/imperialista
potrà in effetti sfociare in un conflitto generale di fronte ad un aggravamento
della crisi tale da impedire ai fasti del New Global Order anche solo di
incontrarsi per la spartizione dei mercati e delle aree di influenza, ma
potrebbe anche arrivare di fronte a delle rivoluzioni in paesi imperialisti.
Anni fa dei compagni dicevano che la indipendenza del Sud Africa avrebbe
scatenato la crisi ad un livello tale da rovesciare il mondo. Partivano da una
considerazione corretta dell’importanza del Tricontinente, ma al solito per i
soggettivisti, forzavano i tempi, e confondevano indipendenza nazionale e
rivoluzione classista. Brasile ed Argentina si reggono su un filo di spada, il
capitale ha concesso in Brasile al PT la prova del governo, solo perché
l’acutizzazione della crisi e della dipendenza finanziaria sono giunti tanto
oltre da rendere impossibile il governo infame del paese al
centrodestra. Una volta che salteranno le economie dell’America Latina, l’Asia
non potrà salvare gli imperialisti come oggi avviene grazie alla Cina, alle tigri
asiatiche e a diverse dittature borghesi e feudali. Allora è probabile che
si scatenerà una guerra mondiale, e forse la faranno prima che le rivoluzioni
in corso nel Tricontinente in diversi paesi, le lotte di indipendenza nazionale
strategiche (Palestina, Kurdistan) nonché le altre, il conflitto in conrso in
Medio Oriente, abbiano attestato una forza dirompente tale da rovesciare esse
stesse l’imperialismo. Ma questo era già stato previsto sin dal 1998 dalla
NATO, e le intenzioni dell’imperialismo americano del resto erano già chiare
nel 1983 (Grenada) e nel 1986 (Libia), per esplodere poi nella loro chiarezza
con la fine del revisionismo nei paesi a dominanza socialimperialista (e non “sovietica”,
che i Soviet erano oramai morti e sepolti, quantomeno come potere reale).
Infatti la crisi economica americana era eclatante già negli anni ’80, e le
numerose importanti banche che fallivano, a 100-200 all’anno, richiedevano
spesso l’intervento della Federal Reserve Bank, per arrivare all’ottobre 1987,
così simile a quello del 1929, e ai crolli successivi, evitati ora solo con
l’acutizzarsi della guerra imperialista, che porta giocoforza capitali nelle
mani sbagliate (in Borsa) ed impoverisce i popoli e la gente comune, anche non
proletaria, dei paesi imperialisti.
ATTUALITA’ DEL MAOISMO
La base principale del m-l-m
è legata giocoforza anche alla moderna teoria proletaria della critica dell’economia
politica, e giocoforza al riconoscimento che il plusvalore è la fonte
predominante sempre più mondiamente, del sistema sociale attuale basato sul
capitalismo (mpc). Non è certo la classe operaia ad essere morta, è
l’estrazione di plusvalore ad essersi dipanata in ogni luogo; in ogni settore
la produttività, anche attraverso la privatizzazione dei servizi, rende
invisibile pur non facendola divenire secondaria per altre ragioni, la linea di
demarcazione tra tute blu e giacchettine; fermo restando che è nella produzione
di plusvalore attraverso la trasformazione industriale o l’industria agricola
che risiede la base della ricchezza, esiste un’altra base di ricchezza, che è
lo sfruttamento a volte non meno bestiale dell’intelligenza creativa delle persone,
in un’architettura schiavistica e compartimentata tra le persone dipendenti da
una consorteria o da un’altra di padroni tale da impedire che a questa società
si possa dare l’appellativo di civile. Un arretramento, insomma, sociale, a La situazione della
classe operaia in Inghilterra di Engels,
camuffato solo dagli strumenti di comunicazione ed imbonimento, non
certo dal diritto alla salute per i lavoratori e le loro famiglie, figurarsi
per i disoccupati, i barboni, gli zingari e gli immigrati. Semi-feudalesimo in
arrivo in convivenza al capitalismo. Questo al di là del nero in
economia, che non cambia le regole sostanziali del capitalismo.
