Samir Kintar scrisse a Walid Jumblatt « Io rifiuto scrive a Walid Jumblatt » Lasciando le coste del Sud, questa sera del 22 aprile 1979, io mi ricordavo
il filo degli
avvenimenti che avevano segnato la mia infanzia e la mia prima giovinezza. Io me ne
sono ricordato, in questo istante preciso e cruciale, nel momento stesso in
cui ogni individuo deve essere in pieno possesso delle sue capacità
psicologiche e morali. Kamal Jumblatt, nella sua statura elevata, che era stato presente
nel mio spirito, si indirizzava a
quelli che non portavano la camicia: “La vita è una
vittoria per quelli che possiedono una forza interiore, e non per i deboli.” Questa parola rimase
nel mio spirito in tutti i momenti difficili ed amari, mentre il rumore delle
onde non cancellava il
rumore del canotto pneumatico che mi trasportava, con i miei compagni,
verso la terra amata di Palestina, allorquando la schiera dei rancorosi
sionisti mi ha accerchiato,
mentre io non avevo più la capacità di muovermi, essendo stato colpito da 5 colpi in tutto il corpo, e che loro si misero a supplicarmi, sul luogo di battaglia, mentre l’istruttore teneva le sue sigarette nella mano [per torturarlo in più punti contemporaneamente] ], nelle buie della tortura del carcere di Sarafand, mentre io ero isolato, l’anno scorso, nel carcere di Jalameh, per 8 giorni, senza mangiare, e la fame rodeva il mio corpo. Queste parole furono la mia risorsa ultima, di cui io sono fiero e mi inorgoglisco. Oggi, io sono seduto, triste, ma nella cella del carcere di Haddarim. Io ricordo alla televisione i figli di questo uomo rimarchevole che ha detto un giorno: “le armi sono la parure degli uomini, la vittoria, o miei compagni, è ineluttabile”. Io lo vedo, subito, mentre sta pronunciando un discorso a qualche metro dal luogo dove stava Kamal Jumblatt. Walid Kamal Jumblatt, mi è faticoso, e mi rende triste, comprendere, di vederti, teso, far dichiarazioniche non hanno a che vedere nulla con il tuo passato militante, né con la storia politica radicata di questa famiglia che ha subito mali su mali, per secoli, ma che è rimasta la fortezza della resistenza e della tenacità di fronte agli invasori. Walid Kamal Jumblatt, io, sottolineò, Samir Kintar, cresciuto alla scuola di Kamal Jumblatt e di Jamal Abdel Nasser, figli della montagna dell’arabismo, dalla quale sono sorti i difensori delle cittadelle, io dichiaro che ogni parola che rimette in causa le armi della resistenza e dei fratelli di Hezbollah, mi pugnala nel più profondo e lascia una ferita aperta che non si cicatrizzerà che allorquando tu ritornerai al tuo luogo naturale, Walid Jumblatt, piccolo-figlio di Shakib Arslan, figlio di Kamal Jumblatt e discendente della montagna che non può essere che quella della resistenza. Io spero che questo appello troverà una rapida risposta e che non sarà considerata come una accusa di tradimento o di raggiro. Ciò che mi ha spinto a scrivere, questo mio ardente desiderio di vedere il giorno della mia libertà e della mia accoglienza sul suolo della mia Patria e del mio villaggio e non di vedere gli invasori dell’Iraq ritornare là da dove sono venuti, ad attendermi, all’aeroporto, per condurmi alla prigione di Guantanamo. Prigione di Haddarim, Palestina Samir Kintar http://www.aloufok.net/article.php3?id_article=2766
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