Questo comporta sempre nuovi
segmenti di classe di sfruttati (sfruttamento=estrazione di plusvalore) che pur
essendo divenuti tali, vengono coinvolti ideologicamente e quindi rende più
importante che mai la lotta ideologica sin nella classe tra i proletari e la
gente comune. Ma è violentemente soprattutto nelle fabbriche che questo tipo di
dipendenza ideologica trovando una certa resistenza, si esprime, viene portato
alla vita lavorativa degli operai. Siamo ben oltre al panettone e al padrone
buono che ti presta i soldi e aiuta con la casa, tanto caro ai teologi del nord-est,
siamo alla dipendenza semi-schiavistica, alla confraternita padronale, al cosa
nostra padronale, siamo alla negazione legiferata dei diritti sindacali, alla
libertà di licenziare, all’assunzione nominativa conseguente alla abolizione
degli Uffici di Avviamento al Lavoro (Collocamento), alle ditte che appaltano e
subappaltano i lavori, alle esternalizzazioni, addirittura e sempre più alla
cessione a padroni privati di attività istituzionali strategiche. Il che
aumenta e di molto lo sfruttamento, l’isolamento e la mancanza di una vera
discussione tra i lavoratori, perchè, come in un’area eterogenea
carceraria (dove su venti persone ci sono quindici aree geografiche diverse e
venti linee politiche diverse), a lavorare nella stessa linea possono
addirittura essere lavoratori di diverse ditte subappaltatrici. Con i risultati
sul piano dei rapporti di forza che si conoscono, TUTTI conseguenti, più che
alla sconfitta del 1980 alla Fiat, a quella del 1984-1985, dell’affossamento
del movimento delle autoconvocazioni che dette il là poi alla
istituzionalizzata ridefinizione dei CdF, in Rsu, parlamentarini di fabbrica
non più rappresentativi nemmeno a livello puramente elettorale, e la necessaria
rinascita sia di forme di autonomia di classe, sia, soprattutto come
importanza, del sindacalismo di base Slai-COBAS come argine a questo sfacelo
totale delle condizioni di riproduzione della base sociale della nostra
esistenza, l’identità di classe proletaria di fabbrica, della classe operaia,
che si era riconquistata un ruolo nel nostro paese e nella società, a partire dal
biennio del 68-69 in poi.
Sfruttamento che è aumentato
tremendamente con le conseguenze su ogni piano della vita delle masse, il che
aumenta e di molto lo sfruttamento, specie se si considera che il “gap” tra
costi reali del prodotto e prezzi sul mercato è decuplicato in funzione del
contenimento dei costi conseguenti alla sovrapproduzione di merci.
? Sul piano ideologico, la
ridicola e fasulla “fine delle ideologie” di stampo diessino-cretin-clintoniano
ha forse significato una maggior democrazia formale borghese (internet non è
dipesa da essa, esistevano già le bbs), una maggiore partecipazione popolare
alle cose della politica ? Al
contrario !
IMPORTANZA DELLA SPECIFICITA’
DEL SINDACALISMO DI BASE NEL DEMARCARSI DAL “vorrei ma non posso” piccolo-borghese
Le tendenze sbagliate
riflettono altrettanti orticelli, ma non è vero che nei vari orticelli non vi
siano compagni e forse che non siano da considerare le potenzialità del
confronto. Tuttavia è necessario muovere iniziative dopo iniziative il più
possibile apertamente a tutto il movimento comunista e a chi sgambetta in ogni
orticello, onde sbalestrare i recinti dei singoli orticelli e cacciare le male
piante nella spazzatura.
Non si deve, non è
politicamente corretto, attaccare strutture di base sindacali di per sé, ossia
al di là di ogni aspetto particolare, poiché finchè vi sono lavoratori ingenui,
è la classe che è arretrata, e va fatta maturare, ed il modo migliore è
attaccare sui singoli punti, non con i pomposi titoli ad effetto. Non a caso
una volta si facevano i fogli territoriali di lavoro sulle fabbriche, e non si
portava che quelli, ai cancelli, dato che non sempre è tempo di propaganda
altisonante, ovvero se il problema è anche ideologico, occorre metro e misura
per conquistare il maggior numero possibile di lavoratori, e farne avanzare il
più possibile, non limitando il proprio orizzonte agli scimmiottamenti del
partito leninista d’avanguardia, cosa che legittima gli opportunisti ad
attendere “l’ora X”.
CONTRO LA VISIONE MILITARISTA
ANCHE IN CAMPO SCIENTIFICO
È come, in alcuni campi del
movimento di classe del nostro paese, se certi sintesisti riflettessero
una visione da laboratorio genetico isterilito ad una sola caratteristica
specifica, come se si dovesse riprodurre una razza ariana, ma rossa; questa
concezione nazista è estranea al cammino di Marx, di Engels, di Lenin, di
Gramsci e ovviamente in questo anche di Bordiga, di Stalin e di Mao Tse-Tung, e
pure del Che. Va rifiutato l’ingresso agli ex-fascisti nel movimento comunista.
Al massimo si potrebbe parlarne loro dopo dieci o venti anni di catena di
montaggio e di lavoro sindacale e di riconoscimento da parte delle masse. Questo a molti non-maoisti, oggi non è del
tutto chiaro, perché tifano per ogni cosa si muove, o si dimena, indipendentemente
dai dati di fatto. Questo non ha a che fare con la solidarietà. Si può e si
deve essere solidali con chi è colpito dalla repressione, ma occorre più
cautela verso chi ha una cultura alla base, ostile e nemica dell’antifascismo.
Queste cose noi marxisti-leninisti-maoisti le sanno, ma non le sanno o le han
dimenticate certuni che trafficano un anno con una rivoluzione e un’anno con
un’altra, traendo falsa legittimità da ciò.
LE DUE COLLINE
Non fermare le masse al
problema del Cavaliere.
Diversamente faremmo difetto
alla memoria.
Secondo me occorrerebbe
criticare a livello di massa, documentare, l’infamia delle Liste nere USA
(2001) ed UE (2002-2004) e dell’imperialismo fatto proprio anche dall’Italia,
con mostre, cineforum, assemblee, comizi volanti con blocchi di breve durata,
anche alle ambasciate e ai consolati, dando visibilità alla prassi ed ai suoi
tempi, scanditi a passo collettivo, di massa e di classe, ma lungi da qualsiasi
passo dell’oca e capace di creare movimenti e maturazione delle situazioni.
Liste nere la cui infamia, oltre al di per sé, da parte dei peggiori
imperialisti ed assassini della storia (Ia IIa IIIa g.m., colonie, sterminii
etnici), consiste nella criminalizzazione delle rivoluzioni in corso nel
Tricontinente nonché dei comunisti combattenti occidentali, delle lotte di
indipendenza nazionale e del popolo palestinese, e di lotte islamiste
genuinamente popolari, esperienze che sia pur diversamente date, nulla hanno in
comune con il terrorismo stragista di bin laden, amicone della CIA e degli
interessi capitalisti multinazionali, che misteriosamente qualcuno
sul finire degli anni ’90 in certi volantini definiva “rivoluzionario”. Tutto
questo già in parte si sviluppa, ma occorre migliorare, andando ben al di là
del sensazionalismo momentaneo (stile noglobal contro i movimenti di truppe usa
all’inizio della guerra), costruire la resistenza come ridiscussione di massa.
Occorre studiare e sperimentare termini nuovi per risocializzare le masse al di
fuori e contro il buco nero dei circuiti comunicativi della tecnologia.
SUL MRI
Buonissima cosa l’esistenza
di una battaglia politica che continua pubblicamente tra partiti e
organizzazioni dello stesso orientamento ideologico, sorti per il rilancio del
maoismo, perché dimostra che la lotta di classe si sviluppa ovunque e trasforma
ogni cosa, persona, realtà, che non voglia o non possa campare comodamente
sulle spalle del prossimo, mentre punta a distruggere proprio costoro,
inesorabilmente.
IN CONCLUSIONE DI QUESTE
PRIME NOTE RINGRAZIANDO I COMPAGNI
In questo, la lotta di classe
è solo proletaria, e ce la rivendichiamo tutta, perché diversamente i conflitti
interborghesi si sviluppano per egoismi concorrenziali e non per classe e
perchè il potere borghese, anche quando si coalizza contro il proletariato,
mantiene nel seno il segno del serpente.
Paolo Dorigo militante
comunista m-l-m prigioniero
Nota:
* israele = uso la
nomenclatura dei compagni del FPLP-CG, poiché israele è uno stato religioso
fanatico costruito a tavolino dall’imperialismo usurpando il popolo arabo
Palestinese, non è una nazione degna di questo nome, e questo nel rispetto più
grande delle vittime dello sterminio nazifascista. Ripeto sempre a me stesso
che sarebbe stata la Germania a dover dare un pezzo di terra sufficientemente
grande per la creazione di uno stato multireligioso ed interetnico per tutti i
popoli vittime dello sterminio nazifascista, e non certo il popolo arabo
Palestinese a dover pagare questo prezzo. Ma all’imperialismo inglese, negli
ultimi momenti della sua leadership nell’imperialismo, comodava diversamente,
soprattutto dopo certi attentati sionisti.